Conversazioni con la città. Le scale di Diavù
Riprendiamo le nostre “conversazioni” urbane, e dopo la salita del Cupolone restiamo a Roma, per salire altre scale. Sono le cinque scalinate che lo street artist Diavù, ha dedicato a cinque attrici del cinema italiano. Una passeggiata che ci porta a riscoprire le periferie e i quartieri centrali dell’Urbe, tra storia e narrazione cinematografica
Abbiamo ripercorso le scale del Cupolone con il loro potere simbolico di ascesa verso i cieli e rinascita, interrogandoci sul rapporto tra mondo terreno e mondo celeste nella Città Eterna. Ma la vita che scorre con ampi slalom tra i simboli di Dio e Cesare, la vita con il sangue nelle vene che brulica da millenni tra vicoli, piazze e mercati usa altre scale, sale e scende gradini nel quotidiano. Ci sono scale che passano inosservate, semplici collegamenti tra livelli che non hanno pretese simboliche, né velleità artistiche, ma che, forse proprio per questo, riescono a raccontare gli alti e bassi del popolo romano nel suo incessante passaggio.
Popstairs
Diavù, al secolo David Vecchiato, l’ormai noto street artist romano scelse proprio le scale per la manifestazione dell’estate Romana 2015 Ossigeno – Popstairs: un laboratorio di riattivazione culturale urbana mosso dall’idea di rendere l’arte accessibile a tutti. Niente di più ovvio se si vive a Roma, dove tra rovine e monumenti l’arte straborda da musei e gallerie e invade le strade. Tanti gli scrittori e i registi che hanno raccontato il fascino della nostra Capitale legando il quotidiano ai grandi monumenti.
Ma la scelta di Diavù non è una sottolineatura dell’importanza dell’incontro tra creatività e quotidianità, quanto piuttosto il riconoscimento poetico di una tessitura che sa collegare forme narrative diverse, dal cinema alle arti visive. Sappiamo bene che spesso è proprio il cinema, che, nel raccontare il romanzo della vita di tutti i giorni, rende poeticamente famose piazze e fontane. Una su tutte la fontana di Trevi, bella, imponente, ma probabilmente capace di arrivare al cuore e all’immaginario sognante di mezzo mondo grazie a Federico Fellini che nel 1960 l’ha raccontata ne La Dolce Vita, più che a quello di Nicola Salvi e Giuseppe Pannini che l’hanno costruita nel 1762.
Scale per le stelle
Lo sguardo dei grandi registi sa che, per dirla con Umberto Saba il «pensiero si fa più puro dove più turpe è la via». Così Roberto Rossellini abbandona il centro storico scegliendo strade poco note, spingendosi fino a Primavalle per ambientare il suo Europa’51 (1952). Da questa suggestione parte il lavoro di Diavù, L’idea iniziale era legata a tre scalinate collegate a tre volti femminili del cinema italiano: Ingrid Bergman in via Flamignano, Michèle Mercier a Corso Francia e Elena Sofia Ricci in via Ugo Bassi. A queste nel 2016 si è aggiunta l’intramontabile Anna Magnani sulle scale del mercato Trionfale di via Andrea Doria.
Una narrazione urbana ipertestuale che dalla polvere della strada raggiunge il grande schermo, per poi tornare tra il frettoloso calpestio quotidiano. Forse in questi giorni di limbo in cui in molti siamo tornati turisti delle nostre città, possiamo riappropriarci dei dettagli di Roma e riscoprire, tra un film e una passeggiata, volti e trame che l’arte ha saputo legare al nostro quotidiano.
Le attrici scelte da Diavù sono donne che hanno saputo salire le scale del successo cinematografico con la fatica e la costanza che il mondo dell’arte richiede. Attrici che hanno dovuto tenere per mano la propria determinazione gradino dopo gradino.
Questo il parallelo che ha mosso la ricerca artistica di Diavù: le scale come metafora di ascesa verso i propri sogni, proiezione verso l’alto, lungimiranza e caparbietà, tutti ingredienti essenziali nelle carriere delle quattro grandi attrici.
