Jurassic Park a Trieste, ecco il primo branco di dinosauri scoperto in Italia. Parla il ricercatore Alfio Chiarenza
Per la prima volta nel nostro paese è stato individuato un sito paleontologico di grande valore. Uno studio pubblicato su Nature, infatti, rivela a nord di Trieste i resti di un folto branco di dinosauri. Una scoperta importantissima, anche per il confronto evoluzionistico tra i diversi esemplari
La nostra penisola racchiude tanti tesori ma non tutti sanno che tra questi ci sono i reperti fossili di dinosauro. Più di vent’anni fa furono scoperti i primi resti isolati di questi animali preistorici, tuttavia, poco dopo, l’entusiasmo emerso si affievolì.
Ci sono voluti oltre due decenni affinché la storia dei dinosauri nostrani, e quella dell’intero bacino del Mediterraneo, venisse riscritta. Meno di un mese fa un gruppo di ricercatori di diverse università italiane ed internazionali ha pubblicato i risultati di una scoperta destinata a cambiare le sorti della paleontologia.
Dello studio An Italian dinosaur Lagerstätte reveals the tempo and mode of hadrosauriform body size evolution, pubblicato nella sezione Scientific Reports della rivista Nature il 4 dicembre scorso, ci parla il primo autore, il dottor Alfio Alessandro Chiarenza.
La vostra ricerca veramente conferma che l’Italia, per la prima volta in assoluto, ha un valido giacimento di fossili di dinosauro?
In realtà fossili di dinosauri sono cominciati a emergere sin da almeno gli anni ‘80, compresi quelli di Villaggio del Pescatore (piccolo borgo a Nord di Trieste, dov’è è stato rinvenuto il geosito di grande interesse paleontologico, ndr), oggetto del nostro studio. Inoltre, un vasto record di tracce fossili (per esempio le famose orme di Rovereto in Trentino o Altamura, in Puglia) ci hanno aiutato a ricollocare le terre che costituiscono il nostro territorio nazionale all’interno del contesto più ampio della paleo-geografia dell’antico Mediterraneo (che al tempo dei dinosauri era costituito da un oceano chiamato Tetide).
La novità è che adesso molti di questi esemplari straordinari, rinvenuti negli ultimi 30 anni a Villaggio del Pescatore sono finalmente descritti in dettaglio e resi parte di un’interpretazione più ampia che va dalla paleontologia alla biogeografia dell’area che occupa al giorno d’oggi.
Avere un giacimento con più esemplari, per di più conservati straordinariamente, è una notizia unica e straordinaria, oltre che una grande occasione per la paleontologia italiana.
Guarda il video del dinosauro “Antonio”
Cosa è emerso dal sito?
Diverse cose, per esempio che i fossili e il sito in cui sono stati trovati è vecchio di 80 milioni di anni, 10 in più di quanto ritenuto dagli studi precedenti. Questo permette di collocare l’area in un contesto diverso: in passato si riteneva che questa località fosse localizzata in una delle tante isole che popolavano l’area “proto-Mediterranea” alla fine del Cretacico.
Il periodo più antico invece coincide con una frammentazione più ridotta, e quindi alla possibilità che grazie ad aree di terra più estese, questa zona fosse terra di migrazioni per i gruppi di dinosauri che si originarono in Asia per disperdersi in Europa Occidentale, Africa o viceversa.
Altri dati sull’anatomia e la paleobiologia di questi animali sono inoltre stati consentiti dallo studio di Bruno, un esemplare molto completo di Tethyshadros, la specie di dinosauro precedentemente descritta sulla base di Antonio, un altro esemplare straordinariamente conservato e di aspetto più gracile e dimensioni più ridotte.
Questo confronto ha permesso di rivalutare alcune ipotesi sulla biologia di questi animali.
Quindi, a partire dai dati ricavati dall’analisi dei fossili, esattamente, a che conclusioni è giunto il vostro recente studio?
Per esempio, siamo riusciti a capire che Antonio, un esemplare relativamente piccolo (non superava i 4 m di lunghezza), non era una specie affetta da nanismo insulare, quel fenomeno evolutivo per cui i discendenti di grandi animali si riducono in dimensioni per adattarsi alle ridotte risorse delle isole, ma era probabilmente un giovane di questa specie, mentre Bruno, più grande e massiccio, era un adulto. Probabilmente quest’ultimo non aveva ancora ultimato il suo ciclo vitale, e magari alla morte avrebbe potuto raggiungere dimensioni anche maggiori (fra i 5 e i 6 m di lunghezza).
Quali sono le implicazioni per la paleontologia italiana?
Intanto lo studio mette al centro della scena paleontologica mondiale il sito di Villaggio del Pescatore.
Per la prima volta possiamo testare nuove ipotesi sull’evoluzione e la paleobiologia di questi animali utilizzando dei reperti nostrani, permettendo un confronto fra diversi individui.
Se dal sito riusciamo a contare almeno 7 esemplari di Tethyshadros, forse ne sono presenti addirittura 11, incluso un altro scheletro completo, soprannominato Zdravko, che aspetta solamente di essere scavato e preparato.
Guarda il video di Jurassic Park
In conclusione, qualche anticipazione sulle prospettive future?
Oltre a quello citato sopra, un intero ecosistema rappresentato da pesci, coccodrilli, gamberetti, piante e persino altri dinosauri aspetta solo di essere trovato, preparato e studiato.
Sarà interessante ricostruire un’immagine sempre più vivida durante il Mesozoico, ma soprattutto utilizzare questi dati come chiave di volta per comprendere diverse questioni evoluzionistiche e biologiche riguardanti questi interessanti e carismatici animali del tempo profondo.
Saperenetwork è...
- Laureato presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza" in Scienze Ambientali prima, e in Ecobiologia poi. Attualmente frequenta, presso la medesima università, il corso di Dottorato in Scienze Ecologiche. Divulgare, informare e sensibilizzare per creare consapevolezza ecologica: fermamente convinto che sia il modo migliore per intraprendere la via della sostenibilità. Per questo, e soprattutto per passione, inizia a collaborare con diverse testate giornalistiche del settore, senza rinunciare mai ai viaggi con lo zaino in spalla e alle escursioni tra mare e montagna
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