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Chernobyl Italia

Chernobyl Italia. Segreti, errori ed eroi: una storia non ancora finita

Stefania Divertito, con il suo libro Chernobyl Italia, racconta il disastro nucleare che cambiò il mondo. E i giorni in cui l'Italia si dimostrò accogliente e solidale
23 Novembre, 2019
4 minuti di lettura
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Il 26 aprile 1986, alle ore 1, 23 minuti e 58 secondi, dal reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl si sprigionò la nube di materiale radioattivo che nel giro di poche ore contaminò la Bielorussia. Nei giorni successivi tracce di radioattività furono rilevate in molti territori europei, asiatici e americani. Dopo quell’esplosione il mondo non fu più lo stesso. A distanza di 33 anni, con Chernobyl Italia, Stefania Divertito ci propone una ricostruzione di quei giorni, anche attraverso le parole di chi fu costretto a lasciare la propria terra e trasferirsi in Italia.

 

Stefania Divertito, giornalista d'inchiesta
La giornalista d’inchiesta Stefania Divertito

Tra accoglienza e segreti

In quella guerra non dichiarata fra Uomo e Natura, le famiglie del nostro Paese aprirono le porte a più di 500.000 bambini dell’Est. A differenza di altri Paesi, dove i piccoli ospiti erano accolti in istituti e strutture educative, l’Italia offrì per lo più accoglienza in famiglie.

Nel libro, le storie di accoglienza si incrociano con il lato oscuro di Chernobyl, fatto di test rinviati troppe volte, di segreti, di ricostruzioni fallaci, di verità deformate, in un mondo diviso dalla Cortina di ferro, guidato da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov.

Ci sono voluti vent’anni e la determinazione di Alla Yaroshinskaya, giornalista e scrittrice ucraina, ex deputata dell’Unione Sovietica ed ex consigliera del presidente russo Boris Eltsin, per scoprire che per settimane il governo sovietico partecipò con atti e documenti riservati alla rimozione collettiva: i limiti di legge relativi alle radiazioni furono aumentati, fu disposto di usare per gli insaccati anche la carne radioattiva, fu nascosto il reale numero delle vittime. E ad oggi ancora non conosciamo il numero esatto delle persone morte a causa delle radiazioni. In un’intervista del 2006, Viktor Bryukhanov, direttore della centrale, dopo aver scontato quindici anni di pena, ammise che le indagini sulla causa del disastro furono orchestrate per un motivo preciso: scagionare l’industria nucleare. Tanti furono gli errori. La centrale fu progettata e realizzata con molti difetti: instabile, erano frequenti le escursioni termiche incontrollate, il tetto non era in grado di sopportare la pressione interna. Il sistema di blocco, inoltre, era lento. E come se non bastasse, il direttore Bryukhanov, il capo ingegnere Formin, il vice capo ingegnere Antoly Djatalov, non avevano alcuna esperienza di reattori nucleari di quella dimensione. Mancò il controllo da parte degli enti preposti e il personale non era addestrato.

La nube radioattiva che scavalcò la censura

Ma Chernobyl è anche la forza della nube radioattiva e messaggera che raggiunse il 27 aprile Helsinki e sfidò la censura sovietica. Soltanto grazie alle autorità svedesi il mondo venne a conoscenza di cosa stava succedendo in Bielorussia. I giorni successivi all’esplosione furono concitati, pieni di angoscia e di atti di coraggio: tecnici, funzionari, vigili del fuoco, cittadini, per evitare la morte di milioni di persone, accettarono di calarsi nelle viscere del reattore e ripulire la zona, la scena del crimine ambientale, mettendo in gioco la propria vita. Questi eroi, conosciuti come liquidatori, furono circa 600.000.

