A passo lento, nei colori del Delta. Dove il Po si mescola al mare
Un viaggio nel Parco del Delta del Po, tra bellezze inimmaginabili, itinerari culturali, ecosistemi complessi e antiche tradizioni. Musei, scavi archeologici, birdwatching e guide naturalistiche, un itinerario per chi vuole immergersi nella natura. Anche sulle due ruote
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Ritrovare la lentezza della natura e del fiume che scorre, attardarsi a guardare un volo di aironi bianchi sulle risaie, spiare dietro un cespuglio il regale incedere dei fenicotteri rosa. E poi il colore dell’acqua: azzurra e limpida quella del mare, scura e misteriosa in laguna e le sfumature del verde che dall’argenteo delle piante pioniere, primo avamposto vegetale di fronte al mare, arrivano al verde blu dei pini marittimi dalla scagliosa corteccia rossa.
Una visita nel Parco regionale veneto del Delta del Po è un’immersione in una natura luminosa dalle mille sfumature che cambiano guidate dal sole, che scandisce il ritmo lento al quale lasciarsi andare. Un ritmo naturale che si ritrova nel lavoro della gente del Polesine, in una terra dove fiume e uomo vivono a stretto contratto, in una simbiosi che diventa risorsa e cura della biodiversità, tra orti di mare, valli di pesca e distese di terre sottratte alle acque che preservano un eccezionale tesoro faunistico e floristico. E allora lasciamoci attirare e guidare dai colori che riempiono gli occhi e l’anima di bellezza.
Una natura luminosa
Partiamo alle prime luci dell’alba per raggiungere il mare. Il cielo rosa si specchia nell’acqua, ma ecco che la macchia rosa più intensa dei fenicotteri appare davanti a noi. Poco più avanti, nel fresco del mattino, incontriamo il candore degli aironi bianchi maggiori e la livrea bianca e nera delle avocette dal lungo becco ricurvo per pescare nei bassi fondali limacciosi.
Mentre ci avviciniamo sempre più alle acque salmastre della laguna, scopriamo un volo di gabbiani e, sui banchi che affiorano a pelo d’acqua, la beccaccia di mare dal vistoso becco rosso, robusto arnese per avere la meglio sui gusci delle prelibate ostriche.
La Sacca di Scardovari
Ci dirigiamo verso la Sacca di Scardovari e affianchiamo i caratteristici “cavani”, dove i pescatori ricoverano le loro barche, e dove consegnano il pescato di vongole perché venga portato agli stabulari dai quali partirà per tutti i mercati d’Italia. I riflessi di luce sull’acqua sono qua e là interrotti dalle barche dei pescatori. La Sacca di Scardovari è una distesa di orti di mare dove uomo, mare e fiume lavorano insieme per permettere la coltivazione dei molluschi dal sapore delicato.
Vongole e ostriche sono i tesori che la laguna custodisce e che i pescatori curano e raccolgono per tutto l’anno, le cozze invece si offrono solo per pochi mesi: seminate a settembre, in tarda primavera raggiungono la maturità per essere raccolte.
Il sistema di coltivazione dei mitili è qui un esempio d’integrazione fra attività umana e rispetto ambientale, in un rapporto che permette di arricchire l’ecosistema e di sostenere l’economia del Delta, un’economia che si prende cura della laguna perché non diventi palude e possa offrire quella varietà di habitat ideali per permettere a più di 350 specie di uccelli, fra stanziali e migratori, di crescere e riprodursi.
Un vero paradiso per i birdwatcher che nel silenzio, interrotto solo dai rumori dalla pesca, possono ammirare aironi rossi e cinerini, cavalieri d’Italia e cercare gli ormai famosi fratini che nidificano fra le dune.
Ecosistemi, biodiversità e ricette tradizionali
La cura necessaria a far fluire e defluire l’acqua delle maree, la costruzione e la manutenzione degli argini e delle barene – lingue di terra, coperte da vegetazione alofila, che sono sommerse durante l’alta marea e che facilitano il circolo dell’acqua in laguna – i sistemi di pompaggio dell’acqua rappresentano la secolare interazione con l’ambiente. Qui l’attività umana, crea condizioni di vita diverse spostandosi dal mare all’entroterra e un ecosistema complesso e ricco di biodiversità.
Persino le tartarughe Caretta caretta si spingono fin qui in cerca del cibo che i cambiamenti climatici rendono più difficile trovare in mare aperto.
Seguendo i colori dell’acqua, ci dirigiamo verso le valli di pesca. Il loro nome deriva dal vallum latino, perché protette dagli argini che limitano l’ingresso del mare. Grazie al sistema di gestione dell’acqua è possibile ricreare l’ambiente per l’allevamento di crostacei, di branzini, di orate e dell’anguilla, che rientrano in tante ricette tradizionali del Delta del Po.
La penisola di Caleri, sinfonia di colori e forme
Risalendo il fiume, le valli da pesca lasciano il posto alle risaie e, infine, al verde dei campi sottratti alle acque dalle idrovore, in una terra che vive da sempre al di sotto del livello del mare. Qui il colore dei girasoli s’alterna al violetto dell’erba medica e il mais spicca con i suoi pennacchi rossi. Ma per godere a pieno del verde del Parco Veneto del Delta del Po è il Giardino botanico litoraneo del Veneto che bisogna attraversare. Posto nella zona nord del Delta, sulla penisola di Caleri, lo raggiungiamo via mare.
Al limitare della spiaggia bianchissima inizia la sinfonia di colori e forme.
Per prime incontriamo la nappola e lo spinoso eringio dal verde argenteo, le piante più ardimentose che affrontano i venti salmastri che arrivano dal mare. I bassi cespugli di ravastrello, dai fiori delicatamente rosati, stanno ai piedi dello sparto, che si erge a fermare la sabbia e a proteggere la duna.
Miele di Limonio
Una passerella consente di attraversare l’acqua salmastra che permette, ai suoi margini, la vita della salicornia, che ora verde brillante, colorerà di rosso la barena a fine estate. L’estate è anche il tempo per la fioritura del limonio, da cui gli apicoltori hanno pensato di ricavare un caratteristico miele di barena dalle note sapide.
La vegetazione si fa sempre più fitta mentre ci allontaniamo dal mare. Ai nostri piedi, l’elicriso giallo spande nell’aria il suo profumo di liquirizia, sopra di lui troneggiano i ginepri verde scuro, l’olivello, i biancospini e i caprifogli. Seguono i lecci e infine la pineta, non autoctona ma messa a dimora negli anni Cinquanta. Con il tempo però il giardino botanico ospiterà solo la flora spontanea seguendo il progetto di non introdurre artificialmente altre specie.
Nelle pozze di acqua più interne lasciate dal fiume, c’è spazio per le tife e per le ninfee.
Più di 970 specie di piante sono state censite nel Parco Veneto del Delta del Po che, fra iris e orchidee selvatiche, offre alla vista, in ogni stagione, una diversa tavolozza di sfumature.
Il cielo cambia ancora colore, adesso è infuocato e, mentre un volo di fenicotteri ci sovrasta, terminiamo la giornata sullo Scanno Cavallari da cui godere del tramonto sulla laguna e attendere la notte che ci avvolge con una commovente stellata.
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Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
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