Cinque astronome che dovete conoscere
Riprendiamo la nostra serie dedicata ai personaggi che hanno contribuito a conoscere e salvare il Pianeta con le loro scoperte. Stavolta è il turno di cinque donne: dalla prima ad essere pagata per il suo lavoro da scienziata alla “signora delle comete”, ecco le cinque astronome che dovete conoscere
È risaputo che le donne non hanno mai avuto molto spazio nelle materie Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), da sempre un circolo maschile chiuso. Eppure l’astronomia, fin dalla sua nascita, ha permesso alle donne di studiare le scienze e diventare cultrici della materia. All’inizio erano le sacerdotesse votate alla Luna che ne studiavano i movimenti e i cicli, poi furono grandi astronome che dovettero nascondere le loro scoperte dietro ai nomi dei padri e dei mariti, oggi sono donne pioniere che hanno permesso di raggiungere la superficie delle comete. La più celebre nella storia è certamente Ipazia d’Alessandria, matematica, filosofa e grande astronoma, nonché martire della libertà di pensiero, calunniata e uccisa da una folla di cristiani in tumulto. Ma la sua lezione non è stata dimenticata. Ecco dunque cinque donne astronome da conoscere.
Caroline Herschel
Donna dei primati Caroline Lucretia Herschel: prima donna a scoprire una cometa (nella sua carriera ne scoprirà otto), prima astronoma a essere pagata per il suo lavoro di scienziata, prima donna eletta come membro onorario della Royal Astronomical Society. Nata ad Hannover nel 1750 in una modesta famiglia, ricevette l’istruzione che si confaceva alle donne dell’epoca, ma grazie alla lungimiranza del padre che incoraggiava agli studi i suoi figli non mancò di interessarsi anche a campi lontani da una istruzione formale.
All’età di dieci anni si ammalò di tifo che ne minò il fisico arrestandone la crescita a solo circa un metro e trenta. Destinata a non sposarsi, divenne la governante del fratello William che si era trasferito a Bath, in Inghilterra, come organista. Fu William il primo ad appassionarsi all’astronomia e alla costruzione di telescopi sempre più potenti fino a farne la sua professione. Nelle lunghe notti di esplorazione del cielo, Caroline affiancava il fratello annotandone le osservazioni e facendo i calcoli necessari allo studio dei movimenti degli astri. Quando William, dopo aver scoperto Urano, divenne Astronomo del Re alla corte di Giorgio III, Caroline continuò la sua attività di astronoma redigendo un catalogo di più di 2000 nebulose. Nel 1786 scoprì la sua prima cometa che le valse uno stipendio annuo come assistente del fratello. Nella sua lunga vita ha scoperto e osservato diverse galassie e il suo contributo alle scienze le venne riconosciuto nel 1835 con la nomina a membro della Royal Astronomical Society e nel 1838 della Royal Irish Academy. A Caroline Herschel sono dedicati un cratere lunare e l’Asteroide 281 Lucretia.
Mary Somerville
Quando Caroline Herchel fu nominata membro della Royal Astronomical Society, condivise l’onore con Mary Somerville, matematica, astronoma e scienziata le cui spoglie riposano nel Cimitero degli Inglesi di Napoli. Nata in Scozia nel 1780 e figlia di un ammiraglio della Marina Britannica, era stata destinata dalla famiglia ad avere un’istruzione minima e al matrimonio combinato già in tenera età. Dopo aver frequentato per un solo anno un istituto per signorine, Somerville si formò principalmente come autodidatta sfruttando la vasta biblioteca di famiglia.
Nonostante l’irrisione del marito, il console russo a Londra Samuil Samuilovich Greig, che non comprendeva come una donna potesse essere interessata alle scienze, cercò di continuare i suoi studi e le sue letture. Dopo la morte in guerra del marito, sposò il cugino medico William Somerville che invece ne incoraggio il talento e che le permise di entrare a far parte di un piccolo circolo di intellettuali londinesi. Interessata ai problemi matematici e fautrice di una visione delle materie scientifiche interconnesse tra loro, fu un’attenta osservatrice e descrittrice del sistema solare, studiando l’effetto del magnetismo e della sua influenza sul movimento dei pianeti. Durante le sue osservazioni di Urano, scoperto dall’amico Herschel, ipotizzo l’esistenza di un ulteriore corpo celeste, ponendo le basi per la scoperta di Nettuno. A causa delle cattive condizioni di salute del marito si trasferì a Firenze, e, alla morte di questi, a Napoli dove tenne lezioni e frequentò l’osservatorio di Capodimonte e dove morì a 92 anni. Suffragetta e sostenitrice della parità delle donne, a lei si deve l’opera di divulgazione, grazie ai suoi scritti divenuti molto popolari, in cui metteva in discussione i dogmi accademici aprendo la strada verso lo studio moderno delle scienze.
Williamina Fleming
Singolare è la vicenda di Williamina Paton Stevens Fleming che da domestica si trovò a diventare astronoma alla testa del team tutto femminile delle Harvard’s computers. Nata in Scozia nel 1857. A ventuno anni si trasferì con il marito James Orr Fleming a Boston, nel Massachusetts, Stati Uniti. Quando rimase incinta, il marito la lasciò e Mina, come veniva chiamata, iniziò a lavorare come domestica per garantirsi la sopravvivenza.
