L’avamposto, ricordo di un eco guerriero tra Pink Floyd ed emergenza climatica

Un'immagine di Christopher Clark. Al visionario attivista scozzese è dedicato il documentario di Edoardo Morabito

L’avamposto, ricordo di un eco guerriero tra Pink Floyd ed emergenza climatica

Presentato in anteprima alle Giornate degli Autori del Festival di Venezia, arriva in sala con Luce Cinecittà il documentario di Edoardo Morabito dedicato a Christopher Clark. L’occasione per rivivere le imprese di un eroe ecologista, folle e visionario, che ha difeso l’Amazzonia fino alla fine

Lo Xixuaù è una riserva di quasi 200mila ettari di foresta primaria amazzonica, a tratti inesplorata. Riconosciuta come area protetta federale dal 5 giugno del 2018, è ricca di fauna selvatica e acquatica molto diversificata ed è protetta e difesa dai nativi Caboclos. A battersi con loro e per loro fino al 2020 c’era Christopher Clark, attivista scozzese che ha votato fino all’ultimo la propria vita a difendere l’Amazzonia, sin dagli anni Ottanta, quando aveva deciso di restare tra le comunità della valle del Rio Jauaperi.

Un’utopia mentre il mondo brucia

Edoardo Morabito gli ha dedicato il documentario L’avamposto, presentato in anteprima alla Giornate degli Autori, durante l’80esima edizione della Mostra del cinema di Venezia, e in sala con Luce Cinecittà dal 26 febbraio 2024. «Mentre il mondo brucia e noi assistiamo al cambiamento climatico come fosse la diretta streaming del grande spettacolo che è l’apocalisse, Chris si sente investito di una missione: salvare quel che resta dell’Amazzonia. Con ogni mezzo possibile», ha scritto il regista e montatore, che nel 2013 si è aggiudicato il premio per il Miglior documentario italiano al Torino Film Festival con I fantasmi di San Berillo. 

Da Edimburgo ai Caboclos, passando per Milano

In quella che è forse una delle zone più incontaminate del pianeta, Clark si era stabilito poco più che ventenne, dopo gli studi all’Università di Milano, in mezzo ai Caboclos, uno sparuto numero di abitanti della foresta, mix etnico tra gli indios, i coloni europei e gli schiavi africani. Sono disprezzati da tutti, ci dice la voce narrante, sia dai brasiliani che dagli indios, proprio perché “meticci”, ma l’eco-guerriero arrivato da Edimburgo vede in loro gli alleati adatti per difendere quell’habitat e con loro crea un “avamposto del progresso”, una riserva contro il bracconaggio, la pesca di frodo e l’estrazione sfrenata di materie prime da parte di tante multinazionali, nonché un modello di società basato sull’equilibrio tra natura e tecnologia.

Pioniere del turismo eco-sostenibile

Sin dall’inizio, il suo obiettivo è quello di migliorare le condizioni di vita delle popolazioni e di proteggere la biodiversità della foresta, minacciata non solo da sregolate attività economiche, ma anche da leggi inadeguate e dalla mancanza di sensibilità per la tutela del patrimonio ambientale. Grazie a progetti in cooperazione con l’estero e a capitali occidentali, dà inizio a una forma di turismo eco-sostenibile che fornisca ai guardiani della foresta il reddito necessario per soddisfare le esigenze di base, apre una scuola e un ambulatorio, porta i pannelli solari, fa scoprire a ricchi turisti europei e americani, a giornalisti e fotografi, ad altri attivisti ed ecologisti, la sua riserva.

 

Il regista Edoardo Morabito (Foto: YouTube)
Il regista Edoardo Morabito (Foto: YouTube)

Sogno di uno scozzese dell’upperclass

È «il sogno di uno scozzese dell’upperclass di salvare il mondo», avverte Morabito che accompagnato dai racconti del suo protagonista svela piano piano quanto ci sia di profondamente utopico nel suo progetto. I caboclos, infatti, dopo un iniziale momento di benessere, iniziano a volere sempre di più: il bracconaggio riprende, gli incendi riducono in cenere ettari di “inferno verde”. Chris, il performer che «crea sistemi di realtà dentro i quali si perde», decide allora di giocare d’azzardo, opponendo a quella spettacolare distruzione un evento altrettanto spettacolare: un concerto dei Pink Floyd nel cuore dello Xixuaù, così da convincere il governo brasiliano a istituire una riserva.

I Pink Floyd in Amazzonia

Ancora le parole di Morabito: «Chris era il mio antidoto al disincanto. Sembrava uno di quei pochi eroi capaci di risalire la corrente, un visionario le cui istanze coincidevano con le urgenze del mondo in cui viviamo. L’ho seguito fino al suo Avamposto, dall’altra parte del pianeta, alle prese con l’organizzazione di un concerto dei Pink Floyd in uno degli ultimi angoli incontaminati rimasti sulla faccia della terra. Un proposito bizzarro, certo, ma d’altronde Chris è un eroe d’altri tempi, prigioniero di un presente carico di contraddizioni che questo viaggio mi ha aiutato ad esplorare. E forse abbiamo cavalcato per un attimo lo stesso sogno impossibile, osservando il disastro arrivare. Perché abbiamo preferito vedere il mondo così come non è, piuttosto che morire di tristezza».

 

Guarda il trailer di L’avamposto

 

La fine del mondo e un futuro possibile

Pur confessando il suo amore e la sua ammirazione per quel folle scozzese che parla perfettamente l’italiano e il portoghese, che conosce il ritmo della foresta e non teme che la sua impronta possa scomparire, divorata alla stessa velocità con cui le termiti corrodono il legno con cui sono fatte le spartane palafitte del villaggio, il regista scampa il rischio del ritratto agiografico e consegna allo spettatore un personaggio tanto più affascinante quanto più è sfaccettato, spregiudicato nei modi ma guidato da una grande illusione.  «L’avamposto è certamente un film sulla fine del mondo o quantomeno sulla distruzione del mondo naturale per mano dell’uomo. Ma è soprattutto un film sull’importanza del sogno per tornare ad immaginare possibili futuri… Perché sognare, come direbbe Chris, significa agire in prospettive cosmiche», concludono le note di regia.

Un documentario per tornare ad agire

In fondo, tutto il senso del bel documentario di Edoardo Morabito è già tutto condensato nell’epigrafe dello scrittore brasiliano Euclides da Cunha: «Siamo condannati alla civiltà, o ci integriamo o scompariamo». Dopo Venezia il film è stato presentato con successo al São Paulo International Film Festival e al Festival del Cinema di Rio, e ha vinto il premio come Miglior Documentario al Festival del Cinema italiano di Madrid. Dal 26 febbraio è distribuito nelle sale da Luce Cinecittà con un tour di proiezioni evento alla presenza del regista e di ospiti.

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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