DUANE MICHALS, Two models in an office looking at negatives, 1976, Vogue, © Condé Nast
Una delle foto in mostra a Palazzo Grassi (Foto: Duane Michals, Two models in an office looking at negatives, 1976, Vogue, © Condé Nast)

Chronorama. Negli archivi di Condé Nast per attraversare il Secolo Breve

Palazzo Grassi a Venezia ospita fino al 7 gennaio 2024 la prima esposizione mondiale dedicata ai tesori fotografici recentemente acquisiti dalla Pinault Collection e provenienti dagli archivi di Condé Nast

5 Luglio, 2023
5 minuti di lettura

Con qualche ora a disposizione a Venezia, Palazzo Grassi, celebre edificio settecentesco affacciato sul Canal Grande acquistato nel 2005 da François Pinault, merita una visita non solo per il restyling degli spazi interni effettuati da Tadao Andō, acclamato architetto giapponese a cui si deve anche il restauro di Punta della Dogana (sempre di proprietà di Pinault) oltre che una lunga e proficua collaborazione con Giorgio Armani (suoi l’Armani/Silos e l’Armani/Teatro a Milano). Fino al 7 gennaio, infatti, è possibile ammirare 407 tra illustrazioni e fotografie acquisiti dalla Pinault Collection e provenienti dagli archivi di Condé Nast (tra i più grandi gruppi editoriali del mondo, possiede 25 testate, tra cui le storiche riviste Vogue, Vanity Fair e il New Yorker), che raccontano la storia del costume e ripercorrono la fotografia di moda – ma non solo – dal 1910 al 1979.

 

 

Chronorama. Tesori fotografici del 20° secolo è un esaltante tuffo nel secolo breve ripercorso attraverso volti celebri, fotoreportage, momenti storici, architetture famose, frammenti di vita quotidiana, immortalati da alcuni dei fotografi più importanti a livello internazionale. Ha spiegato Matthieu Humery, consulente per la fotografia presso la Pinault Collection e curatore della mostra veneziana:

«Ridestandoci da un sogno bizzarro con la sensazione di aver attraversato il tempo, nello spazio di una notte o di un singolo istante, dopo aver visto e vissuto un’avventura epica, spaziando in epoche diverse, ci troviamo faccia a faccia con questo immenso flusso di immagini, una visione caleidoscopica di un viaggio in tempi ormai passati. Questa la sensazione che trasmette Chronorama».

Cappelli, chirurgia e dive del muto

Aiutati da un prezioso podcast (Chronorama, istantanee dal Novecento realizzato in collaborazione con Chora Media, da scaricare all’inizio del percorso espositivo) e supportati nella visita da pannelli e didascalie capaci di contestualizzare in maniera esaustiva le diverse sale, si parte dunque dal primo decennio del Novecento con un’illustrazione di Frank Xavier Leyendecker, Donna seduta su in divano accanto a una cappelliera, utilizzata come copertina di Vogue nell’aprile del 1911: una donna che decide da sé il cappello da comprare, perfetta per rappresentare la nuova immagine femminile che Condé Nast, nuovo editore di Vogue, e la direttrice Edna Woolman Chase volevano dare alle lettrici; accanto, uno scatto di Paul Thompson che immortala in pantaloni Mary Walker, chirurga e femminista americana che per prima ricevette la Medal of Honor, la più alta decorazione dell’esercito statunitense. A un’altra pioniera degli anni Dieci è dedicata l’ultima immagine di questa prima sezione: Francesca Bertini, diva italiana del cinema muto in uno scatto del 1919 di Pinto Studio.

 

CECIL BEATON, Pilot Officer Daley of the American Eagles, 1942, Vogue © Condé Nast
Una fotografia del 1942 di Cecil Beaton (Foto: Cecil Beaton, Pilot Officer Daley of the American Eagles, 1942, Vogue © Condé Nast

 

Anni ruggenti

Splendide le due sale che ospitano gli anni ruggenti, i mitici anni Venti, modernissimi e quasi all’avanguardia anche rispetto ai costumi contemporanei: si susseguono i volti di Jean Cocteau, James Joyce, Costantin Brancusi e di attrici e attori celeberrimi come Douglas Fairbanks, Mary Pickford, Gloria Swanson, Josephine Baker, abiti di Patou e in stile flapper, scatti di Georges Lepape e Eduardo Garcia Benito, che seppero forgiare lo stile inconfondibile di Vogue di quegli anni. Si passa quindi a un decennio segnato da Horst P. Horst, George Hoyningen-Huene, Cecil Beaton, Edward Steichen. Negli anni Trenta, infatti, Nast fu tra i primi a utilizzare le fotografie a colori per le sue riviste e ad adottare un nuovo approccio nei confronti della pubblicità, rivoluzionando di fatto la stampa internazionale sotto molti aspetti.

La stretta collaborazione con gli artisti dell’epoca segnò l’identità del suo gruppo editoriale e permise l’emergere di alcuni dei più grandi talenti del XX secolo.

