MUR, l’Europa dei muri è un vero horror

Una scena di MUR, girato al confine tra Polonia e Bielorussia

MUR, l’Europa dei muri è un vero horror

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, è in sala dal 20 ottobre il documentario di Kasia Smutniak sulla costruzione della barriera fra Polonia e Bielorussia per fermare i migranti. Una pellicola che è diario intimo e insieme denuncia dell’indifferenza europea

«Non abbiamo il diritto di essere disumani»: dichiarazione senza esitazioni quella di Kasia Smutniak in conferenza stampa, dopo la proiezione alla Festa del Cinema di Roma 2023 (la 18esima edizione del Rome Film Fest), dove il suo documentario Mur è stato presentato nella sezione Special Screening. Il progetto è nato agli inizi del 2022, dopo la notizia che il governo polacco del premier Mateusz Morawiecki avrebbe costruito il muro più costoso d’Europa (350 milioni di euro) al confine con la Bielorussia per impedire l’entrata dei rifugiati dall’Africa e dal Medio Oriente. Una barriera lunga 186 km e con un’altezza di 5 metri, innalzata mentre il popolo polacco dava prova al resto del mondo di grande generosità accogliendo e aiutando la popolazione in fuga dalla confinante Ucraina in guerra.

«Ho assistito alla genesi del male, alla genesi del muro, ovvero all’inizio di qualcosa che non so dove porterà», ha spiegato Smutniak.

Da qui, la decisione di intraprendere un viaggio nella zona rossa del suo Paese d’origine, un lembo di terra interdetto ai giornalisti, dove l’esercito respinge migliaia di esseri umani, compresi vecchi e bambini, e gli attivisti, molti dei quali della Ong polacca Grupa Granica, rischiano in prima persona per prestare loro soccorso.

 

Kasia Smutiniak, modella e attrice. MUR è il suo esordio alla regia

Nel cuore della foresta più antica d’Europa

Insieme a Marella Bombini, Smutniak è partita alla volta del suo Paese, armata di attrezzatura leggera, una piccola telecamera e degli iPhone. «Il pubblico potrà identificarsi con Marella, perché non sa il polacco, non conosceva le zone, non poteva relazionarsi con gli altri. Il suo è lo sguardo puro di chi si indigna di fronte a un’ingiustizia. Era fondamentale questo punto di vista: l’obiettivo era togliere la tragedia dal contesto». Insieme si sono spinte dove si stava costruendo il muro, nella foresta di Bialowieza, tra le più antiche riserve naturali europee, conosciuta soprattutto come l’habitat dei famosi żubr (i bisonti europei) e dal 1979 iscritta nella lista del Patrimonio dell’Umanità UNESCO: uno dei grandi polmoni verdi del Vecchio Continente che rischia di essere deturpato per sempre da una lingua di cemento armato e filo spinato.

Alla radice del male

Precisa la scelta registica: non far vedere i migranti spostando il focus su chi come lei è una spettatrice. «Volevo che fosse chiara la mia impressione, quello che provavo. Quello è un muro per certi versi simile a quello del ghetto ebraico sulle cui macerie è stato costruito il quartiere dove sono cresciuta e dove c’era la stazione dove partivano i convogli degli ebrei, e io, in quella stazione ci andavo a giocare. La storia, la memoria, si ripresenta». Per questo, prima e ultima tappa del reportage è Łódź, dove Kasia Smutniak è cresciuta e dove vivono ancora i suoi nonni.

 

Un momento di Mur, ambientato nella foresta di Bialowieza

 

Il ritmo del racconto è a tutti gli effetti quello di un thriller. In più di un istante sembra di assistere a The Blair Witch Project, il celebre horror del 1999 che terrificò intere platee con il racconto di tre ragazzi perduti in un bosco. E con toni simili documenta e informa sui muri insormontabili costruiti per dividere gli esseri umani. Mur si avvale poi di una colonna sonora che va dal jazz a un brano composto da tre musicisti, uno ucraino, una russa e un italiano. Si chiude con un brano polacco, a richiamare la storia famigliare dell’attrice e regista e celebrare la sua terra.

A impreziosire il documentario, una locandina firmata da Zehra Doğan, artista e giornalista curda.

Doğan, condannata nel 2017 a una pena di 2 anni, 9 mesi e 22 giorni di detenzione, con l’accusa di “propaganda terroristica”, ha realizzato il disegno del manifesto su una cartina della Polonia, risalente a prima della seconda guerra mondiale, quando i confini del Paese erano diversi da oggi, inviatale dalla regista come fonte di ispirazione.

 

 

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Ora l’augurio di Kasia Smutniak, che si dice pronta ad affrontare altre avventure registiche dello stesso tenore, è che le recenti elezioni politiche in Polonia, dove la coalizione centrista ed europeista sembra destinata a governare al posto del PIS (il partito di estrema destra Diritto e Giustizia) possano cambiare gli equilibri: «Sono andati a votare il 74% degli elettori, soprattutto donne e giovani: una percentuale enorme che è anche un risultato pieno di speranza».

Presentato in anteprima al Festival di Toronto, Mur è prodotto da Domenico Procacci di Fandango, in associazione con Luce Cinecittà, e distribuito nelle sale dal 20 ottobre 2023.

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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