Un aumento della temperatura media annuale di 1,5 °C è sempre più vicino, con una probabilità stimata al 50% per il prossimo quinquennio. I dati sono nel Global Annual to Decadal Climate Update, rapporto prodotto dal Met Office del Regno Unito, centro guida dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) per tali previsioni. L’aumento è calcolato sulla temperatura media globale pre-industriale, e la probabilità sta aumentando con il tempo: nel 2015 era ancora vicina allo zero.
Climatologi di fama e avanzati sistemi di previsione dei maggiori centri climatici del mondo (Regno Unito, Spagna, Germania, Canada, Cina, Usa, Giappone, Australia, Svezia, Norvegia e Danimarca) contribuiscono, ogni anno, a un aggiornamento climatico dell’Organizzazione meteorologica mondiale. Informazioni utili ai decisori politici, almeno in teoria, per evitare che il procedere della crisi climatica ci colga del tutto impreparati.
Gli ultimissimi dati sostengono che, mentre la probabilità di aumento della temperatura di un grado e mezzo era stimata al 10% nel quinquennio 2017-2021, ora per il periodo di riferimento 2022-2026 la probabilità risulta al 50%. Inoltre uno dei prossimi cinque anni, potrebbe essere il più caldo di sempre: la probabilità è del 93%, quanto la probabilità che la media per il quinquennio 2022-2026 sia superiore agli ultimi cinque anni.
Non solo statistiche
«L’aumento delle temperature significa più scioglimento dei ghiacci, livelli del mare più alti, più ondate di caldo e altri eventi meteorologici estremi e maggiori impatti sulla sicurezza alimentare, sulla salute, sull’ambiente e sullo sviluppo sostenibile» ha detto il segretario generale della Wmo, il professor Petteri Taalas.
E ancora: «I Paesi dovrebbero continuare a sviluppare i servizi necessari a sostenere l’adattamento nei settori sensibili al clima – come la salute, l’acqua, l’agricoltura e le energie rinnovabili – e promuovere sistemi di allerta precoce che riducano gli impatti negativi degli eventi estremi», sistemi oggi carenti in vari luoghi del mondo, come in Africa, dove in molte zone anche i rilievi meteorologici sono al momento insufficienti.
Sulla stessa linea, tre settimane fa, l’ultimo report European State of the Climate 2021 del programma Ue Copernicus Climate Change Service. Evidenziava, tra le altre cose, il caldo record della scorsa estate in Europa, le alluvioni, gli 80.000 ettari andati a fuoco nell’area mediterranea, l’aumento di 5°C sulla media delle temperature di superficie del Baltico e altri segnali importanti. Dati non buoni, diffusi in un momento delicato, in cui la guerra in Ucraina richiede a molti paesi una revisione delle scelte energetiche: che ci auguriamo non lasci indietro le strategie di contrasto ai cambiamenti climatici.
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