Cinque fotografi naturalisti che dovete conoscere
Artisti e divulgatori scientifici, viaggiatori avventurosi e ambientalisti ante litteram. Dai due fratelli che per primi al mondo trasferirono su pellicola la vita dei piccoli animali alla prima donna che vinse la medaglia d’oro della Royal Photography Society. Scopriteli con noi
La fotografia naturalistica è un’arte che, sin dai suoi primordi, ha fatto rima con divulgazione scientifica e tutela del patrimonio ambientale. Vi conduciamo oggi alla scoperta di cinque fotografi che con le loro opere hanno emozionato, incuriosito e restituito ritratti inediti del mondo naturale.
Richard e Cherry Kearton
I due fratelli Kearton sono stati tra i primi fotografi al mondo a trasferire su pellicola le vite di piccoli e grandi animali. Nati da una famiglia di coltivatori dello Yorkshire, crebbero tra le colline di Swaledale, immersi in esperienze a diretto contatto con la natura.
Nel 1890, quando si misero in attività, fotografare gli animali nel proprio habitat era un campo del tutto nuovo e richiedeva perciò molta inventiva: occorreva elaborare raffinate e pazienti strategie di camouflage, utili ad avvicinarsi il più possibile ai soggetti ritratti, ingegnarsi con polveri e diversivi sonori e realizzare attrezzature complesse, ricorrendo a tecniche fino ad allora esclusivo appannaggio delle attività di caccia. I due fratelli avevano caratteri molto diversi ma ad accomunarli era una profonda e visionaria passione per la fotografia. Cherry, dalla personalità brillante e indipendente, scattò nel 1892 la prima foto al mondo di un nido di uccello. Fu sempre Cherry a occuparsi degli aspetti del lavoro fisicamente più gravosi, come calarsi giù con una corda dalle alte scogliere delle Shetland per ritrarre insetti insoliti e piccoli volatili, mentre Richard, più introverso e riflessivo, da bambino aveva subìto un grave incidente cadendo da un albero, proprio mentre era alla ricerca di un nido, un evento che gli aveva procurato un danno all’anca e una lieve zoppia ma che non lo scoraggiò dal partecipare a viaggi avventurosi alla ricerca di prospettive nuove e originali.
Dotato di ottime doti di pianificazione, ricerca e organizzazione, Richard fu maestro nel coniugare l’amore per la fotografia con la scrittura di testi naturalistici ricchi di dettagli, qualità che gli valsero un posto d’onore all’interno della prestigiosa Zoological Society of London.
Nel passare da impresa a impresa, i due non si lasciarono mai “frenare da dolori, pericoli o spese”, girando il mondo e investendo tutti i loro risparmi in nuovi progetti. Si fecero esploratori di generi nuovi: dai paesaggi, resi drammatici dall’uso sapiente della luce, ai ritratti di piccoli soggetti. Scatti che dipingono così nel dettaglio la vita animale da risultare quasi “vivi” e che contribuirono inoltre a risolvere numerosi dubbi etologici, provando ad esempio che gli sparvieri utilizzano, per la costruzione dei nidi, materiali “nuovi”, smentendo così la credenza popolare, diffusa anche nel mondo accademico, che gli individui di questa specie preferissero occupare nidi abbandonati da altri uccelli.
Le esperienze vissute in natura, unite agli studi di Richard, suggerirono ai due l’idea di creare alcuni tra i primi libri al mondo corredati da fotografie naturalistiche.
Vale a dire il British Birds’ Nests (opera del 1895, che consentì agli appassionati e agli studiosi di riconoscere e identificare con facilità i nidi più comuni) e With Nature and A Camera (saggio del 1897 che racchiude l’essenza del loro lavoro di campo). Con il passare degli anni Richard si dedicherà sempre di più alla scrittura, utilizzando le fotografie di Cherry come illustrazioni dei suoi testi. Cherry, dal canto suo, svilupperà una tendenza, espressa già nei primi scatti, alle “immagini in movimento”: annoverato tra i primi videodocumentaristi, filmerà la fauna di India, Africa, America e Oceania, promuovendo l’idea di “safari fotografico” come alternativa non violenta al safari di caccia, allora molto in voga.
