Cinque naturalisti italiani che dovete conoscere
Il 5 giugno ricorre la Giornata mondiale dell’ambiente e abbiamo pensato di festeggiarla con voi insieme alle figure, dal Rinascimento ai giorni nostri, che hanno segnato la storia degli studi naturalistici nel nostro paese
Cinque naturalisti internazionali che dovete conoscere
In principio fu Plinio il Vecchio, quello che si riconosce di solito come il primo naturalista della storia e che grazie alla “Naturalis historia” mise a disposizione degli studiosi del primo secolo d. C., con un’opera in trentasette volumi, le conoscenze scientifiche dell’epoca. Il suo fu il testo di riferimento fino al Rinascimento, quando cominciarono ad emergere figure di scienziati che hanno cambiato il modo di guardare ai fenomeni ambientali e acquisirono fama internazionale. Ma quali sono i cinque naturalisti italiani, dopo quelli di provenienza internazionale che vi abbiamo presentato qualche giorno fa, che dovete assolutamente conoscere? Ve li presentiamo per festeggiare insieme a loro la Giornata mondiale dell’ambiente che le Nazioni Unite hanno istituito, nel 1972, e che quest’anno ruota intorno al motto “È il momento della natura”.
Ulisse Aldrovandi
Nato nel 1522 in una nobile famiglia bolognese, Aldrovandi fu fra i più importanti scienziati del suo tempo e a lui si attribuisce la nascita dei musei naturalistici come ancora oggi li conosciamo. Attento osservatore e cronista del mondo che lo circondava, raccolse una notevole collezione di reperti di specie animali, vegetali e minerali. Avviato agli studi notarili e giuridici, decise di dedicarsi invece agli studi di Medicina e Filosofia che gli consentirono di ottenere, nel 1561, la prima cattedra di Scienze naturali dell’ateneo bolognese.
Appassionato studioso di botanica, fece in modo che il Senato bolognese istituisse, nel 1568, l’Orto botanico, il quinto in Italia, che Aldrovandi diresse per 38 anni dedicandosi alla raccolta, catalogazione e descrizioni di piante. Convinto che gli studenti dovessero vedere e toccare con mano ciò che imparavano sui libri, mise a disposizione la sua collezione di mirabilia dando di fatto vita al primo museo di storia naturale e imponendosi come figura di riferimento per i naturalisti del suo tempo, con i quali coltivò i rapporti e lo scambio di reperti. Alla sua morte, la sua vasta collezione, i cataloghi e le tavole descrittive che commissionava agli artisti furono donati al Senato di Bologna e sono oggi visibili nel Museo Aldrovandiano del capoluogo emiliano.
Francesco Redi
Francesco Redi era un nobile aretino riconosciuto come il primo medico ed entomologo che fece dell’osservazione sperimentale, applicando il metodo galileiano alla biologia, il caposaldo delle sue ricerche. Nato ad Arezzo nel 1626, dopo la laurea a Pisa in Filosofia e Medicina, entrò al servizio dei Medici diventando scienziato di corte e medico personale del granduca Ferdinando II e Cosimo III. Nella veste di scienziato-cortigiano trovò nella corte medicea la platea per le sue dimostrazioni, allestendo vere e proprie rappresentazioni delle sue scoperte e delle sue ricerche.
I suoi studi su parassiti animali e umani ne fanno il “padre” della parassitologia moderna, ma sono le sue osservazioni sulla generazione degli insetti che ne fecero una delle figure più importanti del suo tempo. Secondo i dettami aristotelici, infatti, era diffusa la credenza che insetti e altri animali si generassero spontaneamente. Redi invece dimostrò che le larve di mosca si formavano nella carne putrefatta solo dopo che vi erano state deposte le uova, e raccolse le sue osservazioni in Esperienze intorno alla generazione degl’insetti del 1668. Per dimostrare la sua teoria sull’innocuità dell’ingerire il veleno di vipera, non esitò a berlo egli stesso e pubblicò nel 1664 Osservazioni intorno alle vipere, che ebbe larga diffusione. Studioso anche delle lingue e della filologia, partecipò ai lavori dell’Accademia della Crusca e dell’Accademia del Cimento, dimostrando la versatilità e l’ampiezza delle sue conoscenze. In suo onore, un cratere da impatto su Marte porta il suo nome.
Antonio Stoppani
Prima che entrasse in uso il termine antropocene, la forza dell’uomo sulla natura e i cambiamenti che essa provoca erano stati descritti dal geologo, glaciologo e paleontologo Antonio Stoppani che aveva definito antropozoica l’era che la Terra vive dalla comparsa dell’uomo.