L’annuncio del disastro di Chernobyl in Italia

Nel nostro Paese, gli echi della tragedia ebbero conseguenze importanti. Il Wwf e Lega per l’ambiente (si chiamava così l’attuale Legambiente) chiesero al governo di diffondere i dati di rilevazione della radioattività. In molti si schierarono  contro il tentativo del ministro dell’Industria (ancora non esisteva un ministero dell’Ambiente autonomo) di aprire venti nuove centrali nucleari, oltre a quelle già attive di Garigliano, Latina, Trino e Caorso

L’Italia che disse no al nucleare

Massimo Scalia, docente di fisica e storico deputato dei Verdi, con una conferenza stampa, il 30 aprile 1986, smentì i dati tranquillizzanti che provenivano dall’Unione sovietica. Francesco Rutelli e Gianfranco Spadaccia occuparono la centrale di Latina. Parole e  gesti che riuscirono a coinvolgere nel  dibattito sul nucleare  gli operai, gli studenti, i sindacati, gli agricoltori.  Cominciò a formarsi proprio in seguito a quel disastro un pensiero ecologista unitario. 

 

Manifestazione contro il nucleare 10 maggio 1986
Manifestazione contro il nucleare 10 maggio 1986 (Fonte: Wikipedia).

 

E il 10 maggio 1986 l’Italia divenne protagonista in Europa: in piazza scesero 150.000 persone per lanciare un messaggio chiaro a Giuseppe Zamberletti, ministro della Protezione civile in quella stagione politica, a Costante Degan, ministro della Sanità, a scienziati e al governo: no al nucleare.  Un no che diverrà definitivo con il referendum del 1987. 

Chernobyl, ieri, oggi e domani

Sono passati trentatré anni da quella manifestazione e da quella esplosione. Oggi, purtroppo, Chernobyl da luogo di dolore, sta diventando una meta turistica dark, luogo di un turismo superficiale, esibizionista e da selfie. Come racconta il libro della Divertito, infatti,  oltre la zona di salvaguardia, turisti spregiudicati muniti di maschere e contatori Geiger sfidano le radiazioni e la morte

 

Guarda il video del progetto di Legambiente  realizzato a Chernobyl

 

Allo stesso tempo, però, nonostante le aberrazioni delle modernità, c’è chi ha pensato di far rivivere l’economia di quei luoghi. È il caso dell’impresa The Chernobyl Spirit Company, che utilizza il grano proveniente dalla zona di esclusione per produrre la vodka Atomik. O quello di Legambiente, che tramite l’impegno di Angelo Gentili, ha realizzato una rete di dieci serre diffuse nelle scuole dei villaggi più inquinati. A Vileika, in Bielororussia, l’associazione ambientalista con il centro Nadiesda (Speranza) ospita bambini che provengono dalle zone più contaminate e che hanno bisogno di terapie.

 

 

Con questo libro, Stefania Divertito, come gli attivisti del 1986, ci invita soprattutto a non abbassare la guardia. Non sempre impariamo dalla storia. Basterebbe ricordare ciò che è avvenuto a Fukushima. Dopo otto anni dal disastro, è stato annunciato dall’operatore dell’impianto che sarà necessario versare in mare il materiale radioattivo che non si riuscirà a stoccare. E senza spostarci troppo lontano, ricordiamo che reattori con lo stesso design di Chernobyl sono ancora operativi in Europa orientale. Sono stati eliminati soltanto alcuni difetti dopo l’indagine sul disastro.

Mielizia

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Michele D'Amico
Michele D'Amico
Sono nato nel 1982 in Molise. Cresciuto con un forte interesse per l’ambiente.Seguo con attenzione i movimenti sociali e la comunicazione politica. Credo che l’indifferenza faccia male almeno quanto la CO2. Giornalista. Ho collaborato con La Nuova Ecologia e blog ambientalisti. Attualmente sono anche un insegnante precario di Filosofia e Scienze umane. Leggo libri di ogni genere e soprattutto tante statistiche. Quando ero piccolo mi innamoravo davvero di tutto e continuo a farlo.
Mielizia
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