Trovò lavoro in casa dell’astronomo Edward Charles Pickering, che ne colse le doti e l’intelligenza e che decise di assumerla nel 1881 come assistente all’Harvard College Observatory, dove lavorava. Il compito di Mina era di aiutare nella catalogazione delle osservazioni ma il suo contributo all’astronomia andò ben oltre. Williamina Fleming infatti ideò una classificazione delle stelle basata sul loro spettro e sul loro contenuto di idrogeno, e in nove anni catalogò oltre 10.000 stelle. Scoprì 59 nebulose, oltre 310 stelle variabili e 10 novae. A lei si deve l’identificazione, nel 1888, della Nebulosa Testa di Cavallo e della natura delle stelle alla fine del loro ciclo evolutivo: le nane bianche. Nonostante il notevole contributo alle scoperte di quel periodo, il suo salario rimase sempre inferiore rispetto a quello degli uomini che con lei lavoravano, situazione che le procurava non poca frustrazione. Fra i suoi meriti però ha anche quello di aver aperto le porte dei dipartimenti di astronomia alle donne grazie alla sua squadra che aveva il compito della classificazione matematica degli oggetti astrali osservati nelle lastre fotografiche eseguite dall’Osservatorio. Fra le sue Harvard’s computers si distinsero infatti alcune brillanti astronome come Annie Cannon, il cui metodo di classificazione stellare è ancora usato, e Henrietta Swan Leavitt che è ricordata come colei che intuì come misurare le distanze delle stelle.
Jocelyn Bell
Il nome di Jocelyn Bell è indissolubilmente legato al Nobel che non le fu assegnato. Figlia dell’architetto George Philip Bell che aveva progettato il planetario di Armagh, nacque a Belfast nel 1943. Già in giovane età s’interesso all’astronomia e già prima dell’iscrizione all’università dovette affrontare le discriminazioni di genere. Il college di Lurgan infatti ostacolava la frequentazione dei corsi scientifici alle ragazze richiedendo voti più alti per l’ammissione. Si trasferì quindi a York per perfezionare la sua preparazione e poi all’Università di Glasgow dove ottenne la laurea.
Quindi si trasferì a Cambridge per il dottorato sotto la supervisione di Antony Hewish. Qui concorse alla costruzione del radiotelescopio dell’Interplanetary Scintillation Array che, nel 1967, le permise di rilevare un segnale radio pulsante con regolarità di origine sconosciuta. Si trattava della voce di una pulsar, stella di neutroni rotante ad alta velocità la cui esistenza era stata solo teorizzata. Per questa scoperta, Antony Hewish, primo firmatario dello studio, nel 1974 ricevette il Nobel mentre Bell fu esclusa. Il torto subito non ha però frenato la carriera dell’astrofisica che, anzi, si disse fortunata a non aver vinto il Nobel, asserendo che chi vince un Nobel poi non vince più niente mentre per lei ogni anno c’era un nuovo premio da festeggiare. Nel 2018 le è stato conferito il Breakthrough Prize in Fundamental Physics, il premio accademico più redditizio al mondo, circa 2,3 milioni di sterline, più del doppio rispetto a un Premio Nobel. Jocelyn Bell lo ha devoluto interamente per istituire il Bell Burnell Graduate Scholarship Fund, per concedere borse di studio a studentesse meritevoli nel campo della fisica.
Amalia Ercoli Finzi
Un’altra donna con un primato: Amalia Ercoli Finzi, il primo ingegnere aeronautico donna d’Italia è un’accademica e scienziata nata a Gallarate nel 1937. Da giovane era stata attirata dal volo e, dopo il liceo a Varese, si iscrisse al Politecnico di Milano ottenendo la laurea con lode.
Iniziò la sua attività come professoressa dello stesso ateneo arrivando a diventare la Responsabile del Dipartimento di ingegneria aerospaziale e Professore Onorario della Facoltà di Ingegneria Industriale del Politecnico di Milano. Nella sua lunga carriera ha lavorato per la Nasa e per l’Esa (Agenzia Spaziale Europea) ed è stata alla direzione della Missione Rosetta. Lo scopo della missione, conclusasi nel 2016, è stata quella di avvicinare e studiare la cometa Churyumov-Gerasimenko grazie anche all’esame di campioni estratti attraverso una trivella di cui era responsabile la stessa Ercoli Finzi. Dopo essere diventata la “signora delle comete”, a più di ottant’anni è ancora membro di commissioni per la pianificazione di missioni spaziali dirette verso Marte e la Luna, con particolare attenzione all’estrazione di campioni di suolo da studiare. Per la sua attività è stata insignita della Medaglia d’Oro della Presidenza della Repubblica e le è stato dedicato l’Asteroide 24890 Amaliafinzi.
Saperenetwork è...
- Calabrese di nascita ma, ormai da dieci anni, umbra di adozione ho deciso di integrare la mia laurea in Farmacia con il “Master in giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza” dell’Università di Ferrara. Arrivata alla comunicazione attraverso il terzo settore, ho iniziato a scrivere di scienza e a sperimentare attraverso i social network nuove forme di divulgazione. Appassionata lettrice di saggistica scientifica, amo passeggiare per i boschi e curare il mio piccolo orto di piante aromatiche.
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