Finisce così, sempre che altri fenomeni non sopraggiungano, l’estate italiana del 2022. Con una nuova tragedia del clima che fa il paio, seppure i due eventi sembrino distanti anni luce fra loro, con il crollo del ghiacciaio sulla Marmolada costato all’inizio di luglio la vita a 11 persone, semmai qualcuno se ne fosse dimenticato.
Fenomeni imprevedibili, si dice.
Perché non si poteva sapere se e quando quel seracco sarebbe venuto giù dalla montagna e non si poteva immaginare che una normale perturbazione settembrina potesse generare, nel placido entroterra marchigiano, il finimondo cui stiamo assistendo. Apriranno fascicoli, per capirlo, al fine d’individuare giuridicamente chi ha la colpa di non aver avvertito o di aver avvertito troppo tardi le popolazioni. Sempre con lo sguardo concentrato sul dito, anziché sulla Luna. Vale a dire verso ciò che è più difficile cogliere: le cause profonde di queste manifestazioni estreme che si collocano agli apici di una stagione già segnata da una pesantissima siccità che provoca anch’essa delle vittime, seppure non tutte insieme.
L’imprevedibilità è un altro concetto, un’altra verità scomoda con cui adesso bisogna fare i conti, nella civiltà digitale che ritiene di avere tutto sotto controllo, di cogliere ogni respiro del pianeta attraverso gli occhi infallibili dei satelliti artificiali, la modellistica, i sensori. Ma a cosa servono i dati se il caos climatico spariglia ogni previsione? Sembrano velleitarie adesso, come lo sono state dopo la tragedia delle Dolomiti, le dichiarazioni del presidente Draghi circa la necessità di affrontare con urgenza il problema del riscaldamento globale. Parole vuote, di circostanza, che impone la cronaca. E che cozzano con le politiche vere che si stanno preparando in vista del primo inverno senza il gas russo, dove si sbandierano le rinnovabili ma intanto si riaccende il carbone, si perpetra l’utilizzo delle fonti fossili a prescindere da chi governerà.
Veri e propri proclami, soprattutto, che stridono con la mancanza di una parola per la pace, come se la questione climatica possa risolverla un paese solo o una sola parte del mondo.
Sfugge questo dettaglio, macroscopico come la Luna: se davvero quella per il clima è la priorità bisogna far tacere subito le armi perché la pace con il pianeta non si fa senza quella fra i popoli. E il negoziato sulle emissioni, come quello che riprenderà a novembre con la Cop 27 di Sharm El Sheikh, in un mondo spaccato dalla guerra rischia di diventare un altro passo verso la resa. Di tutti.
#Maltempo #Marche, tra fango e alberi abbattuti proseguono in provincia di #Ancona le ricerche delle persone disperse: nella clip le operazioni svolte in loc. Osteria, nel comune di Serra de’ Conti [#16settembre 12:00] pic.twitter.com/kJViiIJgqD
— Vigili del Fuoco (@vigilidelfuoco) September 16, 2022