Ne usciremo con i bordi strappati. E andrà benissimo così

"Strappare lungo i bordi", la serie di Zerocalcare, è sulla piattaforma Netflix dal novembre 2021

Ne usciremo con i bordi strappati. E andrà benissimo così

Strappare lungo i bordi, la serie di Zerocalcare, è in vetta alla classifica delle più viste sulla piattaforma Netflix. Cominciamo l’anno raccontandola, con un augurio. Quello di imparare ad accettare (e apprezzare) le nostre linee d’ombra, invece di quelle perfette che ci illudiamo di dover seguire

Finisce il secondo anno di pandemia e mentre sui social si scherza su quanto “stanno tutti esauriti” e “per fortuna che dovevamo uscirne migliori…”, qualcosa ci lascia intravedere una linea frastagliata di imperfezione con cui stiamo silenziosamente imparando a convivere. A prendere per mano questo concetto di imperfezione lungo i bordi e ad offrirlo al grande pubblico con domestica naturalezza è lui, Zerocalcare, un nome nato per scherzo e ormai conosciuto anche fuori dai confini nazionali.

 

 

Così, subito dopo l’uscita su Netflix della sua serie Strappare Lungo i Bordi, sui social iniziano a piovere citazioni che portano l’attenzione sull’accettazione del limite, sulla capacità di convivere con il fallimento della prospettiva alta. Ma ancor più sull’accoglienza della mancanza di un obiettivo chiaro.

«La verità è che io non c’ho obiettivi. So perfettamente che manda’ i curriculum è un esercizio, ‘na cosa che me serve a rappresenta’ me stesso all’interno di un paradigma d’integrazione sociale», confessa apertamente il protagonista nel quarto episodio, conscio che in fondo, in quest’epoca fluida, è quello che tentano di fare molti trenta-quarantenni. 

 

Michele Rech, celebre fumettista noto come "Zerocalcare"
Zerocalcare, al secolo Michele Rech. Fumettista romano di Rebibbia, quartiere a Nord della Capitale, ha raggiunto il successo nel 2011 con “La profezia dell’Armadillo”, suo primo albo a fumetti (Foto: Wikipedia)

 

A proporci tutto questo è un Michele Rech non ancora quarantenne che, partendo dalla periferia nord est della Capitale e dall’ambiente dei centri sociali, ha scelto con ferma determinazione di andare a bussare alle porte di un colosso multinazionale quale Netflix per proporre una serie da lui disegnata, scritta, diretta e quasi totalmente doppiata, che in poche settimane si è piazzata in vetta alle serie più viste in Italia superando Squid Games e Arcane e oggi è tradotta e sottotitolata in cinque lingue. 

Cosa sono questi bordi?

I bordi di cui parla Zerocalcare sono espressi visivamente con il contorno tratteggiato della propria silhouette. Secondo l’idea che tutti siamo destinati ad acquisire una forma precisa, ognuno  ha il suo disegno, il suo percorso tracciato.

«Pensavamo che la vita funzionasse così. Che bastava strappare lungo i bordi piano piano. Seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere», spiega il protagonista nel primo episodio.

E se questa è l’idea illusoria di due diciassettenni, il dramma generazionale arriva presto: «Strappavo senza guarda’ perché c’avevo il terrore che se abbassavo l’occhi vedevo che invece me stavo a allontana’ dalla guida. Che stavo a strappa’ tutto a cazzo e che quel foglio stava a diventa’ sempre più un casino».

 

      Guarda il video di Strappare lungo i bordi 

 

Una confessione che colpisce a livello transgenerazionale perché sono davvero in pochi quelli che nella vita hanno seguito una linea precisa, strappando diligentemente lungo i bordi, senza mancare le tappe, indovinando le curve, definendo gli angoli.

E così a fine serie vediamo questi foglietti accartocciati, che sono rimasti più o meno ciancicati nelle nostre tasche per anni: «…che so’ proprio distanti dalla forma che avevamo pensato».

