Flash è morto, viva Flash?
Abobe Flash, software per uso prevalentemente grafico utilizzato per creare giochi o interi siti web, è caduto in disuso ufficialmente il 31 dicembre 2020. Al suo posto HTML5 e altre piattaforme. In una società che si auto definisce “dell’informazione”, succede che molte produzioni che hanno fatto la storia della cultura digitale, spesso non sono più accessibili perché codificate in formati “obsoleti”
Tra le prime novità del terzo decennio del 2000, parlando di tecnologia, senz’altro va ricordata la fine di un software che ha fatto storia: (Macromedia) Adobe Flash, morto ufficialmente il 31 dicembre 2020.
Ricordo gli anni a cavallo del millennio, quando dovevi entrare in qualsiasi sito web come un pistolero nel saloon, il dito sul grilletto del mouse, l’occhio attento a cercare un pulsantino, una “x” da qualche parte, per ammazzare subito l’animazione che nel frattempo era partita, di cui non te ne importava niente, ma che in un tripudio di forme suoni e colori immancabilmente si frapponeva tra te e quello che in quella pagina stavi cercando! Non c’era webmaster che non si ritenesse in dovere di aprire le proprie home page con una prova di abilità nell’uso di Flash!
Come si fa un sito web?
Potrebbe essere l’esempio da fare quando qualcuno, con l’aria di saperla lunga, si mette a spiegare “come funziona”, come “si fa” un sito web. Senz’altro ci sono regole e accorgimenti, impostazioni grafiche e di navigazione che funzionano meglio, e c’è gente che di queste cose se ne intende di più e va ascoltata. Ma soprattutto si continuano a seguire le tendenze del momento, le mode, in quelli che sono i primi minuti dell’alba di una lunga giornata, e in cui come specie umana abbiamo ancora idee solo vaghe di che cosa può essere la Rete.
Anzi la Rete, come spazio libero e aperto a ogni possibilità, in cui ognuno può fare quello che vuole e se ne prende la responsabilità, alla maggioranza fa paura. Se no, non staremmo tutti in luoghi virtuali come vecchi circoli privati, con regole stabilite da altri a priori, come i social network. Se no, non faremmo i siti web usando quasi tutti, per “comodità”, lo stesso software, che li fa sembrare tutti uguali, costringendo una forma di comunicazione ancora giovanissima entro schemi rigidi e prefabbricati: una follia!
Il “mezzo” Rete e noi
Nessuno può dare lezioni a nessuno sui “nuovi media”. Negli anni 90, accadeva che società quotate in borsa vedevano aumentare in modo esponenziale il loro valore solo perché “erano su Internet”! E oggi, ragazzini di 13 anni ci spiegano come andando su Instagram si possono guadagnare un sacco di soldi!
Diamoci quindi tutti una calmata e, in quanto cittadini della società dell’informazione, cerchiamo di occuparci delle questioni importanti, cioè se tra Rete, dispositivi, utenti umani alla fine passa o no l’informazione, quale informazione, e come facciamo a non farci sommergere dal bombardamento quotidiano di informazioni vere e di fuffa. Perché a questo non ci ha educato la scuola, non ci educa una società fortemente sbilanciata sul versante del mercato e, da come si svolgono la interazioni in rete, a quando pare non ci si educa nemmeno da soli “utilizzando” i mezzi.
Flash e la società dell’informazione
Flash è stato comunque usato anche da fior di artisti in modo efficace e intelligente. Ha contribuito a migliorare la qualità grafica della Rete, ad arricchirla di movimento, animazioni, video. Poi il linguaggio HTML5 lo ha reso superfluo in programmazione e i browser, ogni volta che incontravi un’animazione Flash, hanno iniziato a chiederti se volevi avviare il player, quasi come si trattasse di un intruso.
Anche quest’altro fatto è un sintomo dell’immaturità con cui tuttora viviamo la “tecnologia”. Non costerebbe molto, nelle cose nuove, incorporare la possibilità di “leggere” anche quelle vecchie, i formati obsoleti, produzioni di 20, 30, 40 anni fa, cioè un nulla nella storia dell’umanità, senza le quali il presente sarebbe incomprensibile. Ma le cose appena un po’ datate vengono spesso semplicemente cancellate, e con esse tutti i prodotti che qualcuno ha realizzato utilizzandole.
E a ogni “upgrade” rischiano di sparire letteralmente intere biblioteche, consegnandoci a una cultura digitale usa e getta. Salvo la possibilità di ricorrere ad altro software, più inclusivo, che per fortuna casualmente esiste. Così, da tempo immemorabile il media player di Windows non legge più gli archivi delle animazioni tridimensionali .flc, che pure erano lo standard nel sistema MS-Dos, da cui Windows deriva. E però le possiamo vedere con QuickTime.