Nato nel 1924 in una numerosa famiglia lombarda, quinto di quindici figli, a undici anni entrò in seminario e nel 1848 venne ordinato sacerdote. Di idee liberali, convinto sostenitore dell’accordo fra Stato e Chiesa, partecipò alle Cinque giornate di Milano e alle lotte per l’indipendenza. Con il suo testo divulgativo Il Bel Paese del 1876, insieme a Cuore di De Amicis, contribuì a formare il sentimento d’unità della nascente Italia. Attraverso la descrizione della bellezza e varietà naturalistiche, mirava infatti a instillare nei giovani non solo la conoscenza ma l’orgoglio nazionale. Nonostante gli studi umanistici, si appassionò alla speleologia e alla geologia ricoprendo il ruolo di docente di queste materie all’Università di Pavia, Firenze e al Regio Istituto Tecnico di Milano. Nel 1881, espose all’Accademia dei Lincei, in presenza del re Umberto I e della regina Margherita, le sue osservazioni sulla regressione dei ghiacci alpini, non comprendendone però la portata né la gravità che solo adesso ci appaiono evidenti. Fra i primi paleontologi italiani, cercò di coniugare la sua fede con le teorie dell’evoluzione. Nella sua visione, la natura era un armonioso e ordinato disegno divino che era stato dato da studiare alle scienze moderne per comprenderne la grandezza. Sebbene alcune sue teorie sulle ere glaciali siano state dibattute e contestate, non se ne può negare il contributo come geologo e come primo fra i divulgatori italiani.
Eva Mameli Calvino
Madre del più famoso scrittore Italo, Eva Mameli Calvino è stata la prima donna italiana a ottenere la libera docenza universitaria in Botanica. Lasciata la natia Sardegna dove era nata nel 1886 e dove aveva concluso gli studi in Matematica, si laureò a Pavia in Scienze Naturali, divenendo ricercatrice e poi docente nello stesso ateneo. Le sue ricerche sulla fisiologia vegetale le procurarono una certa fama e una singolare proposta di matrimonio da parte dell’agronomo Mario Calvino, impegnato in un progetto di ricerca in Sud America.
Con il loro matrimonio nacque un sodalizio scientifico che ha permesso alla coppia di ricoprire un ruolo fondamentale negli studi agronomici fra le due guerre mondiali. Dopo l’esperienza americana, la coppia si trasferì infatti a Sanremo dove fondò nel 1930 la Società italiana amici dei fiori e la rivista Il giardino fiorito, che dirigerà insieme al marito fino al 1947. Lasciato l’insegnamento, Eva Mameli Calvino si dedicò a tempo pieno alla Stazione agronomica sperimentale occupandosi della coltivazione di specie agricole esotiche – introdusse infatti in Italia i kiwi – e della floricultura, settore strategico del ponente ligure, intensificando gli studi di genetica e fitopatologia delle piante ornamentali. È suo anche un progetto divulgativo, indirizzato ai bambini, sull’importanza della tutela degli uccelli utili all’agricoltura e figura fra i fondatori di uno dei primi movimenti in difesa di questi volatili. Con la ripresa economica, dopo la Seconda Guerra Mondiale, non mancò di mostrare la sua preoccupazione per le attività edilizie crescenti, il consumo di suolo, la perdita di specie. Grazie proprio al suo impegno nella conoscenza dell’adattamento e la difesa delle specie entra nel novero dei primi ambientalisti italiani.
Laura Conti
Non propriamente una naturalista, ma sicuramente madre del movimento ambientalista italiano è stata la friulana Laura Conti. Nata ad Udine nel 1921, si trasferì a Milano per frequentare la facoltà di Medicina. Nel 1944 entrò a far parte dei movimenti antifascisti e non lasciò più la sua attività politica che affiancò a quella di medico. La sua visione dell’ecologia e delle lotte ambientaliste integrava la difesa della natura con le lotte sociali.
Fu infatti attiva sostenitrice di politiche che favorissero la salute degli ambienti di lavoro, convinta che l’agire valesse più del solo studiare. A renderla una figura nota fu il suo impegno politico e divulgativo dopo l’incidente dell’Icmesa di Seveso che, nel 1976, causò la dispersione di una nube tossica di diossina con gravi ricadute sulle popolazioni locali. L’incidente le diede la possibilità di dimostrare quanto gli interessi privati non coincidessero con la difesa dell’ambiente e dei lavoratori. Partecipò alla fondazione, nel 1980, di quella che oggi è Legambiente, s’impegnò nelle battaglie per la sostenibilità ambientale delle produzioni e dei processi economici, prospettando un’integrazione tra politica e ricerca scientifica e sociale. Per tutta la sua vita fu prolifica scrittrice e conferenziera fra i primi a riflettere, sul piano nazionale, di limitatezza delle risorse e dei rischi di uno sviluppo industriale senza regole.
Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
Ultimi articoli
- Notizie13 Ottobre 2021Il vaccino Mosquirix approvato dall’Oms. Basterà a salvare dalla malaria?
- Attivismo15 Settembre 2021La lunga scia di sangue, dal Kenya alla Colombia, dei martiri ambientali
- Notizie23 Luglio 2021Ritorno sull’isola. Dal 28 al 31 agosto il campus della Scuola di ecologia
- Energia17 Giugno 2021Da comunità educante a comunità energetica. La transizione ecologica della Fondazione Famiglia di Maria