«Stai andando bene Giovanni», così cantava qualche anno fa Giovanni Truppi e possiamo confermarlo. E non solo per l’esibizione all’ultimo Festival di Sanremo, e per aver raggiunto il grande pubblico con il brano Tuo padre, mia madre Lucia scritto con Niccolò Contessa e Pacifico. Ma perché il cantautore partenopeo, a partire dai testi, si presenta come una alternativa di qualità alla trap music e a un certo it-pop. Da Arenella, Napoli, ci porta in mondi dove, infatti, non c’è posto per il machismo, il nonsense e la violenza, ma piuttosto per le fragilità dell’uomo: un animale che ha bisogno di riposte, spaventato dal tempo che passa.
Consapevole, per usare le parole di Ezra Pound, che «ciò che sai amare rimane, il resto è scoria», già dal suo primo album C’è un me dentro di me (2010), Truppi ha dimostrato di essere un attento osservatore delle relazioni ed esploratore dei sentimenti. E lo ha riconfermato negli album successivi: Il mondo è come te lo metti in testa (2013, I Miracoli – Jaba Jaba Music), Giovanni Truppi (2015, Woodworm), Solopiano (2017, autoprodotto), Poesia e civilità (2019, Universal), tramite diversi stili di scrittura, attingendo dal blues, dal jazz, dal rock, dal punk, accompagnando tutto con il pianoforte (modificato nel corso degli anni) o la chitarra.
Sovversivo per la sua introversione, Giovanni Truppi racconta soprattutto storie – non soltanto autobiografiche- dense di considerazioni filosofiche sull’identità, l’unicità, la solitudine. Si interroga su Dio e sulla Natura, spingendosi fino alla ricerca di ciò che ci unisce come esseri umani. Si legge nel testo L’unica oltre l’amore:
«Eppure c’è qualcosa che non dipende dal caso o dalle convenzioni/È l’unica oltre l’amore che resiste alle mutazioni/E ci fa assomigliare anche da lontani/Anche ora nel ventunesimo secolo, terzo millennio/In piena crisi del capitalismo/E del mondo com’era nel ‘900/Prima della rivoluzione digitale/Resta una cosa nel profondo di ognuno di noi/È l’unica oltre l’amore che dice davvero chi sei/È qualcosa che oltrepassa la storia e la geografia/La religione e l’ideologia».
Guarda il video live di Giovanni Truppi
Parla di Mario, Eva, Superman, di addii, di cose che non tornano più. Ci fa conoscere uomini e donne che hanno il coraggio di mostrare la loro tenerezza, alla ricerca della cura per affrontare la malinconia e il senso di vuoto. Creature di cristallo pronte a confondersi negli abbracci, alleati nelle situazioni di difficoltà e rivoluzionari nella loro normalità.
Canta così in Scomparire : «La vita è una cosa spigolosa/La gente corre dietro qualcosa/Ed io verrò da te/E tu verrai da me/Così vediamo se due che si abbracciano strettissimi ce la fanno scomparire».
Persone che considerano l’incontro con l’altro un paesaggio da scoprire. O come direbbe lo scrittore e saggista Ryszard Kapuściński: «un indovinello, qualcosa di ignoto se non addirittura di segreto». E anche qualcosa che va oltre la mera presenza fisica. Scrive Truppi nel brano Il mio telefono: «E tu in effetti non devi fare niente. Non devi stare con me. Non mi devi amare .Tu devi solo esistere/Tanto tra me e te non c’è niente di più di quello che c’è tra il papa e il fedele. Non dobbiamo dormire insieme/E tutto sommato non ti devo nemmeno incontrare/Mi basta sapere che esisti/il resto è solo un mio rituale».
Visualizza questo post su Instagram
Ma nelle canzoni di Truppi c’è anche altro: la critica sociale ispirata da particolari letture e ascolti. Ci sono Jack London, Lewis H. Morgan, Engels, Jung, Dostoevskij. E poi Pier Paolo Pasolini – il libro La lunga strada di sabbia ha influenzato il suo lavoro del 2019 – , ma anche Sufjan Stevens, Father John Misty, Sun Kil Moon, e gli italiani Rino Gaetano e De André, con i loro sogni d’anarchia. Una dimensione politica presente in modo più evidente in Borghesia e Nessuno:
«Perché Nessuno usa bene il potere. Perché a Nessuno mi posso affidare se voglio cambiare le cose che non mi stanno bene. Perché io delego a Nessuno. E Nessuno è delegato da me».
E così, tornando a Sanremo, non deve stupirci la scelta della canzone Nella mia ora di libertà di De André, interpretata insieme a Capossela e Pagani nella serata dedicata alle cover. Né può considerarsi una semplice provocazione il cuore anarchico, rosso e nero, cucito sulla canottiera realizzato da Goliardo Fiaschi, partigiano in Italia e Spagna e fondatore del Circolo Anarchico di Carrara. E nemmeno il fiocco rosso Lavallière indossato da Vinicio Capossela. Spiega infatti Truppi sui suoi profili social:
«Sono convinto che non esistano poteri buoni e che l’unica strada per vivere bene sia abbandonare, oltre al capitalismo, l’organizzazione attuale della società per sperimentare nuove forme di governo e di rappresentanza. Dovremmo lavorare di meno, delegare di meno, e dedicare parte del nostro tempo alla gestione della nostra vita insieme su questo pianeta, che è responsabilità di ognuno di noi e alla quale tutti dobbiamo partecipare…Siamo tutti coinvolti, diamoci da fare».
Guarda il video di “Borghesia” di Giovanni Truppi