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È l’isola dei diritti umani e degli animali. Si chiama Gorgona e si trova nell’Arcipelago Toscano. Qui, nel 1869 venne istituito un penitenziario. E  i 220 ettari di natura incontaminata divennero presto lo spazio ideale per una colonia penale agricola.  Con il passare degli anni incominciò a realizzarsi, però,  un percorso rieducativo speciale per i detenuti. Che coinvolgeva  gli animali sottratti ai meccanismi della sfruttamento zootecnico e quindi alla morte per macellazione. Ci troviamo negli  anni ottanta, il filosofo Tom Regan pubblica il saggio “The case for animal right” (tradotto in “Diritti Animali”),  in cui  sosteneva che gli animali dovrebbero essere considerati non in base al loro presunto uso, ma piuttosto come soggetti di vita che hanno valore in sé e quindi portatori di diritti. Esseri deboli e senzienti.

Quelle considerazioni etiche non erano distanti da quanto coltivavano Carlo Mazzerbo e Marco Verdone, il primo direttore del carcere, l’altro medico veterinario, che si occuperà fino al 2015 degli animali dell’isola. Insieme, dal 1989, decidono di aprire le gabbie, liberano gli animali e allargano i recinti. E  per i detenuti è  l’occasione per instaurare rapporti di amicizia interspecifica.

I reclusi vengono incoraggiati a considerare gli asini, le capre, le mucche, i maiali  di Gorgona come  veri e propri  compagni. Tutti  in grado di  trasformare il periodo di detenzione in una occasione di ripensamento sul tema della violenza e del rapporto con l’altro.

Nel corso degli anni l’isola diventa protagonista di numerosi progetti legati alle fonti rinnovabili, all’agricoltura biologica e sociale, all’omopatia, alla produzione sostenibile. Incominciano anche le prima adozioni di animali. La Lav ricorda , in particolare, “Gorgo”, il maialino lasciato vivere libero di interagire con uomini ed altri animali.

 

Esperienza che indurrà Marco Verdone a pubblicare  “Ogni Specie di Libertà” (Altraeconomia, 2012). Carlo Mazzerbo durante la sua dirigenza, invece,  contribuirà a salvare alcuni animali, considerati “cooperatori di trattamento”,  attraverso “decreti di grazia” . Qualcosa, però, cambia nel 2015: Marco Verdone si trasferisce in un’ altra sede e Gorgona diventa sezione distaccata del carcere di Livorno. Il Direttore Mazzerbo lascia così  il suo incarico. Dopo il 2015 il progetto si interrompe: con la nuova direzione, a Pasqua 2016 il macello torna in attività. L’isola  si trasforma in una colonia agricola.

Ma i detenuti si affezionavano agli animali, e non era affatto educativo finire quel percorso uccidendoli, come ha spiegato Giovanni De Peppo, garante dei detenuti del Comune di Livorno.

Con dei costi molti più elevati rispetto ad altre colonie. Si sono susseguiti da allora numerosi tentativi di dialogo con l’Amministrazione penitenziaria da parte di associazioni, enti e cittadini, affinché l’esperienza di rieducazione nonviolenta basata sulla relazione Uomo-Animale, maturata sull’isola , non venisse interrotta definitivamente. Dopo anni di manifestazioni, petizioni, e l’appello firmato da personaggi della società civile − ricordiamo Stefano Rodotà, Susanna Tamaro, Erri De Luca, Licia Colò ed ex detenuti −  il progetto di convivenza solidale interspecifica dal 21 gennaio 2020  è diventato realtà.  A salvare i 588 animali fra vitelli, maiali, conigli, cavalli e  il sogno  dell’isola della nonviolenza è stato il Protocollo d’intesa fra la Casa Circondariale di Gorgona, Comune di Livorno e Lega Anti Vivisezione (Lav).  E ora la  Lav, per evitare situazione di sovraffollamento, si sta  impegnando a trovare casa per i 450 animali che andranno via da Gorgona, senza destinarli però al mercato delle carni e alla cucina. Quelli che restano, invece, vengono curati dai detenuti con un programma di relazione della Cattedra di Diritto Penitenziario dell’Università Bicocca di Milano.

«Anche noi adotteremo alcuni degli animali e li porteremo nel Centro di recupero per animali di Semproniano, in Toscana», ha spiegato l’associazione animalista.

 

E un primo importante risultato è stato già raggiunto. Lo scorso 25 giugno, infatti, 85 animali (10 pecore e 75 volatili) hanno lasciato l’isola a bordo di una speciale chiatta, l’Arca della Libertà,  adibita da Lav al loro trasporto in massima sicurezza, con l’assistenza di un veterinario e di personale qualificato. Racconta Roberto Bennati, Direttore Generale Lav, alla guida delle operazioni di trasferimento  e impegnato in numerose campagne come EndTheCageAge:

«Con questa prima simbolica “Arca della Libertà”, salpata alla volta della terraferma, abbiamo messo la prima pietra ma c’è ancora molto da fare. Noi di Lav siamo felici di aver assunto la responsabilità di una parte essenziale per il successo del Progetto, che richiede impegno organizzativo, risorse, professionalità specifiche e moltissima passione per non arrendersi di fronte alle mille difficoltà di operazioni complesse».

 Guarda l’intevento di Roberto Bennati della Lav

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.

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