Cinque etologi che dovete conoscere
Hanno passato la vita a studiarne il comportamento. Per passione, ma anche per comprendere meglio il comportamento umano. In un periodo in cui abbiamo davanti agli occhi le conseguenze scellerate di comportamenti errati verso gli animali, vi raccontiamo i cinque etologi da conoscere
Secondo la leggenda, l’anello di re Salomone permetteva a chi l’indossava di comprendere il linguaggio degli animali. Ed è proprio questo il titolo del più famoso scritto di quello che viene indicato come il padre dell’etologia: Konrad Lorenz. Tutti abbiamo sentito almeno una volta parlare delle sue oche e della teoria dell’imprinting, l’apprendimento istintivo insito in ogni specie nelle primissime fasi della vita. Ma Lorenz è solo uno dei grandi studiosi che, dagli anni Trenta del secolo scorso, hanno impiegato le loro forze per comprendere il comportamento animale e anche per riuscire a interpretare, attraverso di esso, quello umano. Ve ne presentiamo cinque che dovete assolutamente consocere.
Nikolaas Tinbergen
L’olandese “Niko” Tinbergen fu allievo di Lorenz, tanto che con lui e con il biologo austriaco Karl von Frisch vinse il Nobel per la medicina nel 1973. Ma, come egli stesso ebbe a dire, in realtà l’allievo e il maestro si completavano. All’entusiasmo di Lorenz faceva da controcanto la riflessività e il senso critico di Tinbergen. Nato all’Aia nel 1907, non sembrava molto incline agli studi, al contrario del fratello anche egli vincitore di quello che si definisce il Nobel per l’Economia. Niko riteneva che aver avuto la possibilità di gironzolare nella natura nei dintorni di casa fosse stata la sua fortuna. Da qui nacque la decisione di studiare Biologia e lo studio dei lavori di von Frisch, con cui condividerà il Nobel, lo portarono a interessarsi al comportamento animale.
Dopo la guerra e l’internamento per due anni in un campo tedesco, divenne professore a Oxford e nel 1958 pubblicò un saggio che gli diede fama presso il pubblico: Il naturalista curioso. Nel libro, Tinbergen descrive minuziosamente le osservazioni sul comportamento delle vespe scavatrici, sui gabbiani e sulle varie forme di mimetismo. Il volume si conclude con un’esortazione a essere curiosi vivendo con passione la natura. La fama gli consentì di collaborare anche alla realizzazione di una serie di fortunati documentari con il produttore cinematografico Hugh Falkus. A Tinbergen si devono le quattro domande alla base di uno studio etologico. Quando ci si trova davanti a un comportamento infatti ci si deve chiedere la causa, il perché del comportamento, lo sviluppo, come si è prodotto, la funzione, qual è il suo scopo, e l’evoluzione, come cambia cioè nella storia evolutiva dell’animale. Sperimentatore sul campo, al contrario di Lorenz che preferiva le osservazioni in cattività, indirizzo la maggior parte dei suoi studi ai meccanismi scatenanti innati ma nell’ultima parte della sua vita si dedicò, con la moglie, a comprendere i meccanismi comportamentali nell’autismo.
Ivan Pavlov
Può sembrare strano che una scienza che ha avuto il suo pieno sviluppo nei primi anni del novecento possa includere uno scienziato dell’ottocento fra i suoi fondatori, ma le osservazioni di Ivan Pavlov sono una pietra miliare nel comportamento animale e tuttora estremamente utili, ad esempio, per riconoscerne lo stato psicologico come lo stress o la risposta agli stimoli del dolore e della fame. Nato in Russia nel 1849, ha legato il suo nome al riflesso condizionato e ai cosiddetti “cani di Pavlov”. Laureatosi in medicina, gli fu affidato da subito il laboratorio di Fisiologia. Durante le sue ricerche, iniziò a collaborare con il dipartimento di Veterinaria studiando attraverso la fisiologia animale quella umana. In particolare, gli studi pionieristici sul funzionamento dell’apparato digerente gli valsero, nel 1904, il premio Nobel per la medicina. Durante queste ricerche sviluppo la teoria del riflesso condizionato, cioè una risposta fisiologica che può essere indotta come comportamento appreso attraverso uno stimolo esterno, che contraddistingue non solo l’animale ma anche l’uomo: si pensi all’acquolina in bocca – aumento della salivazione e stimolo all’apparato digerente per prepararsi a ricevere il cibo – dopo aver guardato l’orologio e aver visto avvicinarsi l’ora di pranzo.
Grazie alle sue ricerche successive, sempre attraverso l’osservazione dei cani, ha influenzato la psicologia e la psichiatria. Ha infatti studiato l’induzione di stati di frustrazione negli animali e la possibilità di riprodurre comportamenti tipici della schizofrenia. Con la caduta dello Zar e la proclamazione della Repubblica Socialista Sovietica, se pur critico verso il nuovo stato, fu sostenuto del governo che gli concesse fondi e gli permise di fondare l’Istituto di Fisiologia dell’Accademia delle scienze russa a Leningrado, dove morì nel 1936. Interrogato su cose augurasse ai giovani scienziati, rispose: «La passione», poiché, diceva, la scienza può assorbire tutta la vita di un uomo e non è possibile dedicarcisi senza la passione.