Eppure da questa distanza dalla forma immaginata, da questa ammissione di fallimento dell’idea iniziale, nasce il senso umano più profondo, il calore espresso dal fuoco dei foglietti che bruciano e che più di un progetto riuscito riesce a dare senso alla vita.

«Abbiamo scoperto che se campa pure co ‘ste forme frastagliate, accettando che nun ce faranno mai gioca’ nella squadra de quelli ordinari e pacificati. Però se potemo pure strigne intorno ar foco e ricordarci che tutti i pezzi de carta so boni pe’ scaldasse».

 

L'Armadillo, co-protagonista dei fumetti di Zericalcare e incarnazione della coscienza del protagonista
L’Armadillo, ormai mitica “coscienza” e alter ego di Zerocalcare. In “Strappare lungo i bordi” ha la voce di Valerio Mastrandrea (Foto: Youtube)

 

Quel groviglio nell’angolo

Abbiamo amato la serie anche perché il linguaggio di Michele Rech è in grado di accompagnarci senza giudizio a riconoscere il diritto di esistenza delle nostre zone d’ombra. Personalissime eppure universali ed espresse magistralmente dalla descrizione della casa di Zerocalcare con le sue zone di caos.

«Io purtroppo sono un debole e non so stato capace de tene’ ‘sta casa unita come m’era stata consegnata e quindi nel tempo se so’ staccati quattro regni…».

Quattro aree riconosciute dal protagonista e nominate prendendo spunto dalla serie il Trono di Spade: Castel Cartone, Fosso Groviglio, Approdo Superfluo e Divano Minore.

E se è materialmente vero che tutti abbiamo in casa luoghi più o meno estesi di disordine incontrollato, è altrettanto vero che questi rappresentano metaforicamente quelle zone subconscie dove preferiamo non mettere mano e che finché restano nell’angolo, mangiandosi a volte qualche caricatore, senza mandare il sistema in corto circuito, è bene forse lasciarle stare, riconoscerle e non imporsi su loro.

 

Un fotogramma di "Strappare lungo i bordi": Calcare in treno, con gli amici Sarah e Secco
Un fotogramma di “Strappare lungo i bordi”. Nella serie Netflix appaiono due storici amici di Calcare, Sarah e Secco (Foto: Youtube)

 

Perché come dice Sarah nell’ultimo episodio: «Ci si uccide per un groviglio di motivi in cui ti perdi». Non a caso spettano all’Armadillo, la coscienza di Zerocalcare, nata da un suo fumetto comparso a strisce nel 2010 su Canemucco e poi edito da Bao Publishing nel 2011, le ultime parole della serie: «Io vado a fa ‘n giro. Tregua. Ma solo pe’ oggi. Capito?». Perché a volte abbiamo bisogno di mettere a tacere la voce della coscienza, mandarla a fare un giro e semplicemente darci il tempo per metabolizzare gli eventi, senza stuzzicare troppo i grovigli interiori. 

 

Le cicatrici non sono trasferelli

Se in molti ci siamo riconosciuti nelle affermazioni di Zerocalcare forse è perché abbiamo evitato anche noi di abbassare lo sguardo con il timore di accorgerci che i nostri progetti stavano perdendo forma, che la linea tratteggiata del disegno perfetto ormai era lontana.

Ma soprattutto abbiamo imparato a convivere con le nostre cicatrici, a guardarle senza cercare di nasconderle. Perché, come dirà Alice nell’ultimo episodio, una cicatrice «..Se andava via con l’acqua era un trasferello. È una cosa che fa paura, ma è anche una cosa bella».

Forse stiamo capendo che la resilienza, tanto sbandierata negli ultimi mesi, possiamo lasciarla ai cuscini del divano, e permettere alle nostre ferite di cicatrizzarsi lasciando il segno, e questo segno possiamo imparare ad amarlo perché è quella linea tratteggiata che racconta con autenticità il percorso della nostra vita.

 

 

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Dafne Crocella
Dafne Crocella
Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.

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