Ecoacustica. I paesaggi sonori svelano le minacce per la biodiversità
Il canto delle rondini all’alba. Ma anche il frinire delle cicale, il gracidare delle rane, il fruscio del vento tra le foglie e il tamburellare di una pioggia battente. La vista non è il solo senso con cui possiamo esplorare la natura, anche i suoni aprono una via verso la conoscenza dell’ambiente, permettendo l’osservazione della biodiversità da un inconsueto punto di vista, anzi, d’ascolto. I paesaggi sonori sono studiati dall’ecoacustica e i recenti dati che questa disciplina ha raccolto sono un avvertimento: la musica potrebbe non essere più la stessa a causa dell’azione dell’uomo.
Ascolta il rumore del mare, un esempio di suono studiato dall’ecoacustica
L’ecoacustica. Nascita di un nuovo punto di “vista”
Il valore dei suoni della natura come indicatori di condizioni ambientali in trasformazione era stato colto già negli anni Sessanta. Rachel Carson, biologa marina, divulgatrice e, soprattutto, tra le fondatrici del movimento ambientalista mondiale, intitolò il suo best seller Primavera silenziosa: una stagione le cui sinfonie erano state soffocate dall’uso incontrollato di pesticidi.
Il libro fece risuonare un campanello d’allarme sulla salute del nostro pianeta ma fu anche un’ispirazione per un nuovo modo di studiare l’ecologia.
Nel 1969 si iniziò a parlare di paesaggi sonori in ambiente urbano. Nel 1977 Raymond Murray Schafer, compositore canadese, riconobbe che i suoni riflettono le caratteristiche ecologiche del paesaggio; dieci anni dopo Bernie Krause, musicista ed ecologo del paesaggio sonoro, cercò di definire il complesso insieme di suoni biologici e ambientali che possono essere uditi in uno specifico luogo.
Ogni habitat, infatti, crea la sua unica, singolare, melodia in grado di fornirci una grande quantità di informazioni. Passo dopo passo si giunse a quella che ora conosciamo come ecoacustica.
Guarda l’intervento di Bernie Krause
Paesaggi sonori
L’ecoacustica si può dunque definire come l’insieme di tutti i suoni che provengono da un dato paesaggio e che danno vita a specifici schemi sonori, a seconda dello spazio e del tempo in cui li ascoltiamo. In un paesaggio sonoro ci saranno suoni di natura biologica, ad esempio il canto degli uccelli o il frinire di grilli e cicale (detti biofonia), i rumori prodotti da pioggia, vento, tuoni e altri elementi naturali (geofonia) e suoni e rumori diffusi da noi esseri umani e dalle nostre attività (antropofonia).
Ascolta il suono delle cicale, un esempio di biofonia
Perché parliamo di ecoacustica proprio ora? Facciamo un passo indietro. Gli animali emettono suoni per comunicare, per cercare cibo e per muoversi. Lo fanno per difendere il territorio, per attrarre un eventuale partner, per identificare i propri cuccioli, per orientarsi, per localizzare una preda o per fuggire a un predatore. Disturbi nell’emissione o nell’ascolto di un particolare segnale acustico possono minacciare la sopravvivenza di molte specie. Recentemente, in un articolo scientifico pubblicato su Trends in Ecology & Evolution , ripreso nella sezione dal New York Times , è stato evidenziato quanto le conseguenze dei cambiamenti climatici siano in grado di modificare i paesaggi sonori.
Tutta un’altra musica?
Le variazioni meteorologiche che ne derivano intervengono sulla propagazione dei suoni emessi dagli animali, in quanto la loro velocità può dipendere da parametri quali la temperatura, l’umidità relativa, il vento o l’intensità delle piogge. Inoltre la stessa temperatura agisce in maniera diretta sul comportamento acustico della fauna. Un esempio è quello della rana coquì di Porto Rico (Eleutherodactylus coqui), il cui richiamo – usato per difendere il territorio e per attrarre potenziali partner – sta diventando sempre più corto e acuto a causa dell’incremento delle temperature.
Ascolta la rana coquì di Porto Rico
Sinfonie naturali italiane
Coautore dell’articolo citato dal New York Times è Almo Farina, docente di ecologia dell’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, che in Italia ha guidato numerose ricerche di ecoacustica. Un esempio è il monitoraggio di una comunità di uccelli in Liguria orientale, in un’area di macchia mediterranea particolarmente fragile. L’approccio utilizzato ha permesso di identificare cambiamenti nella composizione, nei tempi e nella frequenza dell’impronta acustica della fauna del luogo. È interessante l’identificazione di una “nuova voce del coro”: l’usignolo del Giappone (Leiothrix lutea), una specie invasiva, nativa del territorio asiatico, diventata molto abbondante nel nord Italia e su cui è importante raccogliere dati per comprendere le dinamiche di popolazione nell’avifauna.
Guarda l’intervista al professore Almo Farina
Nuovi scenari sonori. La biodiversità minacciata
Con l’ecoacustica è anche possibile descrivere e confrontare due differenti habitat: in una pubblicazione del 2018, sono stati raffrontati i paesaggi sonori delle praterie di Posidonia oceanica e di fondali sabbiosi registrati lungo le coste siciliane. Il primo è risultato acusticamente più ricco del secondo, svelando processi ecologici difficili da cogliere solo con gli occhi. La posidonia è una pianta sottomarina che garantisce cibo e protezione per pesci, crostacei, molluschi ed echinodermi, preservando la biodiversità. Biodiversità che si riflette nei suoni raccolti e che è messa in pericolo dalla pressione delle attività umane.
I paesaggi sonori esplorati dall’ecoacustica ci insegnano che una conoscenza più completa dell’ambiente può scaturire da ciò che ascoltiamo: possiamo cogliere cambiamenti spaziali e temporali di un habitat, riconoscerne la biodiversità, identificare l’impatto dello sfruttamento di risorse naturali, dell’inquinamento acustico generato dalle attività antropiche, della distruzione di ecosistemi, dei cambiamenti climatici in atto. Come ha affermato Bernie Krause, durante una conferenza Ted del 2013: «Se una fotografia vale più di 1000 parole, un paesaggio sonoro vale più di 1000 foto».
Saperenetwork è...
- Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.
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