Fuori dal Novecento. Per una civiltà collaborativa
Ragioniamo ancora attraverso delle categorie che prevedono un controllo centrale dei processi decisionali e informativi. Perché possiamo liberarci di questa visione e pensare ad ambienti fra pari che producano conoscenza
In questi giorni impazza la discussione sulla scuola del dopo pandemia, con ipotesi più o meno ragionevoli o strampalate sul distanziamento degli alunni, mascherine per tutto il tempo sì o no, barriere di plexiglas, scuola dell’infanzia forse “dimenticata“ e così via. Chi studia soluzioni a tavolino, chi protesta, chi propone correzioni ma non viene ascoltato. Alla fine ci sarà qualcuno che “comanda” e decide, lasciando probabilmente molti scontenti e un sacco di problemi non risolti.
IL #DECRETOSCUOLA È LEGGE
Il decreto Scuola approvato definitivamente alla Camera è un provvedimento nato in piena emergenza che consente di chiudere regolarmente l’anno scolastico in corso.
(Continua qui https://t.co/1eRYEZLIkk) pic.twitter.com/s70SFkNHM0
— Lucia Azzolina (@AzzolinaLucia) June 6, 2020
Altra discussione che impazza è quella sulle “fake news”, con situazioni paradossali, come quando componenti delle “task force” incaricate di smascherare le false notizie che circolano sul web sembra vengano pescati loro a diffondere notizie false, magari dai network televisivi. Discorso delicato, pieno di implicazioni anche politiche e non sai mai che cosa è vero. Emerge un problema centrale del tempo presente quando, a causa della rapidità estrema con cui i mezzi digitali sono entrati nella nostra vita, senza un’educazione su come usarli, certe implicazioni della tecnologia non emergono con chiarezza nei ragionamenti delle persone.
Così i cittadini, proiettati nel cuore dell’informazione – che potrebbe essere per tutti diffusa e condivisa – riescono a pensare solo attraverso categorie novecentesche per cui il potere è comunque gestito a livello centrale così come la la libertà d’espressione, il controllo, la censura. Anche quando certe restrizioni della libertà applicate durante la pandemia pongono problemi seri sull’applicazione e il rispetto della nostra bella Costituzione.
Scenari alternativi
Provo perciò a suggerire due scenari differenti. Pensiamo innanzitutto a come si produce il software. Si parte con uno scopo preciso e condiviso: per esempio, disegnare una scuola in cui si possa vivere una socialità in presenza senza rischi eccessivi per la salute, adeguata all’età dei bambini e ragazzi, bilanciandola con forme di didattica a distanza che riducano l’affollamento. Dopo di che ogni sviluppatore riprende e corregge le idee e il lavoro dei colleghi, che a loro volta faranno lo stesso. Hanno un obiettivo comune, far funzionare il programma, accolgono perciò anche le segnalazioni che arrivano dai “tester”, vale a dire malfunzionamenti, bug, situazioni inizialmente non previste, non come critiche da cui difendersi ma come contributi utili al perfezionamento del software. Più si riesce a lavorare insieme, più il risultato sarà migliore.
Leggi la voce Wikipedia sulla Wikipedia
Pensiamo a come funziona “Wikipedia”. Si mettono a disposizione piattaforme non private e commerciali, ma libere e inclusive, su cui ognuno può pubblicare contenuti che conosce e di cui si assume la responsabilità sulla base dell’appartenenza territoriale, dell’esperienza lavorativa e quant’altro. È informazione dal basso che oggi si può affiancare a quella tradizionale dei mass media. Chi ha qualcosa da comunicare, va lì piuttosto che su Facebook o Instagram. E chi non è d’accordo può contestare, smentire, dire la sua, rispettando alcune regole (no insulti, razzismo, sessismo, omofobia ecc.) su cui vigilano alcuni moderatori che a loro volta devono rispondere ai cittadini.
Interazione costruttiva
Educati a un individualismo esasperato e competitivo anche quando si parla di cucina, a molti potrà apparire una cosa impraticabile.
Ma esistono numerosi e validi esempi che, se appena si esce dalla logica degli schieramenti contrapposti, del “da che parte stai”, il tasso di litigiosità – lo sa bene anche chi lavora con i bambini – facilmente crolla e le capacità di interazione costruttiva degli umani possono risultare sorprendenti!
