È questione di istanti e di millimetri, è questione di occhio e di cuore, è questione di attese e di intese. La fotografia è catturare un attimo e imprigionarlo all’infinito, è dedicarsi a un dettaglio e renderlo universale, è soprattutto esserci. Non si può copiare e incollare, delegare o rimandare. Bisogna trovarsi lì: al punto giusto nel momento giusto con la testa giusta e la macchina pronta.
Un click e via.
E allora bisogna andare, viaggiare, seguire, accompagnare, esplorare, trovare, interpretare. E scattare. Le fotografie sono testimonianze. A volte quadri o affreschi, denunce o cronache, domande o risposte. Ma sempre testimonianze.
Penso a questo, e lo vedo, nelle foto di Sergio Vettori. Testimonia la nostra seconda tappa sul Cammino dei vulcani, da Trevignano a Campagnano, ventotto chilometri nell’alto Lazio – a piedi – in un ambiente che solo fidandosi delle parole dei geologi si può immaginare come mare e isolotti (il Soratte), poi crateri ed esplosioni (il primo a Sacrofano), adesso borghi e Cassia, ulivi e noccioli, picchi e aironi.
Sergio Vettori è di Campagnano, lavora a Campagnano, ritrae Campagnano. Già l’appartenenza al territorio ne fa una testimonianza superiore.