«La Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio segnala con grandissima preoccupazione come, tra gli effetti collaterali del conflitto, questa nuova policy di Meta, se confermata, andrebbe in direzione contraria rispetto a tutti gli sforzi fatti negli ultimi anni a tutti i livelli istituzionali – dal Consiglio d’Europa all’Onu e al Parlamento Europeo – per chiedere alla piattaforme di dotarsi di community standard rigorose, di responsabilizzarsi nei confronti della circolazione di contenuti d’odio, e di lavorare sempre più efficacemente per la loro moderazione e rimozione.»
Questo il comunicato della Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio lanciato ieri sulla decisione di Meta di sdoganare gli appelli alla violenza contro i soldati russi e contro i Russi «nel contesto dell’invasione all’Ucraina», nonché contro Putin e il bielorusso Lukashenko.
La Rete riunisce molte realtà che da tempo si occupano di studiare, mappare e contrastare i fenomeni d’odio e gli hate speech: Amnesty, No Hate Speech Movement, Action Aid, Carta di Roma, Vox Italia, Rete Lenford e altre ancora.
L’iniziativa di Meta
La “modifica temporanea” delle politiche sui discorsi d’odio era contenuta in alcune mail interne dirette ai “moderatori” delle piattaforme Facebook e Instagram, come reso noto dall’agenzia Reuters giovedì sera. Qualche ora dopo, il portavoce di Meta Andy Stone aveva confermato:
«Come conseguenza dell’invasione russa dell’Ucraina abbiamo temporaneamente consentito forme di espressione politica che normalmente violerebbero le nostre regole, come discorsi violenti del tipo “morte agli invasori russi”. Non intendiamo ancora permettere appelli alla violenza contro i civili russi».
Ma nelle e-mail intercettate da Reuters risultavano autorizzati, contrariamente al solito, persino eventuali elogi del battaglione Azov sebbene «strettamente nel contesto di difesa dell’Ucraina, nel loro ruolo di parte della guardia nazionale ucraina». Tali deroghe alle politiche contro l’hate speech varrebbero per alcuni paesi limitrofi allo scontro in atto: Armenia, Azerbaijan, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina.
Secondo la Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio questa scelta «introduce di fatto una nuova fattispecie di discorso d’odio, quello a geografia variabile: Meta autorizza temporaneamente la circolazione di messaggi d’odio nei confronti dei russi in Polonia o in Lituania e non, ad esempio, in Italia, subordinando le sue linee di indirizzo alla valutazione degli equilibri geo-politici a discapito di criteri generali e oggettivi».
Risposte e ritorsioni online
Alla notizia, l’ambasciata della Russia negli Usa aveva chiesto a Washington di «fermare le attività estremiste di Meta (…). La politica aggressiva e criminale di Meta che porta all’incitamento all’odio e all’ostilità verso i russi è un’altra prova della guerra senza regole dichiarata contro il nostro paese». Successivamente, Anton Gorelkin, a capo del Comitato russo sui tecno-media aveva dichiarato: «Quello che Meta sta facendo è chiamato incitamento all’odio razziale, che nella legge russa si chiama estremismo».
☝️We demand that ?? authorities stop the extremist activities of @Meta, take measures to bring the perpetrators to justice. Users of #Facebook & #Instagram did not give the owners of these platforms the right to determine the criteria of truth and pit nations against each other. https://t.co/1RkrjRmEtA pic.twitter.com/sTacSm4nDt
— Russian Embassy in USA ?? (@RusEmbUSA) March 11, 2022
In risposta alla decisione di Meta, alle 00:00 di ieri 14 marzo, la Russia ha oscurato Facebook e Instagram. Aveva già ristretto l’accesso a Facebook e Twitter il 5 marzo scorso, dopo che in Europa i media di stato russi RT e Sputnik si erano visti impedire l’uso delle due piattaforme. Inoltre, le cinque sedi europee di RT e Sputnik erano state chiuse a inizio marzo per iniziativa della Commissione Europea, sanzione «contro i media finanziati dal Cremlino e implicati nella disinformazione e strumentalizzazione dell’informazione», riportava l’annuncio della Ue.
In Russia Facebook è meno diffuso rispetto ad altri paesi, mentre Instagram è il secondo social più utilizzato (dopo il russo Vkontakte, gemello autoctono di Facebook) secondo dati del sito tedesco Statista.com, tanto che la chiusura di ieri era stata annunciata con un anticipo di 48 ore per consentire agli utenti di «copiare le proprie foto e avvisare i propri contatti».
Un’escalation della guerra anche sul piano della comunicazione
Instagram è molto usato dalle piccole attività commerciali, che potrebbero risentire dell’oscuramento, sebbene i profili degli utenti russi restino accessibili via Vpn, almeno finché la Russia non sceglierà una disconnessione totale dall’internet globale. In ogni caso, lo “spegnimento” di Instagram rappresenta un altro passo significativo nell’isolamento della Russia, scelto o subìto.
«Questo cambio di rotta – segnala ancora la Rete contro l’odio, riferendosi alle policy di Meta – normalizza l’hate speech di e tra utenti, rende transitorie raccomandazioni e pratiche necessarie ad impedire l’imbarbarimento della comunicazione e dell’interazione via social, e irresponsabilmente faciliterà ancora di più la diffusione di odio in un contesto già drammaticamente violento».