Da San Pietro a Primavalle
Oltre a ricollegarci simbolicamente con il valore della determinazione nelle proprie scelte, il progetto di Diavù inevitabilmente ci porta verso una riflessione storico urbanistica. Nel 1931 Mussolini decise di liberare il Centro Storico della Capitale dalle classi operaie più povere che lo abitavano da generazioni e ne avevano caratterizzato l’anima.
Con il nuovo piano regolatore, mentre nelle strade centrali venivano effettuati pesanti sventramenti per isolare i grandi monumenti e trasformare i quartieri in piacevoli immagini da cartoline, nelle periferie iniziava la costruzione di nuovi quartieri dormitorio.
Tra il 1927 e il 1938 nascono così le cosiddette 12 “borgate ufficiali”. Tra queste Primavalle, insieme al Trullo, Val Melaina, Pietralata, Quarticciolo, Tor Marancia, dove furono ridistribuite le famiglie del centro storco. In particolare Primavalle fu popolata dalle famiglie che abitavano i vicoli intorno a San Pietro e che subirono la demolizione delle loro case, che permise al regime di ottenere la maestosa via della Conciliazione. Cosa avrebbe pensato Michelangelo nel vedere distrutto l’intreccio di vicoli che improvvisamente si affacciava sul Colonnato, è una domanda che molti di noi romani o abitanti dell’Urbe, ci poniamo quando passando nel traffico di Lungotevere ci ritroviamo sulla destra l’imponente vista di San Pietro.
Guarda l’intervista allo street art David Vecchiato
Gentrificazione ante litteram
Ma più viva e inquietante è la domanda di cosa abbiano vissuto le famiglie del Centro Storico quando sono state trasferite nelle borgate perché ritenute indegne del cuore di Roma. Sappiamo che il cuore non risiede nella pietra dei grandi monumenti ma nel petto di chi li vive quotidianamente, così, mentre il centro si è ritrovato cassa toracica senza cuore, le borgate sono diventate un cuore ferito fuori dal petto. Questo indubbio processo di gentrificazione ha mosso l’interesse di artisti e registi e da questa sofferenza parte la prima scalinata di Diavù, quella dedicata a Ingrid Bergman e alla sua interpretazione in Europa’51, pellicola neorealista girata da Rossellini proprio tra la gente di Primavalle.
La scala è oggi uno scorcio che si coglie rapidamente percorrendo via Trionfale e che ci lascia con la sensazione di una ricchezza territoriale fatta di storie ancora da scoprire nascoste nel pulsare delle periferie. Seguirono la scalinata in Corso Francia dedicata a Michèle Mercier e alla sua interpretazione ne Il Giovedì (1963) di Dino Risi, con l’ultima scena girata proprio su questa scala. A Trastevere possiamo invece trovare la giovane Elena Sofia Ricci nei panni di Cristina, l’eroina risorgimentale di In nome del Popolo Sovrano (1990) di Luigi Magni. Quasi a volersi ricollegare con la prima opera l’ultima è nelle vicinanze del cuore della via Trionfale e si può scorgere percorrendo via Andrea Doria, è la nostra Anna Magnani sulle scale del Mercato Trionfale, un efficace richiamo alla veracità del cuore di Roma spesso sostenuta proprio dalle donne che nelle loro pesanti sporte sanno portare pane e rose.
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Saperenetwork è...
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Dafne Crocella è antropologa e curatrice di mostre d’arte contemporanea. Dal 2010 è rappresentante italiana del Movimento Internazionale di Slow Art con cui ha guidato percorsi di mindfulness in musei e gallerie, carceri e scuole collaborando in diversi progetti. Insegnante di yoga kundalini ha incentrato il suo lavoro sulle relazioni tra creatività e fisicità, arte e yoga.
Da sempre attiva su tematiche ambientali e diritti umani, convinta che il rispetto del proprio essere e del Pianeta passi anche dalla conoscenza, ha sviluppato il progetto di Critica d’Arte Popolare, come stimolo e strumento per una riflessione attiva e consapevole tra essere umano, contemporaneità e territorio. È ideatrice e curatrice di ArtPlatform.it, piattaforma d’incontro tra creativi randagi.