La Liberazione

Spazio, poi, alla Seconda Guerra Mondiale, testimoniata dalle splendide immagini di Lee Miller, modella statunitense di successo che dopo essersi affermata a Parigi come fotografa di moda divenne una corrispondente di guerra per Vogue: si devono a lei importanti fotografie dei bombardamenti in Inghilterra, della battaglia di Normandia, della liberazione di Parigi e di Buchenwald e Dachau, prima fotoreporter a entrare nei campi di sterminio nazisti. Fondamentali anche altri due fotografi che negli anni Quaranta iniziano a operare febbrilmente: Robert Doisneau e Irving Penn. Imprescindibile di quest’ultimo Cuzco Children: due bambini nell’antica capitale della civiltà Inca sono fotografati scalzi in abiti tradizionali.

 

Dal benessere capitalista alla rivoluzione

Brusco quanto rassicurante il tentativo di ritorno al passato che caratterizza gli anni Cinquanta: come sempre accade, l’istanza di sicurezza richiede la libertà come pegno, femminile innanzitutto. Ecco allora che a far da contrappunto a star come Marlon Brando e artisti come Jackson Pollock e Francis Bacon, ci sono immagini irregimentate di casalinghe felici e del robusto esplodere del benessere capitalista. Si devono passare le tante icone più o meno ribelli degli anni Sessanta per ritrovare un accenno di sensualità e di sana vitalità arrivando agli anni Settanta di Guy Bourdin (suo un unico scatto in mostra, Modella nuda seduta nella posizione del loto, del 1972, che già da solo vale il prezzo del biglietto) ed Helmut Newton. A chiudere il percorso e la cavalcata nei 7 decenni del Novecento attraverso gli oltre 150 artisti internazionali, il ritratto che Irving Penn ha lasciato, nel 1978, di Richard Avedon, il fotografo che da lì a poco avrebbe liberato le modelle dagli ambienti ovattati degli studi fotografici per invadere le strade cittadine e rivoluzionare ancora una volta la fotografia di moda.

Lo sguardo del secolo breve

Chiosa Bruno Racine, Direttore e AD di Palazzo Grassi – Punta della Dogana: «Lo sguardo con cui il nostro secolo osserverà queste immagini, molte giustamente definibili delle icone, sarà senza dubbio colpito dalla prevalenza di uno specifico ideale di bellezza tipicamente occidentale, indiscusso segno dei tempi. Ma sarà altresì impossibile sfuggire all’irresistibile attrazione e alla potenza ispiratrice del vintage, ovvero, per dirla con le calzanti parole della critica italiana Maria Luisa Frisa, di un eterno ritorno, sempre differente, che è l’essenza stessa della moda nella sua accezione più ampia». Fa da contrappunto a Chronorama. Tesori fotografici del 20° secolo una mostra nella mostra, sostenuta da Saint Laurent e Anthony VaccarelloChronorama Redux, curata sempre da Matthieu Humery: quattro artisti contemporanei, Tarrah Krajnak, Daniel Spivakov, Giulia Andreani ed Eric N. Mack hanno posato il loro sguardo sulle opere esposte dando loro un nuovo significato e infondono nuova vita a queste immagini. Così se Eric N. Mack prende in prestito immagini che raccoglie dalle pagine delle riviste e le integra con le sue sculture tessili, nell’opera monumentale che accoglie i visitatori all’entrata, e Daniel Spivakov e Giulia Andreani si avvalgono della fotografia come modello, Tarrah Krajnak interpreta nella maniera più originale e interessante il tema proposto: in Re-Pose l’atto fotografico diventa per lei un momento della sua performance, uno strumento per testimoniare prima e registrare dopo, così che i suoi “riposizionamenti” non fatto che interrogare sui modi in cui si collegano i sentimenti delle donne alle forme del loro corpo.

Guarda il video di Chronorama Redux

Mosaico di capolavori

A restare, soprattutto, dopo il lungo percorso espositivo a Palazzo Grassi il mosaico di capolavori e di inediti capace di incarnare la visione della storia che l’élite culturale e finanziaria occidentale ha saputo lasciare di sé, una classe dirigente affascinata ora dai Balletti russi ora dalla Café Society newyorkese e dai circoli intellettuali parigini, dalla Swinging London fino al divismo hollywoodiano; una cavalcata entusiasmante che pecca solo di magnificenza: riservare a ognuna delle 407 immagini in mostra il tempo necessario per apprezzarne l’indiscussa bellezza e l’importanza del contesto richiederebbe almeno un’intera giornata.

 

 

Mielizia

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Francesca Romana Buffetti
Francesca Romana Buffetti
Antropologa sedotta dal giornalismo, dirige dal 2015 la rivista “Scenografia&Costume”. Giornalista freelance, scrive di cinema, teatro, arte, moda, ambiente. Ha svolto lavoro redazionale in società di comunicazione per diversi anni, occupandosi soprattutto di spettacolo e cultura, dopo aver studiato a lungo, anche recandosi sui set, storia e tecniche del cinema.
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