Cinque esploratrici ed esploratori che dovete conoscere
Sin dai tempi più antichi la curiosità per l’esplorazione ha spinto l’essere umano oltre i confini della propria conoscenza, ridisegnando, passo dopo passo, le mappe del mondo. Ecco cinque esploratrici ed esploratori che, con viaggi e ricerche, hanno ridefinito la relazione tra l’uomo e i misteri della natura
«La più bella felicità dell’uomo pensante è di aver esplorato l’esplorabile e di venerare tranquillamente l’inesplorabile» scriveva Goethe, nelle sue “Massime e Riflessioni”.
Oggi vi conduciamo sulle rotte di cinque famosi esploratrici ed esploratori che, con i loro viaggi e le loro ricerche, hanno riscritto la relazione tra l’uomo e i misteri della natura.
Maria Sibylla Merian
Naturalista ed esploratrice tedesca vissuta nella seconda metà del 1600, Maria Sybilla Merian ereditò l’amore per l’arte dal padre, il famoso illustratore Matthaus Merian, ma fu il patrigno, il pittore Jacob Marrel, a iniziarla alla tecnica pittorica e a motivarla a coltivare il suo talento. E furono di certo la sua curiosità e il suo spirito tenace a spingerla a partire per il memorabile viaggio alla volta del Sud America che la rese famosa.
Sin da bambina Maria aveva manifestato un vivo interesse per le scienze naturali e subiva, in particolare, il fascino e la delicata poesia delle metamorfosi. L’evoluzione del bruco in farfalla, gli stadi di maturazione e il variare dell’espressione dei colori nelle piante al susseguirsi delle stagioni sono tra i più caratteristici soggetti dei suoi lavori.
In Olanda, dove si trasferì a seguito della separazione dal marito, Merian entrò in contatto con importanti naturalisti e collezionisti, scoprendo in particolare la natura tropicale attraverso le collezioni di Cornelis Van Sommelsdijk: farfalle e insetti provenienti dall’allora colonia olandese del Suriname. Ed ecco l’ispirazione che la porterà a voler condurre una sua spedizione scientifica, con lo scopo di mappare e studiare flora e fauna di quelle terre ancora in buona parte inesplorate.
Grazie a un anticipo sulle vendite del libro che avrebbe realizzato a seguito delle sue ricerche, nel 1699 partì insieme alla figlia minore, sua stretta collaboratrice, per un viaggio che sarebbe dovuto durare cinque anni.
Avventuratasi nella giungla più selvaggia, raccolse e catalogò centinaia di insetti, piante, animali e frutti esotici prima sconosciuti.
A causa delle sue condizioni di salute, fu costretta a rientrare in Olanda dopo appena due anni, ma la ricchezza e la qualità del materiale raccolto e dei dipinti realizzati, molti dei quali racchiusi nell’opera divulgativa intitolata Metamorphosis Insectorum Surinamensium e pubblicata nel 1705, sono tali da essere considerati le prime accurate testimonianze sulla biodiversità del Suriname.
David Livingstone
Medico e missionario scozzese, il suo nome è legato a importanti scoperte nel campo della geografia e in particolare dell’idrografia, che consentirono di mappare più accuratamente intere aree dell’Africa centrale. Nato nel 1813 a Blantyre, nel sud della Scozia, a causa delle gravi difficoltà economiche in cui versava la sua famiglia iniziò giovanissimo a lavorare nelle piantagioni di cotone.
Studiò medicina a Glasgow, alternando lo studio al lavoro nei campi. Nel 1840, ordinatosi missionario, salpò alla volta di Cape Town.
Trascorse il resto della sua vita nel continente africano, spingendosi ben oltre i limiti delle missioni e degli insediamenti indigeni e dedicandosi inoltre alla ricerca delle mitiche sorgenti del Nilo. Tra le avventure che affrontò nella natura selvaggia ci fu anche l’incontro con un leone, che gli lasciò profonde cicatrici e una lieve disabilità al braccio sinistro.
Riconosciuto come uno tra i più importanti esploratori del suo tempo dalla British Royal Society, grazie alla scoperta del lago Ngami, nel 1853 si spinse all’interno del continente con pochi uomini e limitate risorse, allo scopo di ricostruire la geografia e l’idrografia dell’area tra Congo, Mozambico e Angola. Il viaggio lo portò a scoprire le meravigliose cascate del fiume Zambesi, che egli chiamò “Vittoria”, in onore della regina d’Inghilterra.
Isabella Bird
Un’eroina dalla personalità volitiva, intrepida e coraggiosa: la storia di Isabella Bird è degna di un romanzo. Fotografa, scrittrice e avventuriera, visse una giovinezza tranquilla nell’Inghilterra vittoriana.
Fu una grave malattia a cambiare il corso della sua esistenza: i medici le consigliarono una vita all’aria aperta e lei, da buon spirito libero, ne colse tutte le opportunità.
Salpando per gli Stati Uniti nel 1854, non poteva certo immaginare che quel primo viaggio avrebbe dato il via a una lunga serie di avventure, portandola a trascorrere la maggior parte della sua vita esplorando rotte mai battute tra Africa, America, Asia e Oceania. Nel Colorado scalò le Montagne Rocciose, salendo i 4.000 metri del Longs Peak ma quel breve assaggio di natura estrema fu solo l’inizio.
Desiderosa di esplorare, si spostò nelle Hawaii e successivamente in Australia. Dopo essere rientrata in Inghilterra e aver studiato medicina decise di partire nuovamente, stavolta in direzione India.
