Cinque economisti green che dovete conoscere – Parte seconda

Cinque economisti green che dovete conoscere – Parte seconda

Sistemi economici decentralizzati e a misura delle persone, beni comuni, visioni a lungo termine, gestione delle risorse in modo che le necessità economiche non compromettano quelle ecologiche, sono alcune delle teorie della nuova cinquina verde delle scienze economiche

Continua il viaggio tra i pensatori “verdi” delle scienze economiche. Figure protagoniste, capaci di ispirare evoluzioni di pensiero e avanzamenti verso la realizzazione di società più giuste, puntando su una redistribuzione equa delle ricchezze, sullo sviluppo di tecnologia pulita e sull’implementazione di modelli solidali.

 

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Elinor Ostrom

Elinor Clair Awan, è stata la prima donna a vincere il Nobel per le scienze economiche, nel 2009. Nata a Los Angeles nel pieno della Grande Depressione, proveniva da una famiglia di artisti (il padre era scenografo, la madre musicista) che sbarcavano il lunario con piccoli lavori. L’economista racconterà spesso di essere sopravvissuta anche grazie al giardino della loro piccola casa in periferia, capace di fornire frutti e ortaggi utili a sfamare tutta la famiglia. Grazie a una borsa di studio, riceve un’eccellente istruzione, ma è vittima di bullismo a causa delle sue origini ebraiche e di una lieve forma di balbuzie. Saranno proprio le sfide che affronterà in questo periodo a metterla sulla giusta strada: partecipando alle gare di dibattito del liceo, oltre a migliorare la sua oratoria, inizierà a coltivare l’amore per le tematiche sociali. Si laureerà in scienze politiche alla University of California, Los Angeles, dove, nel 1965, completerà anche il dottorato.

 

Elinor Ostrom
Elinor Ostrom (Foto: Prolineserver, Wikimedia Commons)

 

Mentre persegue la carriera accademica, conosce il futuro marito, il politologo Vincent Ostrom, del quale assumerà il cognome e con il quale condividerà, negli anni, numerose ricerche. Nel 1973 daranno vita insieme a un gruppo di lavoro permanente e interdisciplinare presso l’Università dell’Indiana, dedicato alla valorizzazione dei contesti socioecologici. Elinor Ostrom insegnerà, inoltre, presso la School of Public and Environmental Affairs. Nel 1990 viene pubblicato il suo lavoro più famoso: “Governing of the Commons”, dedicato alla governance solidale e condivisa delle risorse naturali, che vanno considerate come “beni comuni”. Lo studio di Ostrom si concentrerà sulle caratteristiche delle risorse naturali – come foreste, acqua, suolo – e sulle modalità che portano al depauperamento e alla compromissione dei naturali meccanismi di rigenerazione delle stesse. Sviluppare dei modelli e delle leggi che possano supportare le società nelle scelte di gestione delle risorse, in modo che le necessità economiche non compromettano quelle ecologiche, sarà l’obiettivo primario delle sue ricerche, le quali, in un mondo che scivola verso crisi climatica e ambientale, assumono sempre maggior significato.

Dobbiamo imparare ad affrontare la complessità, piuttosto che rifiutarla.” Elinor Ostrom

Tim Jackson

Tim Jackson, professore di Sviluppo Sostenibile alla University of Surrey e fino al 2016 Direttore del Centre for Understanding of Sustainable Prosperity, si è laureato in matematica a Cambridge e in filosofia alla University Western Ontario, conseguendo poi un dottorato in fisica alla St Andrew University. Sostituire il concetto di crescita con quello di benessere: è questo il mantra dell’economista britannico che, oltre a insegnare in numerose università nel Regno Unito e in Belgio, ha lavorato anche per il governo britannico e per le Nazioni Unite.

 

Tim Jackson
Tim Jackson (Foto: Heinrich-Böll-Stiftung, Wikimedia Commons)

 

Non sempre, afferma, crescita economica e felicità vanno di pari passo. Se è vero che l’obiettivo centrale di una società deve essere quello di promuovere il benessere dei cittadini, occorre indagare più a fondo quali siano le reali esigenze delle comunità umane e in che modo i modelli economici del capitalismo distruggano opportunità preziose che porterebbero al soddisfacimento di questi bisogni. La visione di Jackson è provocatoria e tagliente, quanto realistica: il sistema economico, così come è stato concepito, è “tossico”, in quanto basato su un assunto errato, ovvero che si possa disporre infinitamente di risorse finite. Il capitalismo è additato come causa di inaccettabili diseguaglianze. Redistribuire la ricchezza e rivedere i modelli di sviluppo perché seguano e rispettino le regole dell’ecologia, sono imperativi assoluti, passi necessari verso la costruzione di società eque e giuste. In caso contrario, lo scotto da pagare rischia di essere una spirale negativa di aumento dei costi delle risorse, insicurezza, conflitti. Per realizzare un nuovo modello, però, occorre imparare a “vivere bene con meno”, rinunciando alla “favola della crescita infinita”, lavorando meno, consumando meno, puntando su stili di vita basati su condivisione, creatività, lentezza. In fondo, “c’è vita dopo il capitalismo” – come si legge in uno dei suoi libri più famosi (“Post Growth: Life After Capitalism”).

