muso di cucciolo di cane nero
(Foto: Rachel Claire da Pexels)

Cani alla catena, cosa sta cambiando in Italia

Quali regioni italiane hanno fatto passi avanti verso l’affermazione del benessere animale? A un anno dalla pubblicazione del primo rapporto “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena”, realizzato da Green Impact con l’associazione Save the Dogs and other Animals, vediamo le novità

10 Febbraio, 2022
3 minuti di lettura

È trascorso quasi un anno dalla pubblicazione del primo rapporto “Verso il divieto di tenere i cani legati alla catena”. Il documento era stato realizzato da Green Impact, startup che promuove pratiche trasformative ecologiche ed economiche, insieme all’associazione Save the Dogs and other Animals, che è da più di 20 anni in prima linea nella lotta al randagismo e nella tutela degli animali. Il rapporto evidenziava quanto le leggi regionali fossero eterogenee nei divieti e nelle sanzioni riguardanti questa pratica.

 

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Tenere cani alla catena oggi è giudicato intollerabile da un punto di vista veterinario ed etologico. Cosa è cambiato in questi mesi? Quali regioni hanno deciso di fare passi avanti verso l’affermazione del benessere animale?

La situazione italiana un anno fa

L’analisi di Green Impact e Save the Dogs, pubblicata circa un anno fa, denunciava l’assenza di divieto esplicito di legare i cani alla catena in Sardegna, Calabria, Lazio, Molise, Piemonte e Trentino Alto Adige. Mentre in Liguria, Basilicata e Sicilia mancavano del tutto normative a riguardo.

C’erano poi divieti con deroghe generiche in Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche.

 

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Divieti con deroghe specifiche si trovavano in Abruzzo, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Puglia. Infine, la presenza di divieto solo in Umbria e in Campania, regione in cui però mancava la sanzione. Vediamo dunque le modifiche avviate nell’ultimo anno.

Buone notizie per Campania e Lazio

Save the Dogs e Green Impact avevano lanciato a marzo 2021 la campagna #liberidallacatene per la Regione Campania e avevano raccolto oltre 10.000 firme. Grazie a queste azioni il vuoto normativo campano è stato colmato. Nel maggio 2021 il Consiglio Regionale della Campania ha approvato il disegno di legge collegato alla finanziaria e ha accolto un emendamento – presentato dal consigliere Francesco Emilio Borrelli (Europa Verde) – che modifica la legge regionale del 2019 sul benessere degli animali (Legge Regionale n. 3 dell’11/04/2019). Di fatto, è stata introdotta una sanzione che va da 300 a 2000 euro per chi detiene i cani o altri animali d’affezione alla catena o adopera altri strumenti di contenzione simili.

La Regione Lazio, invece, è passata dalla mancanza di un divieto esplicito a un divieto assoluto. Fanno eccezione le situazioni in cui siano presenti ragioni sanitarie certificate da un veterinario. La norma è stata approvata ad agosto 2021, con un emendamento alle disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2021.

 

Sara Turetta, presidentessa di Save The Dogs, il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’avvocatessa Cristiana Cesarato, responsabile torinese di Animal Law Italia
Sara Turetta, presidentessa di Save The Dogs, il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e l’avvocatessa Cristiana Cesarato, responsabile torinese di Animal Law Italia

La richiesta di messa al bando della catena in Piemonte

Il Piemonte, come già accennato, non presenta il divieto di legare i cani alla catena nella normativa regionale. L’1 febbraio 2022, il Presidente della Regione Alberto Cirio (Forza Italia) ha accolto una delegazione composta da Sara Turetta, presidentessa di Save The Dogs, e dall’avvocatessa Cristiana Cesarato, responsabile torinese di Animal Law Italia, in rappresentanza anche della start up Green Impact e della Fondazione Cave Canem.

«Abbiamo chiesto al Presidente Cirio di farsi promotore di un cambiamento importante per i diritti degli animali in Piemonte – commenta Sara Turetta – in virtù di una sensibilità generale che in questi trent’anni è evoluta, anche in base ad autorevoli pareri scientifici che definiscono la catena incompatibile con i bisogni primari del cane».

Durante l’incontro sono state consegnate a Cirio le oltre 5000 firme raccolte per chiedere di modificare la normativa del 1993. Essa consente di tenere un cane a catena tutta la vita e si limita a regolamentare le caratteristiche della catena, che deve essere fissata a un cavo di scorrimento lungo almeno 5 metri. Il Presidente della Regione Piemonte ha mostrato interesse per le istanze delle associazioni e ha espresso la sua personale sensibilità rispetto ai diritti dei cani.

L’opposizione di Coldiretti e Lega

Enrico Moriconi
Enrico Moriconi, Garante per i Diritti degli Animali del Piemonte

La modifica della norma sembra raccogliere consensi trasversali in Consiglio Regionale. Resta, però, l’opposizione di Coldiretti e degli agricoltori, sostenuti dalla Lega, che chiedono una deroga per le cascine.

«Se il divieto della detenzione a catena è passato nella regione italiana con la maggiore presenza di aziende zootecniche, la Lombardia, non si capisce perché non possa essere accolto dagli agricoltori piemontesi – afferma Enrico Moriconi, Garante per i Diritti degli Animali del Piemonte – La Regione potrebbe finanziare la realizzazione di box adeguatamente ampi per il contenimento degli animali che vivono in contesti rurali».

 

 

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Per capire se qualcosa cambierà, sarà necessario aspettare che il Consiglio Regionale voti nuovamente su una proposta di modifica. Le possibili revisioni probabilmente arriveranno dall’opposizione, ma qualcuna anche dalla maggioranza.

I prossimi obiettivi: Trentino Alto Adige e Sardegna

Il lavoro di Save the Dogs and other Animals e delle altre associazioni prosegue e i prossimi obiettivi saranno la Sardegna e il Trentino Alto Adige. Sara Turetta ha dichiarato:

«Il Trentino Alto Adige rimane l’ultima regione del nord Italia che continua a consentire la vita a catena dei cani, senza nessun tipo di limitazione. In Sardegna il discorso degli incendi estivi crea un’urgenza ulteriore rispetto alle necessità di vietare la catena, perché questo si traduce in cani che muoiono bruciati vivi, senza poter scappare. Una situazione di una gravità inaudita».

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