Pozzi di petrolio a Baku, il primo film ecologista della Storia

Immagine del film Puits de pétrole à Bakou

Pozzi di petrolio a Baku, il primo film ecologista della Storia

Puits de pétrole, uno tra primi film dei Lumière, è il racconto di un’eco catastrofe. Poche decine di secondi, alla fine del XIX secolo l’unica forma di cinematografo possibile e conosciuta, documentano  l’incendio di un pozzo di petrolio a Baku, in Azerbaijan, già all’epoca capitale mondiale dell’oro nero. 

«Il primo film ecologista mai realizzato». Così Bertrand Tavernier, critico e cineasta francese, definisce la veduta Lumière n.1035, Puits de pétrole à Bakou, girata dal cameraman Kamill Serf nel 1896 a Baku, capitale dell’Azerbaijan e distribuito, secondo Imdb, il database globale del cinema, il 6 agosto di due anni dopo, nel 1898.

Si tratta di appena 50 secondi di girato. Le “vedute d’insieme”, così come venivano chiamate, erano all’epoca l’unica forma di cinema conosciuta, uno spezzone di pellicola lungo appena 17 metri, per l’appunto circa 50 secondi di ripresa e di proiezione, che il Cinématographe, la macchina messa a punto pochi anni prima da Louis Lumière, poteva sia impressionare che proiettare.

Guarda Puits de pétrole à Bakou

Il petrolio, un’industria in espansione. Come il cinema

Il petrolio rappresentava un’industria in espansione e le immagini arrivate da Baku erano le prime a raccontare cosa effettivamente era un pozzo petrolifero in fiamme. Già il paesaggio della veduta Lumière 1034, fatto di alte torri piramidali di ferro e legno, le strutture per l’estrazione del petrolio dell’epoca, rappresentava come uno scenario ai limiti del fantastico; ma quando le fiamme e il fumo denso si alzano verso il cielo nella veduta successiva, appunto la 1035, lo scenario assume connotazioni da inferno dantesco, finendo con assomigliare ad alcune illustrazioni del Doré. Un piccola figura umana, ai piedi delle torri, si sposta da destra verso sinistra, apparentemente senza alcun allarme.

Non c’è ancora coscienza, o non ce n’è ancora abbastanza, perché quei fumi e quelle fiamme siano vissute come un grave danno alla salute umana e all’ambiente. Ciò che probabilmente percepiscono gli spettatori del tempo è la grandiosità dello spettacolo che però non può non incutere timore e reverenza nel buio di quelle prime improvvisate sale cinematografiche.

I Lumière “documentaristi” e le loro vedute

Louis Lumière, che aveva già fatto la fortuna dell’azienda di famiglia con l’invenzione di una lastra fotografica rivoluzionaria, la “Etiquette blue”, nel 1894 vede il Kinetoscopio di Edison, una specie di ingombrante binocolo fisso al cui interno si possono vedere figure in movimento. Decide di conseguenza, insieme a suo fratello Antoine, di cimentarsi nella sfida di riuscire a proiettare un’immagine fotografica in movimento di lunga durata. Neanche un anno dopo, il 13 febbraio 1895, i Lumière depositano il brevetto del Cinématographe. Il 22 marzo avviene una prima proiezione privata e il 28 dicembre 1895 ha luogo finalmente la prima proiezione davanti ad un pubblico pagante.

Louis Lumière è il primo utilizzatore della sua stessa invenzione: ne determina lo stile e ben presto anche la produzione e la distribuzione commerciale, gettando immediatamente le basi dell’industria cinematografica.

I fratelli Auguste Marie Louis Nicolas Lumière e Louis Jean Lumière sono stati due imprenditori francesi, inventori del proiettore cinematografico e tra i primi cineasti della storia

 

La sua macchina, benché geniale nella concezione, non ha mirino e quindi può essere regolata una volta sola e messa in funzione. Inoltre non può muoversi a meno che non venga installata su un supporto mobile. È perciò determinante scegliere prima cosa inquadrare ed avere una ragionevole certezza di cosa accadrà in quei cinquanta secondi. E in questa scelta che si forma il gusto e l’arte del Lumière cineasta.