Allo stesso modo, migliaia di produzioni musicali, che hanno fatto la storia dei tracker e dei sequencer e che gli appassionati realizzavano soprattutto sui sistemi Amiga, nel formato .mod, si possono ascoltare in originale con VLC. Ma per molti formati di grafica, suono e altro, spesso pure molto interessanti, non c’è niente da fare. Rispettare chi ha preparato la strada per arrivare fino a qui, conoscere quella strada, è oltretutto vitale in una società in cui proprio la condivisione di conoscenza, capacità e esperienze ha resto possibili i più importanti progressi tecnologici recenti.
La questione, nel momento in cui come umanità siamo arrivati a un bivio importante, è se e come passeremo davvero a una società dell’informazione basata sulla condivisione, o se resteremo ancorati alla vecchia società mercantile, in cui essenzialmente le cose solo si vendono, siano esse merci o idee. In gioco non ci sono solo modelli economici e sociali o ideologie, ma il clima, l’equilibrio ambientale, la sopravvivenza della specie umana sul pianeta. Vecchio Flash, che te ne sei andato, ci puoi aiutare a riflettere!
Saperenetwork è...
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Laureato al Dams di Bologna nel 1980, lavora sulle aree di conoscenza ed espressione attraverso cui soprattutto i bambini (ma non solo) possono partecipare da protagonisti alla società dell'informazione: Animazione teatrale, Video e audio, Fotografia, Libri e storie, Pubblicità, Ambiente, Computer, Web.
Cura laboratori e progetti in collaborazione con scuole, biblioteche, enti pubblici e privati, associazioni culturali e sociali, manifestazioni e festival, in Italia e all’estero. È autore di di video e multimediali, e di libri sia legati alla propria attività che di letteratura per bambini.
Alcuni libri: I bambini e l’ambiente, 2009; Nuova guida di animazione teatrale (con David Conati), 2010; Technology and the New Generation of Active Citizens, 2018; I Pianeti Raccontati, 2019; Il bambino che diceva le bugie, 2020. Video: La Cruzada Teatral, 2007, Costruiamo insieme il Museo Virtuale dei Piccoli Animali, 2014; I film in tasca, 2017; Continuavano a chiamarlo Don Santino, film e backstage, 2018.
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Scusa se te lo dico sebbene tutte le riflessioni siano al cento per cento condivisibili mi sembra di leggere Moby Dick. Sento aleggiare l’idea che “prima era meglio” e che il nuovo è portatore solo di difetti. Sono abituato ad insegnare ai bambini a cercare sempre il lato del bicchiere mezzo pieno in ogni situazione, a maggior ragione in quelle future ancora da esperire. Contrapporre i social ai siti non lo trovo un ragionamento giusto ed utile e ancora girarsi troppe volte indietro penso limiti lo stupore per quello che verrà. Flash è stato uno strumento utile e creativo, fonte di produzioni mirabolanti, ma come tutte le cose non poteva star dietro alle nuove necessità della rete. La Rete ora si muove non sempre dove c’è informazione, più spesso dove c’è interesse per il futile. Al contempo, per chi vuole andare oltre la superficie offre sempre nuove occasioni per fare, imparare, creare comunità, comunicare in modo alternativo, esprimere l’umano che c’è in tutti. Più che nostalgico preferisco svegliarmi immaginando che un giorno nuovo porterà una nuova tecnologia di cui non avremo magari bisogno, ma che in qualche modo potrà essere per qualcuno quello che Flash è stato per te, caro Paolo. E scusa se è poco.
Grazie Massimo per il commento. Non è questione di nostalgie e non sono certo io che contrappongo la Rete ai “social”. Le possibilità oggi ci sono, enormi, ma sempre meno “utenti” le conoscono, nascosti dietro a un “futile” che non è una scelta, ma l’unica possibilità (commercialmente indotta) per un pubblico lasciato nell’ignoranza più totale di cosa tutti noi potremmo davvero fare con i mezzi. I social e le app monouso stanno di fatto uccidendo le prospettive di democrazia e partecipazione che la tecnologia ha aperto, la gente comunica sempre di meno, litiga sempre di più e sta male, e non immaginiamo nemmeno che si possa usare la tecnologia insieme per risolvere i problemi della società e del pianeta. Poi ci sono i commentatori che qualcosa saprebbero, ma si limitano a descrivere la situazione, non cogliendo il vero dato nuovo che oggi tutti, ma proprio tutti, con i mezzi a disposizione la realtà, oltre che descriverla, possiamo cambiarla.
Sai che nella mia attività soprattutto con i bambini e i ragazzi non rincorro certo nostalgie, ma aiuto a realizzare cose, a essere produttori di informazione consapevoli (perché miliardi di post sui social, volenti o nolenti, fanno una parte importante dell’informazione nel mondo di oggi) e a non usare la tecnologia presente secondo i modelli passivi, consumistici, competitivi, ipercentralizzati, della fantascienza degli anni Sessanta! E di solito, quando si rendono conto che possono pensare inventare e scegliere, collaborando tra di loro, i ragazzi sono anche molto più contenti!