Al Romaeuropa Festival 2022, eutanasia e solidarietà secondo Milo Rau

Come affrontiamo la morte, come piangiamo, assistiamo e salutiamo chi se ne va? È al centro di Grief&Beauty di Milo Rau (Foto: Michael Devijver)

Di nuovo al Romaeuropa Festival, la rassegna internazionale di teatro, danza, musica e arti digitali arrivata quest’anno, dall’8 settembre al 20 novembre 2022 alla sua 37esima edizione, Milo Rau ha collezionato due sold out al Teatro Argentina con il suo Grief&Beauty. Il regista svizzero, presente quest’anno anche a Venezia, alla Biennale Teatro  firmata Ricci-Forte col suo La Reprise. Histoire(s) du théâtre, dopo la sua riflessione sulla società occidentale, ormai sull’orlo del baratro, affrontata attraverso il racconto del suicidio di un intero nucleo famigliare, in Familie, ha portato a Roma la seconda parte della Trilogia della vita privata. Al centro, stavolta, l’eutanasia, il lutto e la solidarietà umana di fronte alla fine.

«È nella riflessione condivisa eppure solitaria, in questo parlare e ascoltare, che emerge qualcosa che si potrebbe chiamare la bellezza dell’interesse condiviso, la bellezza dell’ascolto», ha spiegato Rau.

 

 

Sul palco, due attrici e due attori accompagnano una donna che ha deciso di porre fine alla propria esistenza e condividono tra loro la propria esperienza di lutto e memoria, di amore e nostalgia. Ancora una volta, come si era già visto in Empire, capitolo finale della Trilogia sull’Europa, gli attori, di età diverse e di diverse provenienze, si ritrovano nell’intimità di un appartamento, a raccontare la propria vita dall’infanzia fino al momento che li ritrova lì, su quel palcoscenico, tra quella gente, in una continua torsione del presente nel passato.

 

 

Il Dolore e la Bellezza che danno il titolo all'opera di Rau, sono nelle parole del regista «Nella riflessione condivisa eppure solitaria, in questo parlare e ascoltare (...) Qualcosa che si potrebbe chiamare la bellezza dell'interesse condiviso, la bellezza dell’ascolto»
Il Dolore e la Bellezza che danno il titolo all’opera di Rau, sono nelle parole del regista «Nella riflessione condivisa eppure solitaria, in questo parlare e ascoltare (…) Qualcosa che si potrebbe chiamare la bellezza dell’interesse condiviso, la bellezza dell’ascolto»

 

A Rau, alla guida del NTGent dal 2018, si deve, nel 2007, la fondazione dell’International Institute of Political Murder, una compagnia di produzione teatrale, cinematografica e di scultura sociale. La sua ricerca teatrale è caratterizzata da un interesse per il teatro politico e da un’indagine basata su testimonianze storiche dirette. Spesso nei suoi lavori, si è di fronte a una forma di reenactment, una ricostituzione di eventi, attraverso elementi documentari, appartenenti alla memoria collettiva, nel tentativo di ricercare una rappresentazione storica più vicina alla verità: l’omicidio a Liegi, a sfondo omofobico, di un trentenne di origine magrebina, in La Reprise, il suicidio di un’intera famiglia a Calais, nel 2007, la scelta dell’eutanasia per Joahnna.

 

Milo Rau, regista, saggista, giornalista svizzero. Alla guida del NTGent dal 2018, nel 2007, ha fondato l’International Institute of Political Murder, una compagnia di produzione teatrale, cinematografica e di scultura sociale (Foto: Wikipedia)
Milo Rau, regista, saggista, giornalista svizzero. Alla guida del NTGent dal 2018, nel 2007, ha fondato l’International Institute of Political Murder, una compagnia di produzione teatrale, cinematografica e di scultura sociale (Foto: Wikipedia)

 

Fedele al primo punto del Ghent Manifesto, secondo il quale «non si tratta più solo di ritrarre il mondo. Si tratta di cambiarlo. Lo scopo non è rappresentare il reale, ma rendere reale la rappresentazione stessa», Milo Rau pone ancora una volta lo spettatore di fronte alle proprie responsabilità di cittadino e membro attivo della società umana. La libertà di scelta e di autodeterminazione implica una dimensione collettiva che – unica – è in grado di rendere sopportabile il paradosso insito nell’esistenza di ognuno: poter pensare l’infinito eppure dover morire.

Guardare l’abisso senza che il nichilismo abbia la meglio è la grande scommessa dell’uomo e della donna moderni.

 

   Guarda il trailer di Grief and Beauty

 

Certo è che per una sensibilità cresciuta all’ombra del Vaticano, l’approccio calvinista all’eutanasia richiede uno sforzo empatico non trascurabile. Rau documenta con inflessibilità gli ultimi istanti di vita della donna, circondata stoicamente non solo dai suoi affetti ma da quanti hanno deciso di accompagnarla verso la morte: un viaggio verso la radice di quella pietas a cui in molti hanno abdicato in nome di un dogmatico valore inviolabile della vita, che a priori stabilisce in cosa consista il rispetto del valore di un’esistenza. È a un rito razionalista che Rau invita il suo pubblico. «Heiner Müller ha detto da qualche parte: “Il teatro è il luogo in cui i vivi entrano in dialogo con i morti”. Penso che sia vero, e penso che tutte le mie opere riguardino questo dialogo – su questo desiderio orfeiano di vincere la morte attraverso il canto, si potrebbe dire», ha scritto Milo Rau.

Non c’è nulla di consolatorio in quel canto.

Lo scopo del regista svizzero, l’artista contemporaneo “più autorevole” (Die Zeit), “più premiato” (Le Soir), “più interessante” (De Standaard) e “più ambizioso” (The Guardian),  d’altronde, non è confortare, ma cambiare il mondo.

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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