La quarantena abbatte lo smog. Ma in casa il pericolo sono i condizionatori

Le immagini satellitari confermano che le misure di contenimento della quarantena hanno abbattuto lo smog

La quarantena abbatte lo smog. Ma in casa il pericolo sono i condizionatori

Secondo uno studio dell’Institute of human virology di Baltimora il caldo estivo potrebbe arginare l’epidemia. Ma se così non fosse? Dovremmo passare l’estate in casa esponendoci a un altro rischio: gli impianti di raffrescamento che favoriscono patologie respiratorie virali

Tra le notizie tutt’altro che confortanti di questi giorni ne è circolata una che possiede un indicatore positivo. Le misure di contrasto al Covid-19 varate dai diversi Stati hanno ottenuto, infatti, un effetto “collaterale” insperato: il miglioramento della qualità dell’aria. Le immagini satellitari diffuse dalla Nasa e dall’Esa  hanno mostrato come il drastico freno posto alle attività umane abbia portato a ridurre le emissioni di diossido di azoto, quelle rilasciate da veicoli, centrali elettriche e impianti industriali.

 

Guarda il video dell’Esa sulla riduzione del diossido di azoto in Pianura Padana

 

È successo in Cina, sta succedendo nel Nord Italia e stiamo assistendo allo stesso fenomeno in tante altre zone del pianeta: la Bbc ha incrociato dati forniti dalla Columbia University e da altre fonti scientifiche, evidenziando come rispetto allo stesso periodo del 2019 il monossido di carbonio, emesso per lo più dalle automobili, sia diminuito del 50% come conseguenza della riduzione del traffico, in media del 35% su scala globale.

Sono buone notizie, purtroppo non sufficienti per rallegrarsi: la vera sfida sul piano politico è capire come conciliare una rinascita economica con la sostenibilità ambientale.

La comunità scientifica intanto indaga sul rapporto tra la diffusione dei virus e inquinamento:  la Sima ha diffuso un documento sul nesso tra la diffusione del Covid-19 e il particolato atmosferico, tra concentrazioni di Pm10 e numero di infetti. Mentre in queste giornate, quando osserviamo dalla finestra l’arrivo della primavera, confidiamo in un possibile effetto positivo – almeno in questo caso – dell’aumento delle temperature: tra le ipotesi c’è infatti quella che il virus sia stagionale.

 

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Certo, bisognerà capire se l’arrivo del caldo possa davvero contribuire all’arresto della pandemia. Sta di fatto che un gruppo di ricercatori dell’Institute of Human Virology di Baltimora (Usa) e del Global Virus Network, sotto la guida del professor Mohammad Sajadi, ha pubblicato un articolo su “Social Science Research Network” nel quale si evidenzia come la diffusione del Coronavirus stia avvenendo all’interno di una fascia compresa tra i 30 e i 50 gradi di latitudine nella quale, durante gli ultimi tre mesi, si sono registrate condizioni meteorologiche omogenee.

I ricercatori in particolare hanno osservato come il Coronavirus riesca ad alimentare focolai nelle zone con temperature comprese fra i 5 e gli 11 C° e con un tasso di umidità compreso tra il 47 e il 79%.

 

Fasce di temperatura omogenea sul pianeta
La mappa rappresenta la temperatura media da marzo ad aprile 2019 sul pianeta e permette di prevedere la zona a rischio per la trasmissione del Covid-19. Si tratta delle aree terrestri all’interno della fascia verde, nei cerchi in nero le zone con rilevante diffusione del virus. (Fonte: Ssrn, Climate Reanalyzer, Climate Change Institute, University of Maine, Usa. Elaborazione dell’immagine a cura di Cameron Gutierrez  Glenn Jameson)


Ma se l’aumento di temperatura non dovesse incidere sulla diffusione del virus?
Passeremo un’estate in casa? Nel caso si presenterebbe un’ulteriore insidia, vale a dire il raffrescamento domestico, un fenomeno ben raccontato da Antonio Cianciullo nel volume “Un pianeta ad aria condizionata” (Aboca Edizioni, 2019). Nel mondo sono stati installati 1,6 miliardi di condizionatori e l’International energy agengcy prevede che nei prossimi trent’anni arriveremo a quota 5,6 miliardi. In Italia, già nel 2015, il 30% delle famiglie ne aveva uno. Oltre a consumare il 10% di tutta l’energia elettrica globale e contribuire all’effetto serra, i condizionatori c’illudono di poter vivere rinchiusi in una bolla d’aria protetta e artificiale. Questo atteggiamento, oltre ai danni ambientali e sociali che provoca, esercita anche un notevole impatto sanitario.

 

Un bambino accanto a un condizionatore d'aria
Nel mondo sono installati 1,6 miliardi di condizionatori d’aria che consumano il 10% dell’energia globale

Le parole del virologo Fabrizio Pregliasco, citato sempre nel libro di Cianciullo, suonano fin troppo attuali:

«L’aria condizionata e i continui shock termici cui siamo sottoposti favoriscono la diffusione di virus respiratori e intestinali: in Italia si stimano ogni anno circa 100mila casi di forme respiratorie virali, cui si sommano 20-30mila casi di disturbi gastrointestinali da rotavirus e coronavirus».

Sono tutti fenomeni complessi su cui la comunità scientifica continua ad interrogarsi. Ma è chiaro che esiste un rapporto strettissimo fra inquinamento e salute, fuori e dentro casa. Che questa emergenza sia l’occasione giusta per capirlo?

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Daniele Pasquini
Daniele Pasquini
Daniele Pasquini, giornalista pubblicista, è laureato in Media e Giornalismo presso la Facoltà di Scienze Politiche di Firenze, si è occupato per anni di comunicazione culturale, collaborando con varie testate toscane, riviste letterarie, istituzioni pubbliche ed enti di formazione, svolge attività di addetto stampa. Appassionato di narrativa, ha pubblicato un romanzo e numerosi racconti. Il suo blog è daniepasquini.wordpress.com

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