Danilo Mainardi
Conosciuto dal pubblico come abile divulgatore, Danilo Mainardi è stato uno dei più importanti etologi italiani. Già professore di Zoologia, Biologia ed Etologia all’Università di Parma, divenne professore emerito e direttore del Dipartimento di Scienze ambientali dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Nato a Milano nel 1933, ed educato all’amore per gli animali dalla madre, decise di studiare Zoologia proprio nell’ateneo emiliano e lì iniziò le sue ricerche sull’evoluzione del comportamento sociale. In particolare, indirizzò i suoi interessi al comportamento nei primi stadi della vita, occupandosi dell’osservazione dei ruoli parentali, della nascita dell’aggressività e dell’imprinting sessuale.
Dalle sue osservazioni nacquero teorie sulla capacità di adattamento degli individui per garantirsi la sopravvivenza e la capacità degli animali di trasmettere agli altri membri del gruppo un comportamento appreso. Rivolse poi la sua attenzione all’eco etologia, riflettendo dell’impatto umano sulla natura, e concentrandosi sui problemi dell’educazione ambientale. Nonostante i vari ambiti di ricerca e gli insegnamenti tratti, Mainardi dichiarò che ciò che più gli aveva dato soddisfazione era stato il suo ruolo di divulgatore, sia come saggista che come ospite fisso in programmi televisivi. Sostenitore del vantaggio che veniva all’uomo dall’interazione con gli animali, si espresse a favore della pet therapy e contestò invece l’antropomorfizzazione degli animali che poteva distorcere la percezione, soprattutto da parte dei bambini, del loro comportamento.
Jane Goodall
L’amore per gli animali e l’entusiasmo dimostrato nello studiare i primati le valsero un dottorato in etologia a Cambridge, pur non essendo laureata, che le permise di dare avvio alla sua carriera scientifica. Jane Goodall, nata a Londra nel 1934, partì per la Tanzania a ventisei anni, per più di quarant’anni ha dedicato la sua vita allo studio degli scimpanzè. La sua attività d’osservazione e ricerca si è svolta soprattutto nel Parco Nazionale del torrente Gombe, proprio in Tanzania. Per prima documentò la capacità degli scimpanzè di usare piccoli attrezzi, come ramoscelli, per procurarsi cibo, e di pietre per rompere i semi più duri.
Studiò in oltre i comportamenti sociali dei gruppi di individui, le cure materne verso i cuccioli, la gerarchia sociale. Una volta lasciata l’osservazione diretta degli animali, nel 1977 fondò il Jane Goodall Institute per sostenere le ricerche sui primati e per proteggere il loro ambiente, iniziando la sua seconda vita da attivista. Goodall ha quindi avviato il progetto Roots & Shoots per l’educazione ambientale dei più giovani. Attraverso progetti con educatori e scuole incoraggia infatti la crescita della coscienza ambientalista delle nuove generazioni e promuove l’impegno per la salvaguardia della biosfera. A 86 anni continua a tenere interviste, conferenze e incontri per sensibilizzare alla salvaguardia dell’habitat dei primati e per il rispetto dell’ambiente.
Frans de Waal
Fra i più importanti primatologi in attività, inserito nel 2007 dalla rivista Time fra le 100 persone più influenti, c’è l’etologo e primatologo olandese, naturalizzato statunitense, Frans de Waal. Nato nel 1948 nei Paesi Bassi, dopo aver ottenuto un dottorato di ricerca presso l’Università di Utrecht con una tesi sui comportamenti aggressivi nei macachi, si trasferì nel 1981 negli Stati Uniti e iniziò a lavorare sullo studio dei bonobo. È a lui che si deve la popolarità raggiunta da questi primati che sono soliti risolvere i conflitti usando o mimando il sesso. De Waal li descrisse infatti come dei “pacifici hippy”. Sempre per studiare la risoluzione dei conflitti indirizzò le sue osservazioni verso quelli che definì “machiavellici” scimpanzè, pronti a tutto per il predominio.
Il suo primo libro di divulgazione, La politica degli scimpanzé ha messo a disposizione del grande pubblico le osservazioni sul tessuto sociale dei primati ma, con le sue successive osservazioni, concentrò la sua ricerca sull’evoluzione dei comportamenti, tracciando parallelismi fra le comunità dei primati e quelle umane, arrivando a riflettere su una legge morale − quasi una reminiscenza kantiana − che sarebbe insita nell’uomo così come nelle scimmie. Per lunghi anni professore di Etologia dei primati alla Emory University e direttore del Living links center presso lo Yerkes National Primate Research Center di Atlanta, con La scimmia che siamo ha evidenziato come empatia, compassione, amorevolezza non siano solo attributi umani ma siano comportamenti condivisi con i primati e quindi forse insiti nell’antenato comune. Con i suoi lavori scientifici e i suoi articoli pubblicati su riviste come Science, Nature, e Scientific American, ha demolito preconcetti sugli animali come l’egoismo, l’assenza dell’autocontrollo e la prevalenza dell’istinto, rilevando invece persino il senso della giustizia. Al contrario di chi trova eccessivo antropomorfizzare i comportamenti animali, de Waal ha affermato che forse lo facciamo troppo poco dovendo invece riconoscere la presenza di quella che chiamiamo, se pur laicamente, anima anche negli animali.
Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
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