“Globetrotter” ante litteram, mossa da viva curiosità e amore per il viaggio, la Bird si inoltrò lungo i confini più settentrionali del continente indiano, nel selvaggio Tibet, spingendosi poi fino in Cina, nell’odierno Sichuan (allora zona pericolosa e inesplorata) e visitando Hong Kong e Corea. In Asia adottò gli usi e gli abiti locali, viaggiando a cavallo e su piccole imbarcazioni e restituendo al mondo dei reportage fotografici unici. Nel 1892, rientrata a Edimburgo, fu la prima donna a entrare a far parte della Royal Scottish Geographical Society.
Ernest Henry Shackleton
Shackleton (1874-1922) fu un esploratore di spicco nell’epoca eroica dell’esplorazione antartica. Irlandese, trasferitosi a Londra con la famiglia, a soli 16 anni si imbarcò come mozzo al soldo della marina mercantile britannica, girando il mondo e sfuggendo così alle ambizioni del padre che lo voleva medico.
Ma se la vita in mare lo affascinava, non era tuttavia abbastanza per fornire sollievo alla sete di peripezie di una personalità tanto pirotecnica. Fu l’incontrò con Robert Falcon Scott e un nuovo incarico sulla nave Discovery, a consacrarlo al ruolo di esploratore.
Come ufficiale della Spedizione Nazionale Antartica, volta a “conquistare” il Polo Sud, Shackleton si misurò per la prima volta con i suoi stessi limiti. Ne uscì provato, arrabbiato con se stesso per essere stato costretto a rientrare in patria prima dello scadere naturale dell’incarico a causa delle sue condizioni di salute, ma anche motivato a ritentare l’impresa (che anche Scott, alla fine, aveva fallito), stavolta con una spedizione tutta sua. Nel 1907 salpò a bordo della Nimrod, ma fu costretto a una ritirata a 97 miglia dal Polo.
Rientrò in patria con un viaggio rocambolesco, che ebbe tutto l’aspetto di una corsa disperata contro la morte. In Inghilterra fu accolto da eroe per essersi spinto più in là di chiunque altro.
Mentre recuperava le forze e cercava fondi per un nuovo tentativo, giunse la notizia che Scott, nuovamente impegnato in una spedizione, era stato battuto dal norvegese Amudsen (giunto al Polo Sud un mese prima di lui) ed era poi perito nel viaggio di ritorno.
La spinta emotiva investì i preparativi della spedizione di Shackleton, che a questo punto mirava ad attraversare l’Antartide. Il viaggio, che impegnò l’esploratore e i 27 membri dell’equipaggio per oltre quattro anni, è ricordato per le sorti della nave Endurance, che stritolata e poi naufragata nei ghiacci del mare di Weddell trasformò l’impresa in una tra le più epiche mai registrate, tra terribili tempeste, lunghe marce a piedi e spettacolari scalate. Shackleton morì inseguendo il suo ultimo sogno alla conquista dei ghiacci. Aveva «un’insaziabile sete di mirabolanti avventure», come scrisse Alfred Lansing nella celebre biografia su questo grande esploratore.
Mary Henrietta Kingsley
Un’altra donna che osò sfidare le convenzioni, spingendosi oltre i confini del mondo conosciuto. Nata nella seconda metà del 1800, fino ai 30 anni visse una vita tranquilla e appartata. Fu la morte del padre a spingerla a partire.
George Henry Kingsley, anch’egli viaggiatore e scrittore, aveva infatti lasciato incompiuto il suo ultimo trattato, un testo di antropologia che indagava le tradizioni dell’Africa. Il desiderio di portare a compimento il lavoro del padre spinse Mary tra le braccia di una vita avventurosa. Giunta in Africa si innamorò della natura del continente, collaborando con il British Museum a nuove scoperte nel campo dell’entomologia e della zoologia. Mary era incantata dalla potenza della natura, dalla maestosità di piante e fiori e dalla fierezza dei grandi predatori. Con questi ebbe numerosi incontri ravvicinati e di cui scrisse nei suoi diari.
«Cadeva una pioggia maestosa con grande fragore, faceva a brandelli foglie e fiori (…). Salendo su un mucchio di rocce da un burrone che aveva iniziato ad allagarsi, non feci in tempo ad alzare la testa che mi ritrovai ad altezza occhi, a meno di un metro di distanza, un grosso leopardo, accucciato a terra con la sua magnifica testa voltata, le zampe anteriori divaricate. Batteva a terra con la coda. Non appena lo vidi, mi abbassai di scatto (…) per un tempo che mi sembrò lungo un anno ma che deve essere stato in realtà meno di venti minuti. Rialzandomi cautamente, diedi una sbirciatina e lui non c’era più».
Saperenetwork è...
- Anna Stella Dolcetti, laureata in lingue e culture orientali presso l’Università La Sapienza di Roma, ha conseguito un master in International Management alla Luiss Business School, si è specializzata in Marketing all’Istituto Europeo di Design e in Green Marketing all’Imperial College di Londra. È vincitrice e finalista di competizioni dedicate alle nuove tecnologie (Big Data e Blockchain) e lavora nella comunicazione per aziende ad alto tasso di innovazione. È diplomata in "sommellerie" e appassionata di alimentazione naturale. Nel tempo libero passeggia nei boschi, scala montagne e legge avidamente di biologia, astronomia, fisica e filosofia. Crede fermamente nella sinergia tra metodo scientifico e cultura umanistica e nell’utilizzo delle nuove tecnologie al servizio di etica, rispetto e sostenibilità sociale e ambientale.
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