Il giro del mondo a costo e impatto zero, in nome dell’ecopacifismo
Un messaggio di pace e armonia quello del ventitreenne Sylvain Gayet, che sta attraversando il Pianeta in bici. Il giovane francese pernotta in tenda o in casa di chi gli offre ospitalità e si nutre con gli scarti della grande distribuzione alimentare, in sintonia con il movimento Freegan. A dimostrazione che vivere senza sfruttare ambiente e altri esseri è possibile
Il conflitto in atto in Ucraina ha decisamente sconvolto l’opinione pubblica europea. Da quasi tre settimane leggiamo, vediamo e ascoltiamo racconti e immagini terribili di una guerra alle porte del Vecchio Continente. Una guerra terribile, come tutte le guerre, come i tanti conflitti che infiammano il mondo, che tuttavia spesso ignoriamo. Eppure dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia, le guerre non hanno mai smesso di esistere, anche quando non fanno più “notizia”. Esiste però, per fortuna, una cultura ecopacifista profondamente attenta e consapevole, in grado di interrogarsi sulle conseguenze delle scelte individuali del quotidiano, convinta che la pace sia un valore da alimentare anche quando non è notizia da prima pagina. Una cultura poliedrica e ricca di scelte alternative radicali.
In giro per il mondo a impatto zero
È il caso del giovane Sylvain Gayet che all’età di 23 anni ha lasciato la sua città natale, Brie-Comte-Robert, nel nord est francese, ed è partito in bicicletta per il giro del mondo. Una sfida nelle gambe, ma non solo, perché Sylvain ha scelto di compiere questo viaggio quasi completamente a costo zero alimentandosi degli scarti delle nostre società in sovrapproduzione, dimostrando come si possa vivere, e godersi la vita, fuori dai circuiti di un’economia basata sul profitto che inevitabilmente produce disuguaglianze, odio, sfruttamento e guerra.
«Per me questo viaggio non è tanto una sfida sportiva, ma una scelta di vita, mossa dal desiderio di dimostrare a me stesso, ma anche a chi mi segue, che è realmente possibile vivere senza comprare beni superflui e senza creare inutili rifiuti. Ho scoperto che a prescindere dal fatto del viaggio ci sono diverse persone che hanno scelto questo stile di vita e la possibilità di vivere zero waste, ossia lasciando il minor impatto possibile sull’ambiente».
Il costo del viaggio è davvero basso, perché a parte qualche traversata via mare Sylvain è completamente autonomo per quanto riguarda gli spostamenti in bicicletta, i pernottamenti in tenda o attraverso canali di ospitalità, e la spesa per mangiare che si basa sulle tecniche del movimento Freegan.
«Ho sempre dato importanza all’ambiente, per questo inizialmente sono diventato vegetariano, poi vegano e ho iniziato a sostenere uno stile di vita plastic free, per cercare di avere il minor impatto possibile sull’ambiente. Ma anche scegliendo l’economia zero waste si trovano diversi negozi con prezzi alti e sicuramente ancora dipendenti, e quindi anche alimentatori, di un sistema economico capitalista. Per questo ho scelto di lasciare anche quello stile di vita e ho conosciuto il movimento Freegan».
Freegan
Il movimento Freegan (dove free sta per gratuito, e quindi fuori dai circuiti dell’economia, e gan è la desinenza di vegano) è nato a New York alla fine degli Anni Novanta con un’impronta anarchica di rifiuto del sistema economico capitalista. Si basa sull’utilizzo degli scarti delle nostre società che si reggono su sistemi di sovrapproduzione sia di beni primari che superflui e, di conseguenza, di rifiuti. La “spesa” viene quindi fatta senza utilizzare denaro e prendendo gli scarti di mercati rionali o di supermercati dai cassonetti e dalle aree ad essi adibite. Non tutti quelli che fanno parte di questo movimento sono vegani, perché non sempre è semplice trovare nella spazzatura prodotti che non siano di derivazione animale, ma in questo caso il compromesso è solo con una visione di salute personale e non con una scelta politico economica in quanto consumare un prodotto già buttato non incide sulle statistiche della domanda.
