A poche settimane dalla condanna in Vietnam di Nguy Thi Khanh a due anni di reclusione per presunta evasione fiscale, più di 50 vincitori del premio ambientale Goldman provenienti da 41 paesi hanno scritto al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per ammettere il paese asiatico come nuovo membro. Nella lettera, che arriva durante la riunione del consiglio per la sua 51esima sessione (12 settembre – 7 ottobre), è espressa preoccupazione per la situazione dei diritti umani del Vietnam.
Gli ambientalisti si preoccupano in particolare per la condanna della Khanh, “collega” vincitrice del premio Goldman e nota sostenitrice dell’ambiente del Vietnam, a due anni di reclusione per presunta evasione fiscale.
Khanh è stata la prima a ricevere in Vietnam il prestigioso premio ambientale Goldman nel 2018. È la fondatrice del Green Innovation and Development Centre, che ha condotto una campagna affinché il paese del sud-est asiatico adotti strategie energetiche più ecologiche, in contrasto con le ambizioni locali di aumentare la produzione di carbone.
Ha anche lavorato a stretto contatto con il governo vietnamita delineando strategie per aiutare il Paese a raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi climatici, come quelli abbracciati lo scorso novembre quando il primo ministro, Pham Minh Chinh, ha impegnato il Paese a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 alla Cop26 di Glasgow.
Ambientalisti sotto assedio
Nonostante le dichiarazioni, la vita di chi si impegna a favore dell’ambiente in Vietnam non è affatto facile. E Khanh non è l’unica attivista condannata. A gennaio, un avvocato ambientalista, Dang Dinh Bach, è stato condannato a cinque anni di carcere. Anche lui per evasione fiscale. Bach lavorava per proteggere le comunità emarginate dall’inquinamento delle centrali a carbone. C’è poi il giornalista Mai Phan Loi, impegnato da sempre con articoli e inchieste sul fronte ambientale, che ricevuto una pena detentiva di quattro anni per frode sulle tasse. Gli arresti hanno allarmato la società civile vietnamita, sconvolgendo le organizzazioni ambientaliste del Paese, che temono che il loro lavoro su questioni ambientali come la transizione del Vietnam verso l’energia pulita possa portare a procedimenti penali.
Punta dell’iceberg
Il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani è stato criticato in passato per aver ammesso paesi con precedenti controversi sui diritti umani, tra cui Arabia Saudita e Cina, che sono descritti da Human Rights Watch come “due dei governi più violenti del mondo”. Anche il Vietnam è regolarmente criticato per i suoi precedenti sui diritti umani da organizzazioni come Amnesty International, che ha affermato in un rapporto del dicembre 2020 che il Vietnam stava detenendo, all’epoca, un record di ben 170 prigionieri di coscienza. In questo senso, la richiesta dei vincitori del premio Goldman alle Nazioni Unite potrebbe avere molteplici risvolti: «Abbiamo tutti affrontato battaglie in salita nei nostri sforzi per proteggere il nostro pianeta e catalizzare il cambiamento – si legge nella lettera – Quello che sta succedendo in Vietnam è solo la punta dell’iceberg».
Intervistato dal Guardian, Michael Sutton, direttore del Premio Goldman dichiara:
«Ci uniamo alla comunità internazionale nel chiedere l’immediato rilascio di Nguy Thi Khanh. Crediamo che le accuse legali mosse contro di lei facciano parte di uno sforzo più ampio per mettere a tacere i leader ambientalisti in Vietnam».