Sono oltre tremila i morti accertati secondo la giunta militare del Myanmar, che ieri ha confermato anche quasi cinquemila feriti e oltre 300 dispersi a seguito del devastante terremoto dello scorso 28 marzo. Al momento le temperature oltre i 40°C non facilitano la situazione, mentre la necessità di soluzioni abitative è acutizzata dal prossimo arrivo dei monsoni, previsto per maggio.
Tregua o non tregua
Il 2 aprile la giunta aveva annunciato un cessate il fuoco fino al 20 aprile, nella guerra che oppone esercito e milizie etniche dal 2021, per facilitare le operazioni di soccorso. Un cessate il fuoco che non ha retto, riportava un’agenzia di ieri pomeriggio, secondo cui alcuni abitanti della regione di Sagaing hanno testimoniato che i militari hanno condotto operazioni durante la notte. L’Esercito di liberazione nazionale Ta’ang (Tnla), uno dei tre movimenti ribelli, ha inoltre denunciato ieri che alcuni reparti hanno aperto il fuoco su un convoglio di aiuti diretto a Mandalay della Croce rossa cinese.


La risposta internazionale
Regno Unito, Australia, Usa, Cina e il Fondo centrale per le emergenze delle Nazioni Unite hanno annunciato o già inviato aiuti in denaro per oltre 35 milioni di dollari. Malaysia, Singapore, Thailandia, Russia, India, Cina, Irlanda, e l’Organizzazione mondiale della sanità hanno mandato o promesso forniture, soccorritori, professionisti sanitari. L’Unione Europea ha avviato ieri un ponte aereo umanitario per convogliare 80 tonnellate di materiale d’emergenza a Mandalay. In Italia il viceministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Cirielli ha deliberato un contributo di 2 milioni di euro a favore della Federazione Internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.
Il dilemma degli aiuti
La dittatura militare complica però l’accesso agli aiuti. Da più fonti emerge come il regime abbia monopolizzato la gestione di soccorsi medici e forniture umanitarie, dirottandoli verso le zone sotto il proprio controllo o rallentando con posti di blocco l’arrivo dei convogli nelle aree in cui si trovano i centri della resistenza. Anche prima del terremoto l’esercito controllava e politicizzava ogni tipo di aiuto provenienti dall’estero, limitando accessi e spostamenti degli operatori umanitari.


Ong all’opera
A integrare quanto abbiamo pubblicato nel precedente aggiornamento sul sisma in Myanmar, riportiamo nuove informazioni su organizzazioni non governative attive sul campo.
Oxfam
Il team Oxfam di risposta alle emergenze sta distribuendo kit per l’igiene, kit per la dignità e kit per le famiglie, destinati a rispondere alle necessità immediate dei sopravvissuti. In collaborazione con i partner locali, cerca di garantire che gli aiuti raggiungano rapidamente le zone più colpite e di limitare il più possibile le perdite.
Medici senza frontiere
I team di Medici senza frontiere sono a Mandalay e nello Stato dello Shan meridionale. Si tratta di medici, logisti e specialisti in acqua e servizi igienico-sanitari. Stanno fornendo serbatoi d’acqua all’ospedale di Mandalay, installando tubature e pompe idriche e distribuendo scorte d’acqua e recipienti per la gestione dei rifiuti. La mancanza di acqua rappresenta un problema per l’immediata sopravvivenza della popolazione e si teme possa causare epidemie.
Cesvi
Anche il personale Cesvi si trova nelle regioni di Mandalay e nello Shan meridionale. Le tre squadre sul campo stanno organizzando azioni di soccorso e nel contempo analizzano le necessità e raccolgono le richieste della popolazione. «L’ingresso dei beni umanitari nel Paese è molto complesso – spiega il capo missione Cesvi, Paolo Felice – Grazie alla conoscenza del territorio e dei fornitori siamo in grado di far arrivare gli aiuti in maniera più rapida. Ma le difficoltà sono comunque molte».
MedAcross
MedAcross supporta Moe Thauk Yaung Chi (MTYC), organizzazione della società civile attiva a Mandalay attraverso cliniche mobili. Il sito riferisce di circa 250 visite giornaliere (80% donne e 10% bambini) in cui si curano ferite dovute ai crolli e si distribuiscono medicinali soprattutto a bambini ed anziani. Insieme al Myanmar positive group (MPG), network di persone Hiv positive che generalmente supporta pazienti con Aids, MedAcross ha anche pianificato un intervento di distribuzione di acqua. Con il supporto di 15 monasteri che metteranno a disposizione pozzi e rifornimenti idrici, si avvierà un’attività di pompaggio e distribuzione di acqua a circa tremila persone nella città.