Avatar 2, la via ecologica al cinema. Un colossal per madre Terra
Un film molto complesso, che segna una vera e propria rivoluzione stilistica, tecnologica ed ambientale sul grande schermo. Fra molteplici riferimenti mitologici e citazioni, compresa quella preziosissima a Rachel Carson. E un messaggio d’amore per il Pianeta, ai suoi equilibri, rivolto in particolare alle nuove generazioni
Ciò che colpisce dell’ultimo film di James Cameron, “Avatar: la via dell’acqua” appena giunto nelle sale italiane, sono le sue dimensioni ciclopiche. Come un Colosseo di celluloide, per quanto i film ormai viaggino su supporti ben diversi, anzi, siano totalmente immateriali attraverso la digitalizzazione. Un film destinato ad essere ancora una volta, dopo il primo Avatar del 2009, la pietra angolare di una rivoluzione stilistica, tecnologica ed ecologica del cinema.
Guarda il trailer di Avatar: la via dell’acqua
Stilistica perché Cameron ha scritto e composto questo film nel momenti di piena affermazione dello streaming, che ha sottratto spettatori ai cinema ma soprattutto ha educato gli spettatori a una fruizione diversa, a lunghe storie fatte di più puntate come fossero film di tre, quattro, cinque o sei ore. E che gli spettatori, spesso, vedono tutto di un fiato. Cameron comincia a scrivere “Avatar: la via dell’acqua” durante questa evoluzione dello spettatore e la incorpora non in un prodotto per la visione casalinga ma per il cinema.
Ne esce fuori un lunghissimo film, quasi tre ore e un quarto durante le quali si sovrappongono più piani narrativi, molti protagonisti e molti snodi, senza mai smettere di essere cinema e senza mai essere televisione.
Tecnologica, perché l’interpretazione, pur essendo affidata ad attori in carne ed ossa, è “filtrata” attraverso la telecamera digitale e la rielaborazione attraverso numerosi software per ottenere sullo schermo lo straordinario mondo di Pandora e gli alieni Na’vi. L’effetto è impressionante, più del primo Avatar che pure ci aveva lasciati a bocca aperta. Non si ha mai la sensazione di essere di fronte a creature totalmente ricreate al computer, ad una natura che non esiste anche se sembra uno spettacolo del National geographic. L’effetto realistico non diventa mai surreale né barocco. I movimenti, le espressioni, i dettagli non sono mai cartooneschi. Non è solo esercizio tecnologico, però. Il realismo è necessario per raccontare una storia, che come molte grandi narrazioni popolari, è metafora del tempo presente.
Devi credere a quello che vedi per viverlo.
Miti, leggende. E citazioni di se stesso
Cameron non rinuncia a nulla, per alcuni critici forse aggiunge fin troppo: rielabora miti, favole, cinema e cronaca, arrivando a citare persino il se stesso di Aliens e Titanic. C’è persino un novello Patroclo che toglie la spina non più dalla zampa del leone ma da una gigantesca creatura marina che somiglia ad una balena (ed ecco che fonde insieme alla favola di Fedro anche Moby Dick e il messaggio sui cetacei che fu già di uno dei più fortunati episodi cinematografici di Star Trek). Ed eccoci, appunto, al messaggio ecologista che sembra essere la vera costante della saga di Avatar (per la quale sono progettati e già in lavorazioni almeno altri tre seguiti). La madre terra, Gaia, la connessione fra tutti i viventi, il rispetto per le risorse, l’ecopacifismo e l’ecofemminismo. Persino i giovani ribelli che sono una costante della letteratura ma sono anche i manifestanti dei Fridays for future. E, se nel primo episodio della saga l’ambientazione principale era la foresta, in questo lo è il mare, antica passione di Cameron che, va ricordato, è stato il primo essere umano a scendere nel 2012 nella Fossa delle Marianne in solitaria con una specie di sottomarino monoposto per girare delle riprese. Come non ricordare, allora, il suo Abyss e, ancora una volta, Titanic, dove il pericolo non veniva dalle onde ma dalla stessa tecnologia imperfetta degli uomini?
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Il respiro di Rachel
In questo suo amore per il mare non stupisce che siano disseminati qua e là espliciti riferimenti anche al lavoro di Rachel Carson, la biologa che con il suo lavoro ha ispirato la nascita dei movimenti ambientalisti. Con “Il mare intorno a noi” Carson riusciva a fondere alla scienza la poesia, alla conoscenza lo stupore. Da quello stupendo libro di divulgazione (1951) se ne trasse un documentario che vinse persino un Oscar. «Il respiro della vita – scriveva Rachel Carson – è come una casa in fondo all’oceano con tutte le finestre e le porte aperte. Siamo immersi nel mare intorno a noi, che continua a muoversi dentro, attraverso, intorno e oltre anche se siamo fermi». Spiega uno dei protagonisti del nuovo Avatar:
«L’acqua non ha inizio o fine. Il mare è intorno a te e dentro di te. Il mare è la tua casa prima della tua. L’acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, il buio alla luce».
Figlio del trumpismo
C’è, infine, un sottotesto tutto politico. Se nel 2009 Cameron concludeva Avatar con una sorta di nuovo patto fra uomo e natura, figlio dei tempi del green deal di Obama, “Avatar: la via dell’acqua” è figlio del trumpismo: come gli Stati Uniti hanno tradito il Trattato sul clima, i terrestri del film hanno tradito il patto con i Na’vi e sono tornati su Pandora per conquistarlo e distruggere il suo ecosistema. Ci sono evidenti esigenze di copione per cui la storia di questo film, pur concludendosi, non risolve gli snodi principali e apre un percorso di guerra che dovrà sciogliersi nelle “puntate” successive. Ma questo clima di incertezza è anche la rappresentazione di questi tempi, dove il destino della Terra e degli umani non è meno incerto di quello dei Na’vi e di Pandora sullo schermo.
Il saluto ancestrale di queste creature di fantasia è “io ti vedo” ed è un monito.
È come se la natura ci dicesse “io vi vedo”. Basterebbe questo per fare di Cameron uno dei più grandi narratori dell’urgenza ecologica dei nostri tempi.
Saperenetwork è...
- Giornalista professionista e divulgatore, cura e conduce le puntate dedicate ai temi ambientali per la trasmissione Wikiradio, in onda Rai Radio 3. Dirige il premio “Green Drop Award” realizzato insieme a Green Cross international presso la Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Scrive per la rivista “Materia Rinnovabile”, occupandosi d’innovazione. Come autore televisivo ha scritto la serie d'animazione “Due amici per la Terra”, in onda su Rai3 e il documentario “Cinema & Ambiente” per Dixit scienza, su Rai Storia. È tra i curatori del rapporto annuale GreenItaly di Unioncamere. È direttore scientifico del centro studi Green Factor, cura la rubrica web quotidiana “Un giorno alla volta”, fa parte dell'ufficio di presidenza della FIMA, Federazione Italiana Media Ambientali.
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