Le vedute che egli realizza sono scene quotidiane o eventi pubblici di cui è egli stesso autore e produttore sebbene ben presto senta la necessità di affidare anche ad altri il compito di documentare ciò che accade anche oltre i confini di Francia. E in questo modo che il catalogo Lumière cresce e si impreziosisce e in qualche modo finisce per essere oggi considerato l’archetipo del realismo cinematografico.

Baku, capitale dell’oro nero

Il fatto che poi fra le prime vedute Lumière figurino i pozzi petroliferi di Baku non è un’esotica casualità, ma documentazione di un luogo considerato molto importante già allora e di un avvenimento che non poteva non colpire l’attenzione degli spettatori.

Alla fine dell’Ottocento Baku è infatti la capitale dell’oro nero e si porta dietro una fama di lunga data. Secondo alcune testimonianza il primo pozzo, della profondità di 35 metri, scavato nella capitale del moderno Azerbaigian risalirebbe addirittura al 1594 ad opera di Balakhany Allahyarmammad Nuroglu.

Guarda il video sui pozzi di petrolio in Azerbaijan

E nel corso degli ultimi venti anni del XIX secolo i fratelli Nobel e i Rothschild erano proprietari di numerosi pozzi petroliferi in tutta l’area dove avevano impiantato anche raffinerie, movimentato navi cisterne e gettate le basi per il trasporto ferroviario. Tra il 1897 e 1907 a Baku si potevano contare ben 3.000 pozzi attivi che rappresentavano il 95 per cento di quanto l’Impero russo estraeva in tutto mondo.

Pozzi che bruciano

Non stupisce quindi che il catalogo Lumière includa la veduta girata da Kamill Serf e che quindi il petrolio, il tema energetico, entri di diritto nella storia del cinema da subito. A guardare i pozzi che bruciano, viene difficile non associare queste immagini a quelle evocate pochi decenni prima dal poeta William Blake che nel criticare l’insostenibilità delle fabbriche inglesi le definì “dark satanic mills”, cupe officine sataniche. Louis Lumière non si poneva certo in chiave critica rispetto agli eventi: documentava e raccoglieva, raccontava e testimoniava. Ma l’occhio dell’osservatore modifica l’evento stesso e, con questa veduta, i Lumière ci hanno lasciato la prima testimonianza filmica dell’inizio dell’inquinamento della nostra atmosfera.

Vedremo immagini simili in Uomini d’amianto contro l’inferno (Hellfighters, Usa, 1969), di Andrew V. McLaglen, con John Wayne e Jim Hutton, pompieri costretti a domare le fiamme dei pozzi in Venezuela, e in modo decisamente più realistico – e più simile al “film” dei Lumière – nel documentario di Werner Herzog, Apocalisse nel deserto sui pozzi incendiati in Kuwait durante la guerra del Golfo nel 1991

Guarda il trailer di Apocalisse nel deserto

Baku, come capitale del petrolio sovietico, tornerà nel cinema almeno altre due volte: in un noir tedesco di Fritz Kirchhoff, Scalo a Baku (Anschlag auf Baku, 1942) e persino nel diciannovesimo film della serie dedicata a James Bond, Il mondo non basta (The World is Not Enough, 1999), per la regia di Michael Apted.

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Marco Gisotti
Giornalista professionista e divulgatore, cura e conduce le puntate dedicate ai temi ambientali per la trasmissione Wikiradio, in onda Rai Radio 3. Dirige il premio “Green Drop Award” realizzato insieme a Green Cross international presso la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Scrive per la rivista “Materia Rinnovabile”, occupandosi d’innovazione. Come autore televisivo ha scritto la serie d'animazione “Due amici per la Terra”, in onda su Rai3 e il documentario “Cinema & Ambiente” per Dixit scienza, su Rai Storia. È tra i curatori del rapporto annuale GreenItaly di Unioncamere. È direttore scientifico del centro studi Green Factor, cura la rubrica web quotidiana “Un giorno alla volta”, fa parte dell'ufficio di presidenza della FIMA, Federazione Italiana Media Ambientali.

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