L’invasione delle gazze marine nei mari italiani. L’opinione di Rosario Balestrieri

La Gazza marina è una specie tipica del Nord Europa (Foto: Rosario Balestrieri)

L’invasione delle gazze marine nei mari italiani. L’opinione di Rosario Balestrieri

Centinaia di esemplari dell’uccello marino, tipico del Nord Europa, sono venuti a svernare sulle coste italiane e del Mar Mediterraneo. Il ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli ci spiega modalità ed origini di questo fenomeno biologico senza precedenti

Durante l’inverno che si è appena concluso le coste dell’Italia e di gran parte del Mediterraneo hanno visto un massiccio arrivo di un uccello marino visitatore dal Nord Europa: la gazza marina (Alca torda). Rosario Balestrieri, ricercatore alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli e segretario del Centro Italiano di Studi Ornitologici, sta studiando con alcuni colleghi questo fenomeno ecologico. Inoltre ha recentemente pubblicato un articolo riguardante questo evento sulla rivista scientifica “Animals”. La figura giusta, insomma, per mettere a fuoco questo fenomeno.

 

Rosario Balestrieri è ricercatore alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli
Rosario Balestrieri è ricercatore alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli

 

Dottor Balestrieri, cosa sono le gazze marine?
Sono uccelli pelagici lunghi circa 40 centimetri, appartenenti alla famiglia degli Alcidi, gruppo di uccelli marini di cui fan parte anche i più famosi pulcinella di mare (Fratercula arctica, ndr). Proprio dagli Alcidi deriva il nome di “pinguino”, che fu dato ad un suo rappresentante ormai estinto a causa dell’uomo, l’alca impenne (Pinguinus impennis, ndr). Quando successivamente si scoprì l’Antartide, il nome fu applicato anche ai più famosi uccelli dell’emisfero Sud, a causa della loro somiglianza fisica con gli Alcidi. Infatti entrambi i gruppi, per convergenza evolutiva, sono piuttosto specializzati nel nuoto in mare ed hanno un aspetto goffo con andatura impacciata sulla terraferma, sebbene non siano tassonomicamente imparentati.

Dove vivono? Si possono osservare nel Mediterraneo ed in Italia? E in quale quantità di solito?
Questa specie nidifica sulle coste nel Nord dell’Atlantico e nel Mare del Nord. Di norma gli esemplari svernano più a Sud, come nel Mediterraneo, dove entrano dallo Stretto di Gibilterra con una popolazione di circa 4.000 individui, che lambisce le coste meridionali della Spagna, della Francia e raramente il Mar Ligure con cinque o sei osservazioni l’anno.

Quale è la loro funzione negli ecosistemi?
La gazza marina è un ittiofago obbligato, quindi si alimenta esclusivamente di pesce, soprattutto pesce azzurro, che cattura con immersioni di circa un minuto fino a 100 metri di profondità. Di conseguenza, è un regolatore delle popolazioni delle specie che essa preda.

 

 

 

Ma si tratta di una specie a rischio?
In un lavoro dell’Università di Cambridge hanno calcolato l’effetto dei cambiamenti climatici sugli uccelli marini pelagici, tra cui la gazza marina: quello che emerge è che questa specie nei prossimi decenni perderà circa l’80% di idoneità ambientale dei siti riproduttivi. Quindi, sebbene questo animale al momento non sembri a rischio, col riscaldamento climatico in futuro potrebbe esserlo.

Si parla di una vera e propria invasione della gazza marina durante i mesi scorsi in Italia e nel Mediterraneo. Perché?
Innanzitutto, bisogna fare delle precisazioni sul termine “invasione”, in quanto con esso di norma si intende un fenomeno negativo, quasi violento. In ornitologia invece esiste il termine migrazioni d’invasione, fenomeno per cui una specie occupa territori in cui non era mai stata in precedenza o comunque mai con numeri elevati. Infatti, lungo le coste di diverse regioni italiane, per esempio, sono stati registrati fino a 700 esemplari al giorno durante questo inverno, a fronte delle osservazioni limitate solo alla Liguria degli anni scorsi. Inoltre, la specie è stata rilevata in luoghi nel Mediterraneo in cui non era mai stata avvistata prima, come Croazia, Grecia e Nord Africa.

