Memorie, politica e racconti elbani nel nuovo libro di Pier Luigi Luisi

Inaugurazione della lapide dedicata a Pietro Gori a Rio nell'Elba, 1 maggio 1920. Gori vi appariva incoronato di alloro da una figura alata. Pare che la lapide sopravvisse a tutto il periodo fascista e andasse distrutta per una cannonata dei tedeschi nel 1944 (Foto: Archivio fotografico Biblioteca Franco Serantini, Ghezzano - PI)

«Ci sono libri che uno scrive, uno, due anni di lavoro, si stampano, e l’opera è finita. Ci sono libri invece che ti accompagnano tutta una vita, forse perché l’opera è la tua stessa vita o una parte importante di essa».

Con queste parole inizia “All’ombra dei fichidindia” (Medea, 2021), l’ultimo lavoro letterario di Pier Luigi Luisi, chimico di fama mondiale. Un viaggio nella memoria di tre generazioni, tra storie vere o quasi, ambientato sull’Isola d’Elba, dove alla fine dell’Ottocento fu mandato in esilio Vito Michele, calabrese, anarchico e anticlericale. Insieme a lui c’è il figlio Giovannino, appassionato di politica, e conoscitore delle teorie marxiste e libertarie. Affascinati dalla bellezza dei fichi d’India, unico legame con loro terra di origine, i due protagonisti diventano presto amici di pescatori, di donne emancipate, di ragazzi con un destino segnato.

 

L’autore Pier Luigi Luisi

 

In quello specchio d’Italia povera, proletaria e senza diritti, Vito Michele e Giovannino diffondono le loro idee rivoluzionarie. L’isola diventa così lo spazio dove le azioni individuali incrociano la Storia: le lotte sindacali, i comizi, gli scioperi spesso repressi con la forza e la violenza. Celebre è lo sciopero del 1911– anno della morte dell’anarchico Pietro Gori– che coinvolse  gli stabilimenti produttivi di Piombino e gli altiforni e le miniere elbane, i cui operai furono tutti schedati e costretti a emigrare per cercare un nuovo lavoro.

Anni di sconfitte e disincanto, quindi, che prepararono la strada al periodo buio del fascismo.

Scrive Luisi: « … quando i fascisti facevano i cortei in paese, lì proprio a Rio Marina, e in testa c’erano quelli con il gagliardetto con scritto “non ce ne frega”; avevano il manganello, e gridavano “giù i cappelli!” mentre il corteo procedeva; e se qualcuno il cappello non se lo toglieva, allora botte con il manganello, fino a lasciarlo per terra, anche se il non togliersi il cappello era stato per distrazione. Poi se sapevano che eri un antifascista ti bloccavano per strada, e giù botte e manganellate e, come ricordano in paese, ti facevano anche bere mezzo litro di olio di ricino. Per purgarti e purificarti».

 

L’anarchico Pietro Gori. Quando gli fu concesso il rientro in Italia fu obbligato a risiedere all’isola d’Elba, dove riprese le sue attività (Foto: Wikipedia)

 

Vito Michele morirà nel 1933. A salutarlo per l’ultima volta soltanto anarchici e socialisti con numerose bandiere rosse e nere. Da quel giorno la vita di Giovannino non sarà più la stessa. Si apre così una nuova fase, una nuova era e un nuovo capitolo del libro. Alle storie dei personaggi elbani si aggiungono mano a mano le testimonianze dirette dell’autore: la sua vita privata, la rinascita economica e le nuove tensioni politiche. Ricche di pathos le pagine dedicate agli anni degli scontri fra De Gasperi e il Pci. Nel mezzo, le camionette della “Celere”, i manganelli, i gas lacrimogeni e il metodo Scelba.

«A casa c’erano appena i soldi per mangiare; si comprava nelle botteghe a debito, saldando poi nei giorni di paga, che erano il 7 e il 22 di ogni mese, giorni magici, intorno ai quali si appendeva la stiracchiata vita di ogni giorno. C’era una polarizzazione assoluta, anche a scuola tra noi bambini si votava per il capoclasse a seconda del credo politico; perfino Coppi e Bartali o i campionati di calcio venivano vissuti in chiave politica – comunisti contro democristiani».

Tra dialoghi vivaci e documenti storici, il lettore diventa così spettatore di cambiamenti culturali e sociali. Tocca la carne viva di un Paese in trasformazione – almeno fino agli anni Settanta -, con la nascita dell’extra-parlametarismo, con gli ultimi intellettuali battaglieri del movimento operaio. Una stagione politica che le pagine scritte da Pier Luigi Luisi possono aiutarci comprendere, rivalutare o rinnegare.

 

L’autore presenta il libro

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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