Joan Martinez Alier

L’economista spagnolo Joan Martinez Alier è tra i maggiori esponenti viventi dell’economia ecologica. Membro fondatore della International Society for Ecological Economics e docente presso l’Universitat Autònoma di Barcellona, è stato ricercatore a Oxford. Teorico della decrescita e studioso di ecologia politica, all’interno dei suoi studi interdisciplinari integra scienza e umanesimo. La sua ricerca ingloba, così, campi apparentemente molto diversi, dall’antropologia alla geografia, dalla politica alla biologia. Tutte materie, sostiene, indispensabili per lo sviluppo di metriche nuove, necessarie alla rivoluzione verde.

 

Joan Martinez Alier
Joan Martinez Alier (Foto: Yoytube, @holdbergprize)

 

Senza una visione che riconosca le molte sfaccettature del legame tra natura e società, è di fatto impossibile arrivare a comprendere gli errori dei modelli economici e le opportunità che una nuova economia può porre sul piatto. Occorre, inoltre, compiere uno sforzo per sviluppare visioni a lungo termine, immaginando scenari nei quali ambiente ed essere umano fioriscono all’unisono. Martinez Alier punta, inoltre, il dito contro il debito ecologico che le nazioni sviluppate hanno contratto nei confronti delle nazioni più povere, sfruttandone le risorse e promuovendo ingiustizie e diseguaglianze. Nel suo “The Environmentalism of the Poor” (L’ambientalismo dei poveri), dedicato al tema della giustizia sociale, il professore sottolinea il legame tra un ambiente sfruttato e una società instabile e ineguale, mettendo così in discussione il tradizionale assunto secondo il quale aumentare il livello di sviluppo delle nazioni più povere equivale a peggiorare la crisi ambientale. Una soluzione efficace per il benessere di tutti, invece, esiste, afferma Martinez Alier, ed è nel promuovere modelli di sviluppo ecologici.

Jeremy Rifkin

Nato a Denver nel 1943, Jeremy Rifkin è tra gli esponenti contemporanei più di rilievo (e al tempo stesso più discussi) nella cornice della Green Economy, nonché il maggiore teorico della terza rivoluzione industriale. La sua visione, ottimistica sul ruolo che le tecnologie giocheranno nella costruzione dell’economia del futuro, si basa sulla combinazione di nuove politiche sociali, promozione della ricerca e automazione dei processi. In particolare, i suoi modelli mirano all’implementazione di politiche energetiche che promuovano l’utilizzo delle rinnovabili, investendo in tecnologie nuove, come quelle basate sull’idrogeno, e allo sviluppo di schemi di condivisione e automazione, che portino a connettere i dispositivi elettronici (puntando sull’Internet delle Cose o IoT) per ridurre gli sprechi – senza dimenticare i benefici per la crescita dell’economia circolare. Lavori che hanno influenzato le politiche di sostenibilità di numerosi paesi.

 

Jeremy Rifkin
Jeremy Rifkin (Foto: Wikimedia Commons)

 

Ma Rifkin propone anche forme sociali basate sulla cooperazione e la distribuzione delle risorse (sharing economy), favorite da tecnologie che stimolino la decentralizzazione e l’avvento di una nuova era di resilienza, costruita sulla valorizzazione delle peculiarità. Teorico del Green Deal globale, ovvero della necessità di un piano comune per far fronte all’emergenza ambientale attraverso l’innovazione, Rifkin è anche attivista per i diritti degli animali e contro tutte le guerre, che ritiene strettamente connesse a un’economia basata sui combustibili fossili e sulla scarsità generata da un utilizzo scriteriato delle risorse della Terra.

Ernst Friedrich Schumacher

L’economista tedesco Ernst Friedrich Schumacher nasce a Bonn, nel 1911. Figlio di un docente di politica economica, a causa della sua opposizione al governo di Hitler si trova costretto a lasciare la Germania, rifugiandosi nel Regno Unito, dove vivrà fino alla morte. Grazie agli studi a Oxford e alla Columbia University di New York, e agli scambi con John Maynard Keynes, Schumacher sviluppa la sua personale visione, integrando economia, ambiente e cultura. Nel 1955 si reca in viaggio nel sud-est asiatico, dove assorbirà visioni e prospettive tipiche del pensiero ecologico buddhista, impressioni che riporterà all’interno dei suoi studi sulla “Buddhist Economics”.Ispirato da questa esperienza e dall’osservazione della gestione buddhista delle risorse (la quale privilegia l’utilizzo di quanto già presente in loco, riducendo gli sprechi e rinunciando ad accumulare) e dal ruolo che il lavoro svolge nel promuovere la dignità umana, il suo libro più famoso, “Piccolo è bello”, prende vita nel 1973.

 

Ernst Friedrich Schumacher
Ernst Friedrich Schumacher

 

Il pensiero di Schumacher sarà anche arricchito da influenze cattoliche, con particolare riferimento alle teorie distributiste. Egli, a sua volta, sarà di ispirazione per la nascita dei movimenti “no global”, grazie a una visione che privilegia la moltitudine di espressioni locali. L’economista tedesco proporrà, infine, la necessità di una riforma delle modalità di insegnamento (a lui verrà intitolato l’istituto britannico Schumacher College, che offre corsi di laurea che integrano scienze sociali ed ecologia). La sua visione di economia è a misura di essere umano: un modello decentralizzato, un’esperienza comune all’interno della quale “le persone possano contare davvero”. A questo dovrà affiancarsi l’utilizzo di tecnologie “appropriate” (ovvero, che utilizzino poche risorse e si pongano in armonia con l’ambiente, migliorando al tempo stesso il benessere delle comunità).

L’aumento delle evidenze di un deterioramento dell’ambiente, in particolare nella natura vivente, mette in discussione l’intera visione dell’economia.” – Ernst Friedrich Schumacher

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Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti
Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.

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