Ansel Adams
Sarebbe impossibile parlare di fotografia naturalistica senza citare colui che viene considerato tra i padri assoluti di questa arte. Ansel Adams (1902-1984) è stato tra i membri fondatori del gruppo f/64, un’enclave di artisti che negli anni trenta del ‘900 promossero un ritorno alla purezza e alla veridicità allo scatto. Maestro dei paesaggi in bianco e nero, le sue opere costituiscono ancora oggi un punto di riferimento per i fotografi di tutto il mondo.
La sua storia personale e professionale è legata a doppio filo con i paesaggi dello Yosemite Park (al punto che, uno tra i monti più alti della Valley, porta oggi il suo nome).
Sin dai primi passi mossi nel mondo della fotografia, appena adolescente, Adams ha saputo trarre dalle sequoie giganti e dalle taglienti scogliere di granito del Park un’inesauribile fonte di ispirazione. Ogni suo scatto è foriero di emozioni primordiali connesse a una relazione autentica e ritrovata con la natura incontaminata.
Un mondo ancora privo di colori, il suo, ma ricco di intensità, in cui, oltre il realismo dell’immagine, emergono riflessioni sul nostro essere fragili di fronte all’immensità delle espressioni naturali, nonché un monito sulla necessità di preservarne l’essenza. Adams è inoltre considerato tra i più importanti ambientalisti della sua epoca: come membro del Consiglio Direttivo del Sierra Club, la più antica organizzazione ambientalista degli Stati Uniti (fondata da John Muir nel 1892), si oppose strenuamente allo sfruttamento intensivo delle foreste e all’industria del divertimento all’interno dei parchi nazionali. In una delle tante lettere volte a richiedere alle autorità competenti maggiori garanzie sulla corretta gestione delle aree protette e per questo accusato di snobismo nei confronti dei visitatori, scrisse con tagliente ironia:
«È forse snob che il Metropolitan Museum richieda di non ascoltare una radio portatile nella Sala Egizia?»
Elliot Porter
Artista delle sfumature e dei colori, Elliot Furness Porter (1901-1990) è ricordato per i suoi “intimate landscapes”, paesaggi profondi e oscuri, grovigli di foglie opache sfumanti nel rame, nel bronzo e nell’oro, di rami sottili, cortecce e tronchi svettanti, che trasferiscono allo spettatore tutto l’incanto e la delicatezza della natura selvaggia.
Ispirandosi alle opere di Henry David Thoreau, Porter ha creato scatti capaci di condurci in un mondo silenzioso eppure pieno di vita, in un percorso dal sapore fiabesco che rievoca le atmosfere piene di mistero dei libri dei fratelli Grimm. Piccoli soggetti che diventano protagonisti di grandi storie.
La passione che lo spinse a immortalare la natura intorno a sé nacque in lui da bambino, quando i genitori gli regalarono una piccola Kodak che egli usò per realizzare alcuni scatti nel bosco a ridosso della loro casa delle vacanze, nello stato del Maine. Una passione che Porter coltivò con costanza ma che non divenne da subito il suo mestiere. Fu soltanto all’età di 34 anni, mentre inseguiva una carriera come ricercatore in medicina ad Harvard, che ricevette da Ansel Adams, entusiasta dei suoi scatti, l’incoraggiamento che lo portò a investire in un’attrezzatura migliore e a dedicarsi a dare forma ai suoi primi, veri lavori, dai quali ricavò anche le prime soddisfazioni professionali.
La fotografia diverrà la sua vita solo nel 1939, quando lascerà definitivamente la carriera accademica e si specializzerà nell’uso del colore, elemento che costituisce il suo tratto caratteristico.
