

Può accadere che le grandi avventure non abbiano bisogno di migliaia di chilometri percorsi in treno o aereo, con ore di jet lag da smaltire. È possibile affrontare un viaggio inaspettato e intessere una relazione che cambierà la vita semplicemente stando seduti nel proprio giardino. Lo testimonia Carl Safina, biologo e scrittore statunitense, nel suo libro appena pubblicato in Italia, Alfie e io. Quello che i rapaci sanno, quello che gli umani credono, edito Adelphi e tradotto in italiano da Isabella C. Blum. Se nelle precedenti opere ritrovavamo l’autore impegnato in spedizioni per il mondo — nel parco di Yellowstone per osservarne i lupi o immerso nella foresta amazzonica ad ammirare la bellezza delle are scarlatte — qui il racconto si fa più intimo, ma non meno entusiasmante. Il principio di questa storia è l’incontro di Safina.
Ovvero con un piccolo rapace in difficoltà, la cui quotidianità svelerà il grande intreccio che lega tutti gli esseri viventi.
Un batuffolo di piume
Nel giugno 2018, Carl Safina riceve un messaggio con una foto allegata: è un batuffolo di piume sporco e arruffato, cosparso di uova di mosca, più morto che vivo. Nonostante le previsioni poco ottimiste, l’autore decide di prendersene cura. Trascorreranno i mesi e, tra le pagine del libro, inizierete a conoscere meglio Alfie, questo sarà il suo nome, ispirato ad Alfalfa, protagonista della serie Le simpatiche canaglie: un assiolo americano orientale il cui sesso si scoprirà solo in seguito.
Verso mondi sconosciuti
Sarete trascinati dal vortice di emozioni per le sue difficoltà e conquiste e vi ritroverete nei panni di Safina, consapevole di quanto sia fondamentale per un animale selvatico conquistare la propria indipendenza e libertà, ma frenato dall’affetto che inizia a nutrire per la sua piccola amica. Lei è un ponte verso mondi sconosciuti a noi esseri umani, soprattutto nell’epoca in cui viviamo, frenetica e solitaria. Così Safina scrive nelle prime pagine del libro: «Alfie è diventata un varco per accedere alla realtà parallela adiacente alla nostra esperienza umana. È stata il mio passaporto per entrare in quel regno, più antico e più sano, di solito negato ai visitatori stranieri».
Il dualismo occidentale
La descrizione delle fasi della vita di Alfie si alternano a riflessioni su come la cultura occidentale, nel suo sviluppo attraverso i secoli, ci abbia allontanati da una visione che unisce l’essere umano alla Terra e agli altri suoi abitanti, abbia alimentato il dualismo tra spirito e corpo, abbia nutrito l’individualismo a scapito della comunità, abbia suddiviso la conoscenza in particelle così piccole da farci perdere il quadro d’insieme. Sebbene gli appunti dell’autore sulla storia della filosofia e delle religioni in occidente a volte sembrino peccare di una certa parzialità, senza dubbio il suo pensiero trova fondamento nel degrado ambientale e sociale in cui è possibile imbatterci oggi.
Tutti i richiami del mondo
Da bravo ecologo, quindi specializzato nell’indagare le interazioni tra gli esseri viventi e gli ambienti in cui vivono, Safina trova conforto e risposte nelle relazioni che possiamo intrecciare con l’altro, animale umano e non umano: «Tagliare un tratto del filo spinato che ci chiude in recinti costruiti da noi stessi, vederci riflessi negli occhi di un altro, e poi consentirci di sentire “qualcosa di condiviso” significa donare parte del nostro isolamento a una identità più ampia. Tutte le voci dei tordi migratori e delle ghiandaie, tutti i nitriti e i trilli di Alfie, tutti i richiami del mondo – compresi i nostri – sembrano esprimere un desiderio comune: creare contatti, stabilire connessioni».
Stupore e meraviglia
Carl Safina ci avvolge con i ritmi lenti di una quotidianità mutata dall’avvento della pandemia, una pausa che gli permette di godere della compagnia della sua famiglia — in cui sono compresi una moglie, tre cani e un gruppo nutrito di galline — e di soffermarsi sul rapporto con Alfie, che diventa una messaggera. La sua vitalità, la sua indipendenza acquisita, l’incontro con un altro assiolo, la formazione di una nuova famiglia, ma anche quella particolare amicizia che riesce a intrattenere con gli umani pur essendo libera: la vita di Alfie è una manifestazione di pura bellezza, di quel senso di stupore e meraviglia che può salvare noi stessi e il Pianeta che stiamo distruggendo
La bellezza ci salverà
Un insegnamento con cui l’autore ci lascia nelle ultime righe di questo suo diario personale, più che etologico: «La bellezza fa sì che la vita valga lo sforzo che essa ci impone. La bellezza ci può salvare. Quindi noi dobbiamo salvare la bellezza». Poi si domanda:
«Qual è l’uso migliore che possiamo fare della nostra esistenza? Stabilire connessioni. Questa è la mia risposta».