«Se il peggio dovesse accadere e noi, come umanità, finissimo per schiantarci a causa di un disastro climatico, chi sopravviverà e troverà questa scatola nera potrà imparare dai nostri errori e impedire una nuova distruzione». Così Jim Curtis dell’azienda di comunicazione Clemenger BBDO racconta il progetto Earth Black Box, la scatola nera della Terra, realizzato in questi mesi con il sostegno dell’Università della Tasmania e del collettivo di artisti e architetti Glue Society.
Obiettivo? Non solo comprendere le (eventuali) ragioni della (eventuale) catastrofe che metterà la parola fine all’Antropocene, ma ricordare ai leader politici le loro responsabilità: “Come sugli aerei, questa scatola indistruttibile registra infatti ogni dato e ogni dettaglio, ogni azione o inazione commessa rispetto al clima”.
Sapremo condurre il nostro viaggio in un porto sicuro, solidale, sostenibile o siamo davvero assetati di ricchezza e consumi, bramosi di potere conquistato a qualunque costo e così miseramente autoreferenziali da trascinare tutta l’umanità e le specie viventi verso il collasso definitivo?
Se 2001 Odissea nello spazio ha consegnato all’immaginario la nascita della cultura con il monolite nero, adesso sarà l’imponente “cassaforte” di Earth Black Box a monitorare la nostra capacità di inversione di rotta o di assoluta autodistruzione. Dieci metri di lunghezza, 4 di altezza e 3 di profondità, costruito in pareti di acciaio spesse sette centimetri e mezzo a sbalzo di granito, l’enorme scatola sorge sulla costa occidentale della Tasmania, un’isola a 240 chilometri a sud dell’Australia. Il luogo non è casuale: se le stiamo affidando le prove della fine del mondo, è fondamentale che sia collocata in una zona stabile sia dal punto di vista geofisico che politico.
Un monitoraggio incessante dei dati sul clima (e delle nostre risposte)
Entro l’anno è prevista la realizzazione finale del monolite ma i dischi rigidi, il vero e proprio nucleo di Earth Black Box, stanno raccogliendo dati già dallo scorso novembre, in concomitanza simbolica con la COP 26, la conferenza internazionale sul clima svoltasi a Glasgow in cui sono emersi gli ultimi, allarmanti dati sulla crescita media della temperatura globale:
superiore ai 2,7 gradi entro il 2100 quando l’obiettivo degli accordi di Parigi era di 2 gradi.
E’ qui che i ricercatori australiani hanno deciso di imprimere un’accelerazione al progetto, annunciato già diversi anni fa, ben consapevoli di quanto l’Oceania sia uno dei continenti più fragili rispetto all’innalzamento delle temperature e alla conservazione degli habitat, con piccole isole che ogni anno vengono letteralmente sommerse dall’oceano e con i devastanti incendi australiani che nel 2019-20 hanno distrutto 3 milioni di ettari e 500 milioni di animali.
Guarda il video sul progetto Earth’s Black Box
Alimentata da pannelli solari, con batteria di riserva e una connessione permanente e stabile a internet, la Earth Box saprà resistere a eventi esterni come terremoti, tifoni e attacchi vandalici mentre i dischi già attestano in tempo reale e preserveranno per i prossimi cinquant’anni (ma è previsto un prolungamento) il flusso continuo di aggiornamenti scientifici che da ogni parte del mondo, costantemente, documentano misurazione delle temperature di terre e mari, acidificazione degli oceani, anidride carbonica nell’atmosfera, perdita di biodiversità e qualunque cambiamento rispetto allo sfruttamento e alla salute della terra.
Per evitare che l’aereo precipiti
Un algoritmo seleziona inoltre le cosiddette “informazioni contestuali”, ovvero i dati da conservare riguardanti la comunicazione come titoli di giornali, innovazioni mediche, tecnologiche e scientifiche, studi accademici, post e tendenze sui social, congressi ed eventi internazionali, prese di posizione politiche con tema clima ed emergenza climatica. Un archivio enorme, che potrà essere consultato online in qualsiasi istante da chiunque immediatamente dopo il varo ufficiale del progetto, con la speranza che il monitoraggio di un vasto numero di persone induca a fare tutto ciò che è necessario per la salute del nostro pianeta e per la nostra sopravvivenza.
Come finisce la storia, ci ricorda il sito della scatola d’acciaio, è totalmente nelle nostre mani. «La speranza – ammette Curtis – è che questa iniziativa sia così potente da ispirare le persone a fare le scelte giuste prima che sia troppo tardi».