Il cibo viene buttato principalmente per tre ragioni: un visibile deterioramento del prodotto o danneggiamento del contenitore, la data di scadenza superata e, sicuramente il più grave dei motivi, la sovrapproduzione.
Quest’ultimo motivo è quello su cui principalmente si basa il movimento Freegan. «Generalmente preferisco andare nei cassonetti dei grandi supermercati piuttosto che tra gli scarti dei mercati rionali, perché credo che il problema della sovrapproduzione della nostra economia sia principalmente legato alle grandi multinazionali e non ai piccoli produttori diretti».
Il valore dell’ospitalità
«Non soffro molto la solitudine perché sono spesso in contatto con altre persone. Siano esse altri viaggiatori o le persone del posto». L’ospitalità è un altro dei valori-pilastro di questo viaggio, un atteggiamento sostenuto oggi da diversi movimenti che si appoggiano a siti internet creando communities o specifiche app. Si prevede che ci siano persone stanziali felici di offrire un divano o una stanza a un viaggiatore di passaggio, condividendo con lui alcuni momenti di vita familiare o riscoprendo attraverso i suoi occhi la propria città o le proprie abitudini. L’ospitalità verso i pellegrini o i viaggiatori è un antico valore presente in tante culture che oggi, per limitare la preoccupazione legata a sensazioni di insicurezza nell’avere forestieri in casa o per essere ospitati da estranei, è sostenuta da diversi siti che garantiscono sull’onestà del viaggiatore e di chi ospita attraverso feedback di incontri precedenti.
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«Personalmente utilizzo il sito gratuito www.trustroots.org, conosco altri viaggiatori che utilizzano la piattaforma www.couchsurfing.com, sicuramente più antica e ricca di garanzie, ma con iscrizione a pagamento».
Un ulteriore richiamo all’attualità di queste settimane, quello dell’ospitalità: tante e tanti cittadini italiani ed europei stanno aprendo le loro case per accogliere i profughi in fuga dalla guerra in Ucraina, e ci auguriamo che questi gesti possano estendersi a tutti i profughi, anche a chi fugge da guerre a cui non vengono dedicate prime pagine sui giornali e in tv.
La forza della flessibilità
Non esiste sportivo che non riconosca valore alla flessibilità, ma in questa sfida che è più nello stile di vita che nella forza delle gambe, la vera flessibilità da conquistare è quella mentale legata alle abitudini e alla capacità di adattamento e di cambio di prospettiva.
«Sono partito pensando di fare il giro del mondo andando verso est, ma ad ottobre quando mi trovavo in Polonia mi sono reso conto che l’idea di superare i Carpazi per raggiungere il Kazakistan e da lì la Cina non era praticabile, sia perché nei Carpazi la situazione politica non era stabile, che perché l’ingresso in Cina attraverso la regione del Xinjiang non è permesso ai turisti in quanto la zona è sotto l’attenzione delle organizzazioni umanitarie per la presenza di veri e propri “campi di rieducazione” (come vengono chiamati dai cinesi) della minoranza etnica Uyghur a prevalenza mussulmana».
I due contesti, di guerra il primo e di violazione dei diritti umani il secondo, hanno portato Sylvian a deviare verso il Mediterraneo per poi raggiungere l’Africa attraverso la Spagna e invertire così la direzione del giro del mondo. «Mentalmente proseguo a piccole tappe. Sono partito con l’idea di raggiungere Capo Nord, poi là ho conosciuto un ciclista francese con cui ho condiviso il viaggio fino in Polonia. Qui il percorso è cambiato e ora il mio prossimo obiettivo è raggiungere Dakar passando dal Marocco. Al porto di Dakar spero di trovare un passaggio in una nave e attraversare così l’Atlantico. Poi si vedrà…»
Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.