La prima, grande fine del mondo
Un film da recuperare e da vedere anche per smorzare l’ansia dei giorni segnati dal coronavirus: il capolavoro del genio visionario di Abel Gance, “La fine del mondo”, un’utopia di fantascienza dai toni apocalittici che tocca temi politici e religiosi. Fu anche il primo film sonoro francese
Da qualche parte la fine del mondo doveva pure iniziare. Cinematograficamente parlando accadde nel 1931, con La fin du monde, il primo film parlato del cinema francese , di uno dei più geniali registi di tutti i tempi, Abel Gance. La fantascienza non era un genere nuovo. Méliès aveva già stupito tutto il mondo con il suo Viaggio nella Luna (Voyage dans la Lune, 1902) e altri lo avevano dapprima imitato e poi seguito. Lo stesso Metropoli del 1927, di Fritz Lang aveva indagato strade diverse, ma è Gance il primo a mettere sullo schermo quello che potrebbe accadere se al mondo fosse annunciato che la fine è prossima.
La profezia “anarchica”: un cataclisma che salva il Pianeta
La fin du monde esce nel 1931 ed è ispirato al romanzo omonimo scritto nel 1893 da Camille Flammarion (1842-1925), un importante astronomo francese che si dilettava anche in romanzi scientifici avendo come modelli H.G. Wells e Jules Verne. Nel XXV secolo – racconta il film – lo scienziato Martial Novalic scopre che una cometa si abbatterà presto sulla Terra. Suo fratello Jean (interpretato dallo stesso Gance), attore e filosofo, ma anche folle, poco prima di essere internato lascia una serie di scritti che serviranno a guidare l’azione di riordino del mondo intero.
Il personaggio di Jean Novalic cita esplicitamente il pensiero dell’anarchico Kropotkin:
«Ci sono delle epoche nella storia dell’umanità in cui la necessità di un cataclisma scuote la società e si impone su tutti i rapporti esistenti».
La sua idea, per quanto complessa da realizzare, è dunque semplice. Egli vede nell’incombente catastrofe l’occasione di pentimento di tipo cristiano per l’umanità. I sopravvissuti potranno ricostruire dalle ceneri una società più giusta.
Compito del fratello Martial sarà dunque quello di orientare la politica e i mercati finanziari affinché si arrivi alla creazione degli Stati Uniti del Mondo. Nonostante i diversi rovesci di fortuna che dovrà sopportare, ci riuscirà. Realizzando una delle più belle – e rare – utopie che il cinema sia riuscito a rappresentare.
Il mondo dopo la crisi
Certamente influenzato dalla crisi finanziaria che aveva investito il mondo appena due anni prima con il crollo di Wall Street, rimaneggiando pesantemente il romanzo originario, Gance ne trae un’opera fortemente ideologica e politica, nella quale le sotto trame romantiche o gli effetti speciali del finale servono solo a rafforzare l’intreccio drammatico.
L’aspetto cristiano, dal pentimento all’agnello sacrificale, dal diluvio universale al nuovo patto fra dio e gli uomini, non è affatto da tralasciare. Anzi, il film apre proprio su una rappresentazione teatrale della passione di Cristo e come questi il personaggio di Jean Novalic interpreta, attraverso la malattia e poi la morte, il rito di passaggio necessario per la rinascita del Pianeta.
Se nei viaggi spaziali di Méliès ciò che contava era l’effetto speciale, la fascinazione e persino una certa dose di comicità, nel dramma di Gance la dimensione umana diventa qualcosa di estremamente drammatico perché deve confrontarsi con il suo destino stesso e quello del pianeta che ci ospita.
Guarda il film on-line
Il genio di Gance, tra surrealismo e fantascienza
Abel Gance d’altronde non era nuovo all’indagine di nuovi linguaggi e a comporre opere che facessero discutere. Figlio illegittimo di un facoltoso medico parigino ma cresciuto dalla madre operaia, destinato alla professione di avvocato, Gance si era gettato invece nello spettacolo, prima come attore e poi come regista. Riformato ai tempi della Grande guerra per la sua salute cagionevole, nel 1915 realizza ben sei film, fra i quali La folie du Docteur Tube che non sarà mai distribuito per la sua “eccentricità”, trattando di un medico che ha inventato una macchina capace di rimpicciolire uomini e oggetti. Ciò che spaventa il produttore, Luis Nalpas, è lo stile dell’opera che soprattutto nella prima parte fa largo uso di sovra impressioni e deformazioni, cosa che farà guadagnare al regista la fama di precursore del Surrealismo.
