Il patto del silenzio, quel mondo spietato che è l’infanzia
Presentato in anteprima a Cannes nel 2021, sarà in sala dal 2 marzo il film belga che racconta il bullismo dal punto di vista dei bambini. Distribuito da Wanted Cinema, col patrocinio di Save The Children e la collaborazione con Telefono Azzurro e Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani
L’uomo produce il male come le api producono il miele, recita una celebre frase di William Golding, Nobel per la letteratura a cui si deve Il signore delle mosche: capolavoro della letteratura inglese del Novecento, il romanzo segue le gesta di un gruppo di ragazzini caduti su un’isola deserta, in seguito a un incidente aereo. Su quel piccolo mondo di cui sono gli unici abitanti, vengono trascinati in uno scontro tra bande fino all’autodistruzione, un abisso di malvagità e di disperazione causate dalla loro stessa natura umana. A quelle pagine, crudeli e lucide insieme, torna spesso la mente durante la visione del film Il patto del silenzio – Playground (Un monde, nel più corretto titolo originale), primo lungometraggio scritto e diretto da Laura Wandel.
La spiaggia perduta in mezzo all’oceano, eden primigenio dove Rousseau avrebbe collocato un fantomatico “buon selvaggio”, diventa il cortile di una scuola, in cui bambine e bambini mettono in atto una serie di atti di bullismo con l’unico scopo di dimostrare chi è il più forte:
un microcosmo dove l’eliminazione del corpo più fragile assurge al rango di regola non detta ma perseguita da ogni elemento interno.
«La bellezza dell’infanzia è tutta poesia ma anche tutta crudeltà. Il confine tra questi due aspetti è molto labile», si legge nelle note di regia del film belga. La macchina da presa, imbracata per essere sempre all’altezza della piccola protagonista, si concentra sullo sguardo infantile, lasciando fuori il mondo esterno, e segue tutto il tempo Nora, che al primo anno di scuola inizia a frequentare lo stesso istituto del fratello maggiore, Abel. Debole coi forti e forte coi deboli, Abel la costringerà al mutismo di fronte alla prepotenza a cui assiste con: «un approccio immersivo per essere il più vicino possibile a ciò che Nora vive e sente – dice ancora Laura Wandel – in modo che lo spettatore si proietti in questa storia e proietti elementi della propria esperienza in essa».
Encomiabile poi la scelta, sempre meno battuta nel cinema odierno, di eliminare qualsiasi commento musicale e lasciare invece che le grida degli scolari accompagnino da sole il procedere del racconto.
Lo stile ultra-realista, che rasenta il documentario, è capace così di trasmettere le tante sfumature dei sentimenti provati dai due protagonisti di Il patto del silenzio – Playground, interpretati dai giovanissimi Maya Vanderbeque (Nora) e Günter Duret (Abel), che incantano per bravura. Agli adulti, sia al padre (Karim Leklo) che alle insegnanti, spetta un ruolo di contorno, troppo concentrati come sono a risolvere i problemi per rendersi davvero conto delle dinamiche tra i piccoli alunni: saranno i bambini a doversi districare tra piccole e grandi cattiverie, trovando da soli il proprio modo di stare al mondo.
Golding consentiva ai suoi ragazzi di salvarsi grazie all’arrivo di una nave, Wandel, invece, permette a un atto di gentilezza di interrompere la violenza. Lontana dal giudicare, attenta soltanto ad aderire quanto più possibile all’interpretazione di Nora della realtà, la regista belga consegna al pubblico
un film spietato, che non manca di atterrire in più di un passaggio per la ferocia con cui i bambini si scagliano uno contro l’altro, a gesti e a parole.
Premiato alla 74esima edizione del Festival di Cannes, dove era in concorso nella sezione Un Certain Regard, con il Premio Fipresci (Fédération internationale de la presse cinématographique), Il patto del silenzio – Playground esce al cinema in Italia il 2 marzo, distribuito da Wanted, con il patrocinio di Save The Children e la collaborazione con Telefono Azzurro e ANPE (Associazione Nazionale Pedagogisti Italiani).
Saperenetwork è...
- Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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