Nel 1941 arriverà a esporre al Guggenheim, consacrandosi così come fotografo di paesaggio e di piccoli volatili, dallo stile unico per la ricerca di luci e sfumature, incluse le più cupe. Una carriera da allora sempre in ascesa, fino ad essere definito, dallo stesso Ansel Adams, “Maestro dei colori della natura”.
«Ci perdiamo molto se abbiamo occhi solo per i colori brillanti. La natura dovrebbe essere vista indistintamente. Lei stessa non opera una scelta; tutto ciò che accade ha uguale significato. Non si può fare a meno di niente. Questo è un errore comune che fanno molte persone: pensano che metà della natura possa essere distrutta, la metà scomoda, pur conservando il lato accettabile e piacevole» (Elliot Furness Porter)
Emma Louisa Turner
Fotografa, ornitologa e scrittrice britannica, Emma Louisa Turner fu attiva tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900. Di lei sappiamo che proveniva da una famiglia della media borghesia di un piccolo villaggio del Kent e che fu la conoscenza di Richard Kearton, alla Royal Photography Society, a rivelarle il mondo della fotografia naturalistica. Un genere nuovo, a cui la Turner contribuì con numerose innovazioni e che la spinse, appena trentenne, a lasciare la casa dei suoi genitori per seguire la via che l’avrebbe condotta in pochi anni a divenire medaglia d’oro della Royal Photography Society e prima donna a rivestire il ruolo di ranger (“watcher”).
Le aree umide del Norfolk e in particolare Scolt Head Island – ancora oggi tra le più importanti riserve naturali del Regno Unito – fanno da sfondo alla sua opera: trasferitasi nella regione, Emma Louisa si dedicò a schedare, attraverso la fotografia, centinaia di volatili.
Una missione che la isolò dal mondo e la espose a diversi pericoli, regalandole sfide quotidiane – tra le quali procurarsi acqua potabile – e numerose soddisfazioni, come quella di aver documentato la presenza di una specie che si credeva non più nidificante in Inghilterra da oltre 30 anni, l’Airone Stellato (Botaurus stellaris).
La Turner si spostava tra le paludi utilizzando una piccola imbarcazione (che ribattezzò “Porciglione”, dal nome della prima specie volatile da lei fotografata), vivendo sulla barca stessa o in un piccolo rifugio insieme ai suoi fedeli cani, che le fornivano un importante supporto per il lavoro di individuazione degli animali. Ma non c’è solo il Norfolk nella sua storia: a lei si devono importanti scoperte legate alla fauna della Cornovaglia, della Scozia e dell’Olanda. Le sue fotografie costituiscono un modo nuovo, per l’epoca, di guardare alla ricerca scientifica: divengono infatti una risorsa per studiare gli esemplari senza nuocere loro e senza allontanarli dal loro ambiente, contribuendo così a preservare gli ecosistemi, e restituendoci, su pellicola, tutto l’incanto della vita animale.
Fotografa e ornitologa dunque, donna di scienza e scrittrice, Emma Louisa Turner è ricordata anche per aver contribuito all’elaborazione di strategie nuove per monitorare le popolazioni di uccelli, tra cui quelle basate sull’inanellamento, vale a dire l’applicazione di piccoli anelli sulle zampe degli esemplari, al fine di tracciarne i movimenti, la crescita e lo stato di salute nel tempo.
Saperenetwork è...
- Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.
Ultimi articoli
- Riquadrotagliomedio25 Settembre 2024Cinque economisti green che dovete conoscere – Parte seconda
- Politiche8 Luglio 2024Nuove regole sulla sostenibilità delle imprese, l’UE punta in alto
- Notizie20 Maggio 2024Amazzonia, il tasso di deforestazione è il più basso degli ultimi sei anni. Ma resta alta l’attenzione su degrado e sfruttamento
- Primo piano15 Aprile 2024Cinque economisti green che dovete conoscere