Rappresentazione cartografica delle osservazioni di Gazza marina in Italia nell’inverno 2022-2023
Le osservazioni di Gazza marina in Italia nell’inverno 2022-2023. I puntini verdi indicano esemplari rinvenuti vivi, quelli rossi i deceduti (Fonte: . www.mdpi.com/2076-2615/13/4/656. Foto di Rosario Balestrieri)

 

Lei ha recentemente pubblicato un articolo su di una rivista scientifica di alto livello, ci potrebbe dire che cosa ha scoperto studiando le gazze marine?
Al momento abbiamo pubblicato un lavoro riferito all’Italia ed aree del Mediterraneo nuove per la specie, come Croazia, Grecia e Nord Africa. Per il futuro stiamo collaborando con Portogallo e Spagna per avere un quadro più completo a livello dell’intero bacino del Mediterraneo e per capire al meglio i motivi di questo fenomeno biologico. L’aspetto più interessante del nostro articolo  non è solo legato all’aver descritto, seguendo il fenomeno in tempo reale, la distribuzione della specie nel Mar Mediterraneo, oppure il fatto che ci siamo affidati a reti di rilevatori, associazioni, professionisti ed alla Citizen Science, ma anche all’aver utilizzato i social media, come ad esempio TikTok, YouTube, Facebook ed Instagram. In sostanza, cercando su queste piattaforme tutti i modi con cui poteva essere chiamata volgarmente la gazza marina, per esempio “pinguino”, dalle persone comuni, anche in inglese, utilizzando pure gli hashtag, abbiamo trovato tantissimi dati.

Quindi questa è stata una delle prime volte in cui sono stati usati i social per descrivere un fenomeno biologico su ampia scala, valorizzandone una nuova funzione, diversa da quella ludica con cui di solito vengono etichettati o a cui vengono adibiti.

 

Grafico a torre con percentuale delle osservazioni di Gazza marina in Italia nell’inverno 2022-2023 in ogni regione (Totale = 238. Fonte: www.mdpi.com/2076-2615/13/4/656)
Percentuale delle osservazioni di Gazza marina in Italia nell’inverno 2022-2023 in ogni regione (Totale = 238. Fonte: www.mdpi.com/2076-2615/13/4/656. foto di Rosario Balestrieri)

 

Come mai è importante capire le cause che hanno portato a questo fenomeno? Quali potrebbero essere state? Che impatti potrebbero avere sull’uomo?
È importante comprendere il perché di questi fenomeni, non tanto perché possono avere impatti sull’uomo, come nel caso delle invasioni di locuste, ma per capire se possano essere causati dalle attività umane. Per esempio potrebbe essere importante capire se l’aumento delle temperature superficiali dei mari possa aver indotto ad una distribuzione diversa delle risorse ittiche, costringendo quindi le gazze marine a svernare altrove, o se semplicemente ci siano stati dei fenomeni meteorologici estremi nei giorni precedenti all’invasione, tra cui alcuni sulle coste atlantiche del Portogallo, che potrebbero aver portato ad un massiccio movimento degli animali alla ricerca di rifugio nel più calmo Mediterraneo. Al momento non si sa dunque quale sia stata l’origine esatta del fenomeno, o se ci sia stata una concausa di più fattori.

 

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Quale sarà la sorte delle gazze marine nei prossimi anni, considerando anche i cambiamenti climatici? Avremo ulteriori invasioni?
Storicamente ci sono state altre invasioni, ad esempio in Italia meridionale tra fine Ottocento ed inizio Novecento e gruppi cospicui in Toscana ad inizio anni Ottanta. In questi casi erano tutte incursioni singole, relegate ad un singolo inverno, e su scala sempre regionale. Se le gazze marine, dopo quest’ultima invasione invernale 2022-2023, tornassero il prossimo inverno, vorrebbe dire che le modificazioni ambientali sono state talmente importanti da aver completamente cambiato l’areale di svernamento delle gazze marine.

Saperenetwork è...

Emanuele Crepet
Emanuele Crepet
Laureando magistrale in Biogeoscienze all’Università degli Studi di Milano, si è avvicinato al giornalismo ambientale frequentando nel 2022 il corso di giornalismo ambientale e culturale di Sapereambiente. Appassionato zoologo da sempre, attualmente conduce attività di ricerca e divulgazione nei campi dell’ornitologia e dell’aracnologia, anche in collaborazione con parchi, musei ed enti vari, tra cui il Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza, il Museo Civico di Storia Naturale di Cremona e l’associazione Aracnofilia-Associazione Italiana di Aracnologia. Attualmente risiede a Cremona.

Sapereambiente

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