Ai tempi dei multimediali, si usava pubblicarli su dischi ottici, Cd e Dvd, e poi Blu-ray. E la disponibilità di masterizzatori e software a basso costo e di stampanti a colori di qualità per etichette e copertine, rendeva letteralmente possibile per chiunque la pubblicazione, in casa, a scuola, di prodotti praticamente identici, come aspetto, confezione, struttura interna, a quelli della grande industria, delle major discografiche e cinematografiche, delle grandi e prestigiose case editrici.
Insieme con i blog, potenziali veri e propri giornali on line che ci si può fare da soli, si tocca con mano il passaggio possibile di chiunque – magari non sempre individualmente, magari certe cose imparando a farle insieme – da consumatore a produttore di informazione, di musica, film, multimediali: opere finite, riproducibili, distribuibili.
Multimedia ad oggi. Un po’ di storia
Troppo bello, facile, e lontano dalla nostra immaginazione per essere vero? Non a caso blog e dischi ottici sono da anni parimenti in crisi, in tempi di app che fanno, pensano e decidono per noi!
Quando Cd e Dvd come memorie di massa sono stati soppiantati da chiavette, schede e dischi Ssd, alcuni produttori hanno iniziato a togliere lettori e masterizzatori non solo dai computer portatili (meno peso), ma anche da quelli da tavolo, offrendo a tutti la “comoda” soluzione del cloud, con cui affidare i dati (i nostri!) in rete a qualcun altro, che li tiene e custodisce chissà dove.
Intanto, per l’appena nata editoria multimediale non si trovavano e nemmeno cercavano altri supporti, si smetteva di farla, tanto non la capiva nessuno. Restavano solo ebook uguali ai libri di carta e poi il Web dove – ci spiegano – l’utente medio si ferma sulle pagine solo pochi minuti.
L’utente medio e lo “spezzatino della Rete”
È come se si smettesse di pubblicare la Treccani perché l’utente medio preferisce i tweet! E anche prodotti più tradizionali per cui i dischi si usano ancora, come gli album di musica e i film – pensati dagli autori con un ordine e un senso, contenuti extra, confezione e grafica che pure fanno parte del prodotto – sempre più vengono ridotti a spezzatino della rete, da cui si scaricano, si ascoltano, si guardano in streaming le singole canzoni e i film. Ma non è propriamente la stessa cosa.
Intendiamoci, il cloud per certi lavori è utilissimo, ma così per la gran massa degli utenti diventa “superflua” una fondamentale competenza informatica – più importante che imparare nei corsi software, interfacce e procedure che con il tempo possono cambiare – cioè sapere dove stanno i nostri dati e da dove li possiamo recuperare.
L’archiviazione automatica per tutti, insieme con le app monouso e social network sempre più a prova di analfabeta in cui si dissolve l’idea stessa di Rete, rischiano di chiudere in senso piattamente consumistico ogni possibile partecipazione attiva dei cittadini alla società dell’informazione.
Giocare è fare
Usiamo una tecnologia da fantascienza per ordinare la pizza e insultare e minacciare on line chi la pensa diversamente da noi, sempre più soli, infelici, disperati di poter agire davvero nel mondo, con pericolo crescente per la stessa democrazia. In quei multimediali i protagonisti erano i bambini, non il trend del mercato. Giocando, come con la palla o le bambole, con macchine e software potentissimi per conoscere, esprimersi, comunicare insieme, si rendono conto che possono in prima persona fare qualcosa di molto simile ai prodotti che consumano, alla televisione, ai videogiochi: «Allora, è così che fanno!».
È la frase magica, la consapevolezza istintiva che con i mezzi di oggi tutti possiamo passare dall’altra parte.
L’animazione e la parola ai bambini
E le esperienze in cui avevamo prodotto quei multimediali, una volta tutto il mondo le chiamava di animazione (teatrale, ma non solo, perché da lì si aprono infiniti mondi), in italiano, prima che da noi con quel termine ricco e ambiguo si indicasse quasi solo il suo contrario, in spiaggia o in discoteca e anche in educazione. Come non avessimo un storia nostra e incominciassimo a usare sempre più spesso mal comprese parole inglesi (flipped class come spending review e jobs act? E uno d’istinto sente odore di fregatura…).
Animazione è tirare fuori le risorse dei singoli e dei gruppi, dare la parola ai bambini che, liberati nelle loro potenzialità espressive, nel multimediale come nel teatro, «educano gli attenti educatori!». (Walter Benjamin, Programma per un teatro proletario di bambini, 1929).