Immaginate di passare qualche giorno in alta quota, per tetto una tenda, circondati da ghiacci perenni, fra silenzi immensi, tramonti e albe mozzafiato. Sembrerà di vivere in mondi incontaminati, a un passo dal cielo, nessuna presenza umana, solo le aquile fra le nuvole e qualche mammifero alpino a girovagare fra la neve. Ma non è questa la verità che ci racconta il film documentario “Montagne di plastica”. Una originale testimonianza filmata del primo studio mondiale, durato due anni, sull’inquinamento da microplastiche nei ghiacciai, condotto da due ricercatori: Marco Parolini e Roberto Ambrosini, professori presso il dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università Statale di Milano.
Il documentario di 40 minuti, presentato nell’ultima edizione di Cinemambiente, è stato realizzato da Manuel Camia, regista particolarmente sensibile alla tutela ambientale, che in questa occasione ha abilmente utilizzato il linguaggio del cinema per raccontare con rigore le indagini dei due ricercatori. Emozionano le immagini così nitide dei paesaggi alpini e del ghiacciaio dei Forni oggetto dello studio. Il luogo, particolarmente suggestivo, è situato nel Parco Nazionale dello Stelvio tra Lombardia e Trentino Alto Adige. Anche i silenzi, i suoni della natura, il rumore dei passi dei ricercatori sul ghiaccio coinvolgono lo spettatore e lo fanno partecipe al grave problema che affligge anche le nostre montagne e questi luoghi così estremi che si pensava incontaminati. Maestose cattedrali naturali in questa occasione sono diventate, come ci racconta Manuel Camia,
«un immenso e magnifico laboratorio a cielo aperto che raccoglie e congela i segni dell’attività dell’uomo trattenendone nel tempo le tracce. La montagna si presta molto bene a provare che i problemi ecologici non solo travalicano i confini geografici ma anche quelli temporali passando alle generazioni future gli effetti degli errori di chi le ha precedute».
manuel camia
Risvegliare l’interesse per il problema, ponendo domande e stimolando a cercare soluzioni per ridurlo, se non eliminarlo completamente, è uno degli scopi di questo lavoro cinematografico rigoroso ma anche di evidente impronta divulgativa. Il ricercatore Marco Parolini ci accompagna lungo le fasi dell’indagine. Dai campionamenti effettuati nell’estate 2018 sul ghiacciaio italiano più grande, oggi prosciugato di un terzo, situato nel massiccio Oltles Cevedale, sono state trovate in ogni chilo di sedimento 75 particelle di microplastica. I due ricercatori hanno inoltre constatato che il ghiacciaio potrebbe contenere da 131 a 162 milioni di particelle di plastica da usura proveniente dall’abbigliamento tecnico alpinistico e dalle microparticelle trasportate da luoghi lontani dagli agenti atmosferici: vento, pioggia, neve e originate dalle più disparate sostanze come quelle per l’igiene personale fino all’abbigliamento in fibre sintetiche, materiali che fino a 70 anni fa non esistevano.
Guarda il trailer di “Montagne di plastica”
Queste microplastiche trasportate dall’acqua di fusione delle nevi entrano nella catena alimentare e possono inoltre essere vettori per altri contaminanti come metalli pesanti da inquinamento di traffico o radioisotopi come cesio 137 proveniente dal disastro di Chernobyl di trentasei anni fa. Inoltre, inquinanti e microplastiche favoriscono lo scioglimento dei ghiacci, ecosistemi particolarmente fragili e ciò incide inevitabilmente sul cambiamento climatico. Con questo splendido documentario viene posto l’accento su un altro fronte, quello della sfida ambientale dell’uomo.
Di fronte al problema sempre più allarmante i ricercatori suggeriscono di adottare una politica coraggiosa. Oggi purtroppo si cerca di attuare soluzioni-tampone temporanee, mentre si fatica a fare scelte che abbiano effetti a lungo termine.
Marco Parolini e Roberto Ambrosini ci ricordano che il pensiero deve andare alle prossime generazioni: i nostri errori incideranno sul futuro delle nostre montagne. Coinvolgente il frammento del film in cui il ricercatore con i propri figli sfoglia un bellissimo libro sulle Alpi, ci rammenta che i nostri figli rischiano di non avere il privilegio di ammirare e passeggiare su questi giganti di ghiaccio e che in un futuro non lontano potranno vederli soltanto nelle immagini stampate nei libri.
«La nostra nuova conquista – suggeriscono i ricercatori – è il futuro sostenibile con decisioni di politici coraggiosi». Il ghiacciaio è il termometro del nostro comportamento presente, passato, futuro e la salute della montagna è in mano nostra.