Fiore mio, la montagna salvifica di Paolo Cognetti

Paolo Cognetti (Foto: ©DanieleMantione)

Fiore mio, la montagna salvifica di Paolo Cognetti

Il documentario scritto e diretto dallo scrittore racconta il Monte Rosa attraverso paesaggi mozzafiato e incontri con chi tra le cime ha trovato, prima che una casa, un vero e proprio “luogo del sentire”. Dopo l’uscita in sala del 25, 26 e 27 novembre 2024, è distribuito in tutto il mondo da Nexo Studios

 

“Le montagne. Occupano come immense donne / la sera: / sul petto raccolte le mani di pietra / fissan sbocchi di strade, tacendo / l’infinita speranza di un ritorno”: nel 1937 Antonia Pozzi ha 25 anni e trascorre a Pasturo, dove scrive questa come molte delle sue poesie, la villeggiatura. È nata a Milano, come lo scrittore Paolo Cognetti che le ha dedicato un libro, L’Antonia – Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti (edito da Ponte alle Grazie nel 2021). L’immagine scelta per la copertina di quel volumetto è una sua fotografia in tenuta da alpinista, di fronte al Rifugio Ottorino Mezzalama, in Val d’Ayas. E in quel rifugio storico della Val d’Aosta, a 3036 metri, fa tappa Cognetti nel suo viaggio in compagnia dell’inseparabile cane Laki, filmato nel documentario Fiore mio. Un ritorno nello scenario alpino de Le otto montagne, che gli è valso il Premio Strega nel 2017 ed è stato adattato per il cinema nel 2022, nel film omonimo diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, vincitore del premio della giuria al Festival di Cannes 2022 e di quattro David di Donatello 2023 (tra cui quello come miglior film).

 

 

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Antonia Pozzi e gli altri

«Osservo queste montagne da quando ero bambino. Le ho avute negli occhi per tutta l’estate, un ragazzino solitario che guardava e guardava. D’inverno, in città, certe immagini mi sorprendevano da dove erano rimaste bloccate: un albero, un masso, un ruscello, il rudere di una capanna. Mi succede anche adesso, senza motivo, magari mentre sto facendo altro a Milano»scrive l’autore, a sottolineare una volta di più il suo legame con Antonia Pozzi. Nel suo peregrinare sul Monte Rosa, Cognetti è accompagnato da Ruben Impens, autore della fotografia conosciuto sul set de Le otto montagne.Insieme incontrano Remigio, amico di sempre, nato e cresciuto in val d’Ayas, Arturo Squinobal, che ha aperto le vie invernali sul Bianco e sul Cervino con suo fratello Oreste, e sua figlia Marta, che lo scrittore conosce sin dall’infanzia e che ha trasformato l’Orestes Hütte, nel comune di Gressoney-La-Trinité ai piedi del Monte Rosa, in un rifugio vegano dove si può arrivare solo con le proprie forze; Sete, uno sherpa che ha scalato tre Ottomila, l’Everest, il Manaslu e il Daulaghiri, e si divide tra Italia e il Nepal, dove in autunno e in primavera fa la guida per i trekking in Himalaya; Corinne e Mia, che accolgono i viandanti nel rifugio sulla morena laterale del Grande Ghiacciaio di Verra. A chiudere, Vasco Brondi, sodale di Cognetti, che per lui ha firmato la sua prima colonna sonora, intitolata Ascoltare gli alberi.

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Come il rumore del vento tra le foglie

Ha spiegato il cantautore: «Per questa colonna sonora ho scritto cinque canzoni inedite tutte ambientate nei boschi e sulle montagne, oltre alle musiche strumentali che ho scritto provando a farle parlare anche senza parole. È stata una grande avventura provare a tradurre in musiche e canti l’aria di alta montagna. Mi veniva in mente Simone Weil che scriveva: “Mi sembra difficile pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo”». Fiore mio, la traccia presente nel finale del film e che ne ha ispirato il titolo, è invece da tempo una delle canzoni più popolari di Andrea Laszlo De Simone, cantautore e musicista torinese che ha vinto il Premio César 2024 per la Migliore Musica Originale di Animal Kingdom (Le Règne Animal), divenendo il primo italiano ad aggiudicarsi il prestigioso premio francese. Per tutte e tutti i personaggi incontrati durante il cammino, ognuno e ognuna a suo modo, vale quello che chiunque abbia avuto la fortuna di crescere ad alta quota sa bene: che la montagna è qualcosa più grande di qualsiasi essere umano e che, come il mare, va temuta e rispettata. Più che essere salvata, suggerisce Cognetti, è lei che può salvare noi. «Dove qualcosa scompare – si sente dire durante il film – c’è qualcosa che arriva».

Quando la Natura ne avrà abbastanza di noi

Non si tratta dell’ignava accettazione dello stato dei fatti, un cambiamento climatico che sta trasformando sempre più visibilmente l’anatomia delle alpi. Un dato, per contestualizzare: secondo la terza edizione della Carovana dei Ghiacciai, campagna internazionale di Legambiente dedicata al monitoraggio dei “giganti bianchi” –  in collaborazione con Cipra Italia e la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano – il Ghiacciaio di Indren sul Monte Rosa nel 2022, dopo due anni di monitoraggio, ha registrato un arretramento frontale di 64 metri, 40 nel solo 2022, dato mai registrato negli ultimi cinquant’anni anni e fortemente preoccupante per un ghiacciaio al di sopra dei 3mila metri. A fronte di questo scenario, un’azione congiunta dell’intera umanità è indispensabile, ma Fiore mio arriva a sottolineare allo stesso tempo l’insignificanza di ognuna e ognuno di noi; insignificanza ritratta in maniera plastica da Marta Squinobal, la rifugista che pratica yoga ad alta quota e che spiega come non si senta custode né del rifugio né della montagna:

«La montagna non ne ha bisogno (…) Quando la natura ne avrà avuto abbastanza ci farà sparire e andrà avanti. Sono preoccupata, dispiaciuta e delusa per quanto siamo stupidi, ma non sono preoccupata per la natura».

 

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Tutto si infrange e cade

Chiosa nelle note di regia lo stesso Cognetti: «Ho voluto parlare di ghiaccio, neve e acqua. Questo è il tempo del flusso. L’anima della montagna, la sua trasformazione e il suo essere viva. Ho scoperto una cosa scrivendo di paesaggio: ho abolito il verbo essere che ferma le immagini e ho deciso di usare i verbi d’azione, perché il paesaggio si muove e agisce, non è un’immagine. Un albero oscilla nel vento, un torrente scorre e salta, un masso incombe, protegge, proietta la sua ombra. In questo film, avrei voluto utilizzare molte immagini fisse della montagna, ma che nulla fosse veramente fermo, che la montagna fosse viva».

Canta la voce di Andrea Laszlo De Simone sui titoli di coda: “Tutto si infrange e cade”. Cadremo anche noi, se non decideremo di salvarci. La montagna no, si limiterà a cambiare.

Dopo l’uscita in sala del 25, 26 e 27 novembre 2024, il film è distribuito in tutto il mondo da Nexo Studios (dettagli e sale su nexostudios.it).

 

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Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.

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