Pet therapy, la via della salute nel rapporto con gli animali
Sappiamo istintivamente che il rapporto con le specie domestiche ottiene effetti positivi. Ma cosa dice la scienza a riguardo? L’opinione di Francesca Cirulli e Cinzia Correale, psicologhe e ricercatrici impegnate nel campo delle terapie assistite
Nei giorni stranianti della quarantena per molti la compagnia di un animale domestico è stato un balsamo utile a lenire gli effetti dell’isolamento forzato. Istintivamente capiamo che il nostro rapporto con gli animali ci fa bene, ma cosa dice la scienza al riguardo? Sappiamo che esistono da anni le cosiddette pet therapy, note anche come terapie assistite. Ma quanto si è sviluppata la ricerca in quest’ambito?
Rapporto emozionale
È da cinquant’anni che la comunità scientifica raccoglie evidenze sugli effetti positivi, fisici e psicologici, del rapporto fra uomo e animale domestico. Spiega Francesca Cirulli, primo ricercatore presso il Centro per le scienze comportamentali e la salute mentale dell’Istituto superiore di sanità ed esperta designata per redigere le Linee guida in materia di Terapie assistite dagli animali:
«Le primissime ricerche negli anni ‘70 sui benefici per la salute degli animali da compagnia riguardavano persone che avevano avuto un infarto e che erano state seguite nel periodo di ritorno a casa, dopo il ricovero in ospedale. È stato osservato che, effettivamente, chi possedeva un cane presentava una maggiore sopravvivenza».
Questo, continua la dottoressa Cirulli, è dovuto a diversi fattori: «Prima di tutto c’è lo stile di vita che, chiaramente, obbliga a camminare di più per portare a passeggio il cane e a interagire socialmente. C’è poi il rapporto emozionale con l’animale, che smuove tutta una serie di sistemi neurochimici legati al nostro benessere emotivo, attivando quei centri del nostro sistema limbico che sono proprio legati all’emozionalità. E ormai sappiamo che il nostro benessere fisico dipende anche dal nostro benessere mentale».
Amici che ci proteggono
Un aspetto sostanziale riguarda la protezione psicologica: «Un pet può proteggere il suo umano da ansia, depressione e apatia, stati che possono portare anche a un decadimento cognitivo, per mancanza di stimoli o motivazione, o a un decadimento fisico, peggiorando la nostra qualità di vita e accorciando la nostra esistenza» spiega dal canto suo Cinzia Correale, psicologa e ricercatrice presso l’ospedale Bambin Gesù di Roma, consulente per il Dipartimento delle Scienze comportamentali e la salute mentale dell’Iss, docente in corsi di formazione in materia di Interventi assistiti con gli animali. Alcune specie, come cani, gatti, conigli, cavalli e asini sono particolarmente utili sul piano terapeutico. Tutte specie che hanno in comune la domesticazione: sono state selezionate dall’uomo in base al loro comportamento e alla loro capacità d’interagire, condividendo così con gli stessi esseri umani una lunga storia evolutiva.
«Naturalmente il coinvolgimento di una specie o di un’altra dipende dall’obiettivo terapeutico – sottolinea la Correale – Ad esempio, sappiamo che il cane ha un’ottima socialità ma in ogni razza ci sono caratteristiche diverse, fisiche e attitudinali, di cui tener conto. Oppure il cavallo avrà moltissime potenzialità nel campo della riabilitazione motoria».
Ancore di socialità
Gli animali, in una situazione come quella che stiamo vivendo, diventano per di più un elemento portante della socialità. «Gli animali ci stanno garantendo, in questo momento, il nostro spazio di normalità, una funzione che va oltre i benefici ormai studiati e dimostrati» prosegue Cinzia Correale. Una dimensione importantissima soprattutto per i bambini, il cui “lavoro” dovrebbe essere proprio quello di socializzare: «Ecco che l’animale, in questo frangente, restituisce un rapporto di grande valore, aiutando nello sviluppo dell’empatia ma anche dando un contributo sotto il profilo emotivo e cognitivo».
Scambio reciproco
Quando si tratta di terza età, poi, la presenza di un animale domestico può diventare decisiva:
«L’animale per gli anziani è ancora di più un motivo di connessione, da una parte con il mondo esterno e dall’altra con la propria vita – riprende la Cirulli – Può essere proprio l’anello di congiunzione con altre fasi della propria esistenza, da un punto di vista simbolico».
Sono i cani in particolare a migliorare lo stato sociale, comportamentale, psicologico e fisico sia degli anziani indipendenti, sia di quelli che vivono all’interno di residenze, come dimostra la metanalisi scientifica condotta proprio dalla dottoressa Cirulli a partire da studi pubblicati tra il 1980 e il 2018 su questo tema. Bisogna però che l’anziano sia in grado di accudire il proprio pet sapendo che esistono anche risvolti potenzialmente negativi di questa esperienza: il proprietario potrebbe ammalarsi oppure subire una regressione, tanto da impedirgli di prendersi cura dell’animale». A questo proposito, la dottoressa è chiara: «È importante che si valutino anche i bisogni degli animali, perché il rapporto funziona quando è garantito il benessere di entrambe le parti».
Guarda l’intervista a Cinzia Correale durante il convegno su Pet therapy e disabilità infantile
Esperienze in corsia
Un ulteriore contesto di applicazione è quello degli ospedali dove gli operatori sanitari agiscono in prima linea e quando tornano a casa rimangono isolati. L’animale domestico diventa l’unico elemento di congiunzione familiare: «Negli Stati Uniti – racconta la dottoressa Cirulli – gli animali sono già presenti negli ospedali per dare aiuto e sostegno al personale medico-sanitario, in Italia siamo un po’ indietro sotto questo punto di vista e la burocrazia non aiuta. C’è, però, l’ospedale Niguarda di Milano che ha attivato un percorso di ippoterapia per il personale sanitario impegnato nell’emergenza legata al Sars-CoV-2. Inoltre, credo che gli interventi assistiti dagli animali saranno ancora più rilevanti nella fase 2, in cui dovremo fronteggiare un pesante carico di ansie e paure».
Guarda il video sull’esperienza al Niguarda di Milano
Alleati nella fase 2
Già, la fase 2. In che modo i pet potranno essere utili nel periodo ci attende, quello di riapertura al mondo?
«Finché sei in casa ti senti al sicuro perché quel mostro, il virus, sta fuori. È quando esci che inizi ad avere la paura di contaminarti, un timore che diventa anche paura dell’altro come potenziale elemento di contagio. I nostri animali questa paura non ce l’hanno» chiosano all’unisono le due studiose.
E allora saranno loro, forse, i nostri animali a riaccompagnarci nel mondo, ad aiutarci nel prendere le misure l’uno con altro senza escluderci, ad annusare di nuovo la realtà riprendendo fiducia nel domani.
Saperenetwork è...
- Laureata in Scienza e Tecnologie per la Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali, dottore di ricerca in Geomorfologia e Dinamica Ambientale, è infine approdata sulle rive della comunicazione. Giornalista pubblicista dal 2014, ha raccontato storie di scienza, natura e arte per testate locali e nazionali. Ha collaborato come curatrice dei contenuti del sito della rivista di divulgazione scientifica Sapere e ha fatto parte del team della comunicazione del Festival della Divulgazione di Potenza. Ama gli animali, il disegno naturalistico e le serie tv.
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