Molti avevano sostenuto l’inaffidabilità di un’opera scientifica in cui può scrivere chiunque. Ma, dopo tanti anni, diversi studi hanno rilevato come Wikipedia non contenga complessivamente più errori di una enciclopedia tradizionale. Con il vantaggio – questa è la vera novità, la cui enorme portata è difficile da capire – che si possono immediatamente correggere.
Saperenetwork è...
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Laureato al Dams di Bologna nel 1980, lavora sulle aree di conoscenza ed espressione attraverso cui soprattutto i bambini (ma non solo) possono partecipare da protagonisti alla società dell'informazione: Animazione teatrale, Video e audio, Fotografia, Libri e storie, Pubblicità, Ambiente, Computer, Web.
Cura laboratori e progetti in collaborazione con scuole, biblioteche, enti pubblici e privati, associazioni culturali e sociali, manifestazioni e festival, in Italia e all’estero. È autore di di video e multimediali, e di libri sia legati alla propria attività che di letteratura per bambini.
Alcuni libri: I bambini e l’ambiente, 2009; Nuova guida di animazione teatrale (con David Conati), 2010; Technology and the New Generation of Active Citizens, 2018; I Pianeti Raccontati, 2019; Il bambino che diceva le bugie, 2020. Video: La Cruzada Teatral, 2007, Costruiamo insieme il Museo Virtuale dei Piccoli Animali, 2014; I film in tasca, 2017; Continuavano a chiamarlo Don Santino, film e backstage, 2018.
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Secondo me hai colto un punto fondamentale. Il problema di fondo però è che la civiltà collaborativa può essere facilmente minata dalla “inciviltà collaborativa”. Ovvero: sappiamo ormai molto bene che dietro alla promozione bufalesca si celano interessi politici, nazionali, di gruppi di pressione organizzati e di qualsiasi entità che abbia interesse ad avvelenare i pozzi, rendendo problematiche le risposte delle comunità o istituzioni prese di mira.
Secondo me ci concentriamo troppo sul sintomo (coloro che si bevono le panzane e le rilanciano perché corrispondenti al profilo del complottista (https://www.reccom.org/…/coloro-abbracciano-le-teorie…/) e molto meno sulle agenzie di diffusione. Non possiamo, come comuni cittadini, avere grande presa su questi processi comunicativi e siamo costretti a limitarci a cercare di contenere la platea dei sintomatici. Occorrerebbe invece (ovviamente è un mio parere) rivolgere un forte messaggio alle nostre e altrui istituzioni in modo che si dotino di adeguati strumenti di controllo e di soppressione degli strumenti virali attraversi i quali si viene colpiti.
Ad esempio: la “bestia” di Morisi non è stata affrontata sul suo terreno (cioè attraverso il filtraggio delle operazioni condotte attraverso gli account fake o semplicementi acquistati al mercato (https://neonmarketing.it/comprare-like-fan-facebook/).
Grazie Alberto. Rispondo a Ferragosto, dopo che tante altre cose sono successe e la situazione di confusione permane. Credo che un punto cruciale sia capire che gli strumenti di controllo possono e devono essere multi direzionali. Non si può pensare che ci possa essere un arbitro neutrale e bisogna quindi imparare, in un certo senso, a “controllarsi a vicenda”, senza cedere alla logica del sospetto sistematico, della di contrapposizione tra fazioni, ma semplicemente prendendosi ognuno la nostra parte di responsabilità. Non si tratta tanto di denunciare, attaccandosi alla singola notizia, o addirittura al titolo della notizia, quanto di acquisire tutti un atteggiamento più costruttivo, adeguato al nostro status (chi nel piccolo e chi nel grande) di produttori di informazione, per cui le varie voci si confrontano, le opinioni eventualmente si correggono, le soluzioni si cercano e si elaborano insieme. E le fake news, quelle in rete, così come quelle diffuse dai mass media tradizionali, in questo modo hanno meno spazio per diffondersi. Serve la coscienza di un salto di qualità necessario e possibile, per uscire dal 900!