Ripartire dalla bioagricoltura. Anche per fermare le epidemie
Uno studio della Scuola di Agraria dell’Università di Firenze sottolinea il legame tra contagi e sistemi di agricoltura intensivi. Un ulteriore stimolo ad abbandonare il modello produttivo che ha prevalso dal secondo dopoguerra ad oggi
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Nelle aree dove resistono sistemi di agricoltura non intensiva e senza uso di chimica, si registra una minore diffusione del virus. È quanto sostiene uno studio condotto dalla Scuola di Agraria dell’Università di Firenze in collaborazione con la segreteria scientifica dell’Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale.
Lo studio mette in relazione il numero di casi di coronavirus registrati sul territorio nazionale e i modelli di agricoltura presenti nelle varie zone del paese, evidenziando una maggiore incidenza del virus in quelle zone agricole periurbane e ad agricoltura intensiva, in particolare nelle aree della Pianura Padana, del fronte adriatico dell’Emilia Romagna, della valle dell’Arno tra Firenze e Pisa e nelle zone intorno a Roma e Napoli. Sono aree dove si registra un (…)
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- Classe 1985, giornalista freelance. Ha collaborato e collabora con molte testate nazionali (L'Espresso, La Repubblica, Lifegate, Altreconomia e altre) su temi ambientali ma anche sociali. Laureato in Scienze della Comunicazione, lavora come project manager in A.I.C.A. (Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale). Autore di documentari indipendenti e musicista per passione.
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