«Per un fotografo – sosteneva Sebastiao Salgado – è più importante avere delle buone scarpe che una buona macchina fotografica».
Nessun dubbio: Giuseppe Trogu ha buone scarpe. Fotografo professionista e accompagnatore escursionistico, profondo conoscitore dell’Etruria nei suoi aspetti naturalistici, storici e archeologici, fondatore e presidente dell’associazione ViverEtruria aps,
Trogu cammina, si arrampica, esplora, studia, scruta. E scatta.
L’Etruria, da Cerveteri a Sasso, da Ceri a Caere, sta a Trogu come Parigi a Robert Doisneau, come lo sbarco in Normandia a Robert Capa, come i ritratti a Richard Avedon. La sua casa dolce casa. La sua grande forza di attrazione e poi di interpretazione. Che nasce dalla conoscenza, fatta anche, anzi, soprattutto a piedi. Bisogna esserci, ma per esserci, bisogna andarci, e per andarci, bisogna avere delle buone scarpe.
Come il buon giornalista batte la strada o il marciapiedi, il buon fotografo sgamba e sgomma, inviato da se stesso, inviato di se stesso.
Come nella Via degli inferi, nella necropoli della Banditaccia. Trogu in quel corridoio, fra le tombe, fra le colonne, fra i sacelli, fra i colombari. Trogu che sceglie una traiettoria, un punto di vista e di insieme, le rocce screziate dalla vegetazione, il cielo che filtra tra le fronde degli alberi, il grigio e il verde, il verde e il grigio.
Giuseppe Trogu ha risposto all’appello del Cammino dei vulcani donandoci dieci delle sue fotografie al territorio. L’Etruria. Un modo per documentare i suoi luoghi, certificare la sua appartenenza, testimoniare la sua passione, dare la sua versione.
Grazie, Trogu, grazie di cuore.