«Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce». A Roma è il primo giorno di freddo, ma il cielo è terso, folate di tramontana attraversano il Circo Massimo, che alle 14.50 è già gremito. La marea c’è, si è formata in fretta. E il corteo diventerà tsunami, oltre 500 mila persone sfileranno fino a San Giovanni. L’appuntamento per il concentramento della manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne e di genere, indetta da Non Una Di Meno, era per le 14.30. Slogan e canti partono quasi subito tra i gruppi, arrivati da Bologna, Torino, Firenze, Pisa, Milano e non solo, di donne giovanissime e meno giovani, determinate e cariche. Ci sono anche gli uomini, più giovani che brizzolati.
Ma la piazza oggi è delle donne, o meglio delle transfemminist3, e chi c’è lo sa. Fischi, fischietti, grida e musica. «Lo stupratore non è malato, è il figlio sano del patriarcato». «Se toccano una, toccano tutte».
Contro ogni violenza e predazione
Una signora dai capelli bianchi si commuove: ha lottato per una vita, dice, e ora ha 70 anni, ma tocca tornare in piazza. Perché per le sue nipoti, lei ha paura. «La notte ci piace, vogliamo uscire in pace, ci piace pure il giorno, levatevi di torno», le fa eco la folla tutt’intorno. «Per Giulia e per tutte le sorelle uccise non faremo mai un minuto di silenzio, bruceremo tutto». Si grida di rabbia anche per l’assassinio di Giulia Cecchettin e per tutte le vittime di femminicidio, che in Italia dall’inizio dell’anno sono più di 100.
Serve la costruzione dal basso di un’alternativa culturale e sociale, dicono nel megafono le organizzatrici.
Che prima della partenza del corteo salutano Messina, la seconda piazza nazionale di questo 25 novembre, dove la manifestazione è anche contro il ponte sullo Stretto e altre infrastrutture inutili. «Vogliamo costruire un mondo diverso, contrario alla logica patriarcale e capitalista del conquista e distruggi. Questa spasmodica ricerca di dominio per darsi l’illusione di essere forti. Dominare corpi. Dominare terre. Ed è per questo che la lotta transfemminista intersezionale si intreccia con la lotta ecologista, con la difesa dei territori». Una manifestazione per il Sud, «dove il welfare non è stato smantellato, perché non è mai esistito»; un Sud che è anche Mediterraneo, dove troppi migranti continuano a morire in mare.
Le richieste
Prima di mettersi in moto, in una folla oceanica, c’è spazio anche per le interviste, i chiarimenti. Anna è un’attivista di Non una di meno, arrivata da Torino. Qual è la vostra richiesta fondamentale oggi? «È un cambiamento culturale all’interno della società e sicuramente è una richiesta altissima – dice Anna. Pensiamo che se non si rovescia il paradigma culturale, la violenza sarà sempre presente nelle nostre vite. E poi, chiediamo garanzie e supporto economico per le donne vittime di violenza e per tutti i luoghi che si occupano di questo: quindi il finanziamento dei centri antiviolenza, ma anche una giusta retribuzione salariale, equa tra uomini e donne, e denaro all’istruzione affinché si occupi anche di temi che hanno a che fare con il consenso e con l’educazione all’affettività e alle relazioni. Anche l’educazione è dentro quell’idea di cambiamento culturale: insegnare ai bambini e alle bambine da quando sono piccini e piccine che esiste il consenso all’interno di qualunque forma relazionale è molto importante. E noi pensiamo che questo vada insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado, non soltanto a partire dall’adolescenza in poi, come ad esempio le linee guida del ministro Valditara suggeriscono».
Intersezionalità
Il corteo è, anche, dichiaratamente in solidarietà della Palestina e delle donne palestinesi. Anna ci spiega perché. «Perché siamo al fianco di tutte le donne e di tutte le persone trans e non conformi del mondo. Soprattutto dove subiscono domini doppi o tripli, prevaricazioni doppie o triple, come la violenza che subiscono queste persone in Palestina, dove oltre alla violenza del fondamentalismo di alcune sette palestinesi come ad esempio Hamas, si aggiunge la violenza di Israele, coloniale ed economica, perché in tanti casi c’è la negazione di diritti fondamentali, oltre che le bombe e la guerra. Per cui come si fa a non essere dalla loro parte? Dopodiché noi condanniamo anche le violenze subite dalle donne israeliane. Su questo non c’è dubbio. Siamo contro ogni forma di violenza».
Lentamente il corteo si muove, all’inizio quasi non si riesce a camminare. Arriva altra folla. Due camion, cartelli e striscioni. Si continua a gridare. Cala il buio prima del Colosseo. «Non una, non una, non una di meno, insieme siam partite, insieme torneremo». Infine San Giovanni. Ma la lotta continua: è cosa di ogni giorno. E domani, a Roma, l’assemblea nazionale di NUDM è indetta alla Casa delle donne Lucha Y Siesta.
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