Un breve discorso televisivo di Vladimir Putin verso le cinque del mattino, ora Ucraina. Poi l’inizio delle operazioni militari. Ci svegliamo con una guerra alle porte dell’Europa, una guerra più grande di noi. Una guerra annunciata e forse esorcizzata attraverso un’interpretazione “morbida” di quanto accaduto due giorni fa nel Dombass, come se l’ingresso dei tank russi fosse un’azione più simbolica che sostanziale.
Guarda il video originale del messaggio di Putin (Fonte: Kremlin, sottotitoli non disponibili)
Invece è guerra, vera e propria, con la “g” maiuscola, in grande stile, con operazioni su diversi fronti del confine ucraino, compreso quello con la Bielorussia, svariate offensive nelle principali città del paese: le agenzie riferiscono di missili sulle infrastrutture di Kiev, Kharkiv, Mariupol e Dnipro. Le truppe di Mosca sono sbarcate nella città portuale di Odessa mentre altre, più a nord, attraversano il confine a Kharkiv e chissà dove altro ancora: le notizie giungono in maniera frammentaria, in parte da fonti istituzionali, in parte tramite i social come sia ormai abituati a vedere in questo mondo nel quale i piani del racconto si sommano, si moltiplicano fra loro e dunque comprendere che cosa significa tutto questo diventa paradossalmente più complicato.
Tonight, I have only one thing to say, from the bottom of my heart:
President Putin, stop your troops from attacking Ukraine.
Give peace a chance.
Too many people have already died. pic.twitter.com/PPgmABZiKl
— António Guterres (@antonioguterres) February 24, 2022
Una guerra che noi ripudiamo, questo è certo, come dice la nostra Costituzione, qualunque sia la quota di torto o ragione di entrambe le parti, la Nato o la federazione Russa, che adesso stringono in una morsa quel fazzoletto di mondo che per molti, fino a ieri, rappresentava soltanto un residuo del vecchio blocco sovietico, al massimo il paese da cui arrivavano anche in Italia molte badanti che stamattina presteranno servizio nelle nostre famiglie con un animo certo non leggero. Invece è diventato un crocevia nella storia, nel quale si materializzano i fantasmi di un Novecento che sembrava ormai sepolto.
«Non abbiamo intenzione di occupare l’Ucraina» ha detto nel suo stringato messaggio mattutino, verosimilmente registrato durante le scorse giornate, il presidente Putin. Salvo minacciare «conseguenze mai viste prima per chiunque interferisca».
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Nel frattempo arrivano le reazioni dei leader occidentali, Biden prega per il popolo ucraino, il presidente del paese offeso, Volodymyr Zelenskyy, chiede che si formi una coalizione anti-russa, con tanto di sostegno finanziario e militare. Le richieste di una risposta immediata della Nato si rincorrono, compresa quella poco fa del nostro presidente del consiglio, Mario Draghi. Il segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, corregge il suo messaggio di poche ore fa, prima dell’attacco: «Nelle circostanze attuali, devo cambiare il mio appello: il presidente Putin, in nome dell’umanità, riporti le sue truppe in Russia. Questo conflitto deve finire ora».
È un momento inedito per molte generazioni che hanno vissuto l’Unione Europea, premio Nobel per la pace nel 2012, esattamente dieci anni fa, come un’ampolla di convivenza civile fra i popoli.
È ora di dimostrare che quel premio ce lo siamo meritato davvero.