Nonostante le sue condizioni di salute rimangano precarie, verso la fine della guerra, viene comunque spedito al fronte dove maturerà il desiderio di realizzare un’opera fortemente anti bellica. Nasce così Per la patria (J’accuse!, 1919), capolavoro di tre ore che mostra esplicitamente gli orrori della guerra. Accusato di antimilitarismo il film fu più volte tagliato e rimontato. Presentato alla Conferenza di Washington del 1921, per riequilibrare gli assetti europei dopo il conflitto mondiale, l’opera irritò non solo gli ambasciatori tedeschi ma anche quelli di altri Paesi, al punto che il film fu poi proibito anche in Italia, dove circolò successivamente in una versione ancora più edulcorata.
Nel 1927 realizza invece la sua opera più ambiziosa, il suo capolavoro, Napoleone, anche se il titolo originale sfoggia un ben più egocentrico Napoléon vu par Abel Gance. Tre anni di riprese, 180 attori, migliaia di comparse: la prima versione presentata a Parigi nel 1927 durava sei ore ed era proiettata su tre schermi da tre proiettori diversi in contemporanea, anticipando di fatto il cinemascope.
Un innovatore, dunque, che con La fine del mondo tenta per la prima volta anche la strada del sonoro, realizzando il primo film parlato della storia della cinematografia francese.
La fine del mondo come utopia
Difficile credere che il film non abbia influenzato almeno due opere di successo uscite immediatamente dopo: nel 1932 infatti Edwin Balmer e Philip Wylie scrissero il romanzo When Worlds Collide, che fu a sua volta alla base del film Quando i mondi si scontrano (When Worlds Collide, Usa, 1951, regia di Rudolph Maté), e nel 1934 Alex Raymond utilizzerà la stessa idea per spedire il suo eroe, Flash Gordon, sul pianeta Mongo in rotta di collisione con la Terra.
La domanda “che faresti se sapessi che al mondo sta per finire” è anche il tema fondamentale della canzone Five years di David Bowie, prima traccia di The Rise and Fall of Ziggy Stardust, del 1972, dove l’artista britannico si chiede come reagirebbe l’umanità se ai telegiornali annunciassero che ci sono rimasti solo cinque anni di vita.
La versione originale de La fine del mondo durava tre ore ma oggi non rimangono in circolazione che copie monche, tagliate e spezzettate. Introvabile nel nostro paese, Enrico Ghezzi lo ha trasmesso alcuni anni fa a Fuori orario in una versione da circa 90 minuti, una delle più lunghe sopravvissute.
Saperenetwork è...
- Giornalista professionista e divulgatore, cura e conduce le puntate dedicate ai temi ambientali per la trasmissione Wikiradio, in onda Rai Radio 3. Dirige il premio “Green Drop Award” realizzato insieme a Green Cross international presso la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Scrive per la rivista “Materia Rinnovabile”, occupandosi d’innovazione. Come autore televisivo ha scritto la serie d'animazione “Due amici per la Terra”, in onda su Rai3 e il documentario “Cinema & Ambiente” per Dixit scienza, su Rai Storia. È tra i curatori del rapporto annuale GreenItaly di Unioncamere. È direttore scientifico del centro studi Green Factor, cura la rubrica web quotidiana “Un giorno alla volta”, fa parte dell'ufficio di presidenza della FIMA, Federazione Italiana Media Ambientali.
Ultimi articoli
- Cinema20 Dicembre 2022Avatar 2, la via ecologica al cinema. Un colossal per madre Terra
- Cinema17 Dicembre 2021I cinque #Filmgreen (più un evergreen) del 2021
- La camera verde19 Settembre 2020La terra dei neo-nomadi. Il film di Chloé Zhao con lo sguardo dell’eco-critica
- Cinema26 Marzo 2020Pozzi di petrolio a Baku, il primo film ecologista della Storia