Il naso o la cospirazione degli anticonformisti: un omaggio in tre atti al ruolo della cultura
È al cinema dal 5 maggio il film di animazione del regista russo Andrej Chržanovskij, tratto dal racconto Il naso di Nikolaj Gogol’, e dall’omonima opera buffa di Dmitrij Šostakovič. Un gioiello di animazione e di dissenso, essenziale in questo momento storico
Una premessa, necessaria solo laddove ci sia qualcuno convinto che si debba eliminare un’intera cultura, compresa la produzione artistica del passato, perché un popolo è guidato da un dittatore: a marzo 2022 il regista moscovita del film d’animazione Il naso o la cospirazione degli anticonformisti Andrej Chržanovskij è stato uno dei tanti firmatari di una lettera di dissenso contro l’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo.
Se Putin e il suo esercito stanno massacrando il popolo di un Paese, questo non ci impedisce di continuare a leggere Gogol’, ascoltare Šostakovič, ricordare Vsevolod Ėmil’evič Mejerchol’d e apprezzare la bellezza de Il naso o la cospirazione degli anticonformisti, tanto più che il suo regista si è detto pubblicamente contrario alla guerra, mettendo così a rischio la sua incolumità.
La storia, d’altronde, come insegna anche il celeberrimo racconto di Nikolaj Vasil’evič Gogol’ e la vicenda che ha riguardato Dmitrij Dmítrievič Šostakovič, il compositore a lungo avversato dal regime sovietico, è costellata di imbecilli, costretti ora dalla debolezza intellettuale, ora dall’assenza di senso critico, nonché di coraggio, a conformarsi al pensiero dominante.
Chržanovskij, attraverso un gioiello in tecnica mista (che va dall’animazione tradizionale alla CGI, fino alla messa in scena di ritagli di modellini di carta, dal collage digitale ai colori a pastello e quelli a carboncino, fino alle riprese dal vivo, inserti di altri film e di backstage e immagini di repertorio) compone un lungometraggio in tre atti in cui Gogol’, Šostakovič e Mejerchol’d si ritrovano nello spazio-tempo dell’Arte, “che non conosce morte e distruzione”, in un mondo dove la Cenerentola di Bellini e Rigoletto di Verdi stanno accanto a La cabala dei bigotti di Bulgakov: un omaggio «ai pionieri, agli innovatori dell’arte e della scienza, a coloro i quali anticiparono i tempi con l’audacia di andare controcorrente, a discapito del proprio benessere e spesso della vita».
Il regista Chržanovskij, in viaggio in aereo insieme a diverse personalità della cultura russa (tra cui si nota anche lo sceneggiatore e poeta Tonino Guerra, legato a Chržanovskij da una lunga amicizia. A Guerra, collaboratore storico di Michelangelo Antonioni, si deve anche la sceneggiatura di Nostalghia diretto da Andrej Tarkovsij), ricorda a un amico che Il naso di Gogol’ è considerato uno dei 100 libri da leggere prima di morire e ne rievoca la vicenda, attraverso l’omonima trasposizione operistica di Dmitrij Šostakovič. La storia è nota (e se non lo fosse se ne consiglia la lettura, magari nella splendida traduzione che ne ha fatto per Einaudi Tommaso Landolfi nel 1941. Su RaiPlaysound.it se ne trova la lettura di Massimo Popolizio): l’assessore di collegio Kovalev, che ama farsi chiamare Maggiore, una mattina si risveglia senza naso. In poche ore, scopre che ha preso vita propria e si trastulla per le strade di Pietroburgo.
Il racconto si interseca con la vita di Michail Bulgakov (scrittore che come Gogol’ era nato in Ucraina) e della sua improbabile amicizia con Stalin, sbocciata a seguito di una lettera inviata al “padre della Patria” in un momento di frustrazione artistica. Separatosi dal nuovo amico per un certo periodo, Stalin combatte la noia recandosi a teatro, scortato dal proprio stato maggiore. Al Teatro Bol’šoj di Mosca assiste all’opera Il naso di Šostakovič (in realtà l’opera era stata Lady Macbeth del Distretto di Mčensk, che dopo il successo all’estero aveva debuttato in Russia nel 1936). Lo stile inconsueto e innovativo della partitura lascia il leader sovietico interdetto, al punto da sentirsi in dovere di mettere in guardia l’amato popolo (attraverso un lungo discorso-balletto) sulla necessità di recuperare i “classici” e di combattere con fermezza i “formalisti”. Il celebre articolo della Pravda Caos anziché musica segnò definitivamente l’inizio della campagna contro il “formalismo”, sotto la quale caddero gli stessi Šostakovič e Mejerchol’d (fucilato il 2 febbraio 1940) . A chiudere il film, un omaggio a tutti quegli artisti “anticonformisti” perseguitati – e spesso giustiziati – dal regime staliniano.
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Ha spiegato il regista: «Ne Il naso, c’è una combinazione di genere, tecnica, stilistica ed estetica che mette insieme epoche diverse: la Pietroburgo di Gogol’ a tratti assume sembianze della realtà sovietica o della Russia di Putin. È una dimensione polifonica che in gran parte ha preso vita dall’intuizione, nella ricerca espressiva durante la fase concreta del lavoro. Così ho inserito sentinelle contemporanee nella Cattedrale di Kazan’ e messo telefoni cellulari nelle mani delle signore tra il pubblico. E all’ultimo momento ho pensato che sarebbe stato interessante imbrigliare i trasportatori di chiatte del dipinto di Repin all’equipaggio del Naso, mentre la folla del dipinto di Surikov La boiarda Morozova lo avrebbe salutato con la mano. Volevo che le immagini fossero il più dense possibile di dettagli e di sorprese. Nulla era premeditato in questo senso, spesso non riuscivo a immaginare l’aspetto di una scena prima che fosse finita. Il film si è costruito lungo un percorso durato molti anni, un’esplorazione straordinaria con una troupe straordinaria».
Difficile, in questo periodo storico, trovare una messa in scena più sentita e urgente della ciclica ricaduta nella repressione politica e ideologica in Russia, che ribadisca in modo altrettanto cogente il ruolo delicato e centrale della cultura, di ieri e di oggi.
Designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI, Il naso o la cospirazione degli anticonformisti è distribuito in Italia dal 5 maggio da Double Line in collaborazione con Lo Scrittoio.
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Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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