Il 14% del cibo finisce nella spazzatura. I dati di Waste Watcher sullo spreco alimentare
Un’indagine in otto paesi, con un questionario strutturato di circa 20 domande per un totale di 8000 cittadini coinvolti. Per capire le abitudini di consumo, con l’obiettivo di prevenire lo spreco di cibo e le sue conseguenze ambientali
Circa il 14% dei prodotti alimentari va perso in tutto il mondo, ogni anno, prima di raggiungere il mercato, per un valore in perdite alimentari pari a 400 miliardi di dollari. A questo importo vanno aggiunti gli sprechi, sia a livello di distribuzione e commercializzazione del cibo, sia a livello di consumo, nei ristoranti e nelle nostre case. E’ uno dei dati che emergono da Cross Country Report: il rapporto che la campagna Spreco Zero ha presentato stamattina presso la sala della Stampa Estera a Roma, in collaborazione con Ipsos e con l’Università di Bologna.
Al cattivo utilizzo dei prodotti alimentare si aggiunge il danno, conferma la ricerca uscita in concomitanza con la seconda Giornata internazionale di consapevolezza sulle perdite e gli sprechi alimentari istituita dall’Onu per il 29 settembre. Sotto il profilo dell’impatto ambientale, infatti, le perdite e gli sprechi di cibo sono responsabili dell’8% delle emissioni globali di gas a effetto serra. La lotta ai cambiamenti climatici passa, quindi, anche per quello che mettiamo o non mettiamo nei nostri piatti.
L’indagine è stata realizzata da Waste Watcher, International Observatory on Food & Sustainability in otto paesi (Italia, Spagna, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Cina).
“Vi è una correlazione – ha analizzato Enzo Risso, direttore scientifico Ipsos – tra l’indice di fiducia del consumatore e il tasso di spreco alimentare individuale”. Infatti, nei paesi dove si registra un’alta propensione al consumo, come Cina e Stati Uniti, maggiore è anche lo spreco di cibo.
Fra le cause del fenomeno della perdita di cibo, si annoverano i danni legati alla manipolazione nelle diverse fasi del ciclo di commercializzazione, l’inadeguatezza delle modalità di trasporto e dell’immagazzinamento, la scarsa capacità lungo la catena del freddo, le condizioni atmosferiche estreme, l’esistenza di norme di qualità sull’aspetto esteriore, l’assenza di abilità di pianificazione e competenze culinarie tra i consumatori.
Se si riducessero le perdite o gli sprechi alimentari si riuscirebbe a garantire maggiore disponibilità di cibo per tutti i cittadini del mondo, verrebbero ridotte le emissioni di gas serra, si allenterebbe la pressione sulle risorse naturali e si potenzierebbero la produttività e la crescita economica.
“L’indagine – ha spiegato Andrea Segrè, docente di Politica agraria internazionale all’Università di Bologna e fondatore della campagna Spreco Zero – vuole contribuire a tracciare un’istantanea dei cittadini del mondo e delle loro abitudini, per contribuire alla sensibilizzazione globale e a una indifferibile svolta culturale nei comportamenti del quotidiano sul tema dello spreco alimentare. Una questione che i cittadini, ma anche e soprattutto le governance del pianeta, devono affrontare in modo strutturale, all’alba del Terzo millennio”.
Saperenetwork è...
- Studentessa di Scienze Biologiche, appassionata del comportamento animale e dell’adattamento vegetale, in relazione ai processi evolutivi e ai cambiamenti ambientali. Nel tempo libero studia danza classica, moderna e acrobatica, con particolare entusiasmo per i tessuti aerei. Animale preferito: il cane, ma in casa ha un coniglio.
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