L'educazione ambientale può rispondere alla sfida degli eventi climatici estremi contribuendo alla formazione, non solo di una sensibilità civica e ambientale, ma anche di nuove competenze e professionalità

Il rischio ambientale come sfida educativa

Dissesto idrogeologico ed eventi climatici estremi rappresentano una tragica realtà del presente e dell’immediato futuro. Ma è possibile imparare ad affrontarli, mitigarli e prevenirli, attraverso una coraggiosa azione educativa. Il racconto di un'esperienza pilota

21 Dicembre, 2022
3 minuti di lettura

Alluvioni, frane, mareggiate. La fragilità del territorio italiano, sotto la pressione dei cambiamenti climatici, sta mostrando i suoi lati più violenti e dolorosi. La frana di Ischia, ultima solo in ordine di tempo, ha presentato un conto di ben dodici vite a una comunità umana che su quel territorio vive da sempre e che già altre volte ne ha patito le calamità, ma oggi scopre che gli eventi meteorologici estremi si fanno sempre più frequenti e violenti. Ci sarà molto da imparare dai disastri che negli ultimi anni stanno sconvolgendo la nostra Penisola, e ad apprendere dovranno essere prima di tutto coloro che quei territori amministrano e/o governano.

Ma sarà necessaria anche un’azione educativa, svolta a più livelli, sia per favorire nei cittadini la presa di coscienza del rischio e delle possibilità di prevenzione e mitigazione, sia per formare persone con nuove competenze.

Come ha scritto anche il maestro Franco Lorenzoni in un suo post su Facebook: «La manutenzione, il rammendo e le previsioni, insieme agli obbligatori interventi puntuali necessitano di nuove sensibilità, nuove competenze e nuovi mestieri. Tutti da inventare, a partire da ciò che di buono si sta facendo, purtroppo raramente. Sono ricerche e studi che comportano l’attraversamento di diverse discipline, e numerosi sconfinamenti».

post Fb

Percorrere e comprendere i territori

In altre parole la transdisciplinarietà che da sempre caratterizza l’Educazione ambientale diviene caratteristica fondamentale di una nuova formazione professionale che si dirige non solo agli alunni delle Scuole di qualsiasi ordine e grado, ma investe tecnici, amministratori, volontari di Protezione civile, cittadini attivi di ogni genere.

Un’altra caratteristica forte dell’Educazione ambientale risulta indispensabile nella situazione attuale: la didattica del reale, la capacità cioè di imparare per conoscenza diretta, vedendo, toccando, facendo. Percorrendo i territori per conoscerli, prima di approfondire sulle mappe.

Un’esperienza pilota, realizzata proprio sull’isola d’Ischia, nel 2009, ci offre un esempio illuminante. Il Circolo locale di Legambiente conduceva, all’epoca, “Ischia isola… Verde?”, un progetto del circuito “Scuole Aperte” che coinvolgeva una rete di Scuole medie e medie superiori, incentrato sulla conoscenza del territorio isolano. Nella prima parte del progetto i ragazzi erano stati condotti a esplorare il territorio di Forio, uno dei sei Comuni dell’isola, e fra le criticità rilevate era stato trovato qualche segno di dissesto idrogeologico. Ne nacque una discussione nella quale il dissesto idrogeologico fu messo in relazione con l’abbandono dei terreni agricoli collinari, la mancata cura delle vie d’acqua e gli incendi boschivi. L’argomento era vasto e ci si ripropose di approfondirlo al successivo incontro. Ma prima che questo potesse avvenire, il 10 novembre del 2009, nel vicino comune di Casamicciola si verificò la terribile frana nella quale perse la vita la giovane quindicenne Anna De Felice. Al successivo incontro i ragazzi chiesero animatamente di capire qualcosa in più su quello che era successo. Guidati dagli Esperti e dai tutor, svolsero una ricerca in Internet ricercando i casi simili, le conseguenze e le possibilità di prevenzione. Le caratteristiche del territorio isolano furono esaminate e furono formulate delle proposte di mitigazione del rischio.

Una slide di presentazione del progetto svolto dalle classi ischitani che hanno studiato la frana del 2009 con un focus sulla prevenzione

Contatto diretto e partecipazione

Ma non bastava. I ragazzi strapparono ai loro tutor la promessa di accompagnarli a vedere la zona della frana, non appena fosse stato possibile farlo in sicurezza. Promessa poi regolarmente mantenuta, con un piccolo reportage realizzato dai ragazzi e inserito in un video amatoriale poi diffuso tramite una delle Scuole partecipanti. Ma le ricerche svolte furono comunicate anche attraverso una webradio locale, che intervistò i ragazzi.

L’esito più interessante fu il cambiamento di percezione del rischio da parte dei ragazzi.

Inizialmente lo percepivano con un misto di paura e di forzato disinteresse, come se non dovesse mai toccarli direttamente, e in seguito lo vissero come una formidabile occasione per imparare e per acquisire un’esperienza utile ad affrontarlo. Con una terminologia da educatori ambientali, si può dire che svilupparono le competenze dell’approccio sistemico, dell’attenzione, della visione di futuro, dell’empatia, del pensiero critico e della partecipazione.

foto albero

Un giovane albero che i ragazzi di Ischia piantarono dedicandolo alle vittime delle frane

Generazioni in formazione

Nel corso degli anni successivi sull’isola d’Ischia è stato tutto un fiorire di iniziative di educazione alla cittadinanza e alla sostenibilità, che avrebbero bisogno di essere moltiplicate e di essere meglio messe in rete, ma che hanno già formato una o più generazioni di giovani cittadini capaci di attivarsi rapidamente ed efficacemente di fronte alle emergenze ambientali, sia sotto l’aspetto della solidarietà (hanno fatto il giro del mondo le immagini dei giovanissimi “angeli del fango” ischitani) sia sotto l’aspetto della visione ecologica che permetta di immaginare nuove soluzioni per vecchi problemi. Citiamo, come semplici esempi: “Il Mese del Senso Civico” che ha come capofila l’Associazione Eticittà, “Io non rischio”, con l’associazione di Protezione civile Forio CB, “Nettuno va a scuola”, fiore all’occhiello dell’Area Marina Protetta Regno di Nettuno, realizzato sempre in collaborazione con Legambiente. E poi le iniziative dell’Associazione Libera per educare alla legalità, come “Un tappeto di aghi sotto il cielo” o i progetti del CAI dove si trasmettono competenze antiche, come la costruzione e il ripristino dei muri a secco, tanto utili nella prevenzione delle alluvioni… l’elenco potrebbe continuare, e speriamo che tutta questa varietà e ricchezza di spunti educativi possa essere messa a sistema per garantire non solo un futuro migliore, ma anche un presente più sereno.

C’è ancora tanto da fare, ma ci piace pensare che non si parte da zero.

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