È ufficiale. Io Capitano di Matteo Garrone, dopo il Leone d’argento alla regia e il premio Marcello Mastroianni al protagonista Seydou Sarr, corre per gli Oscar, è nella cinquina finale della notte delle stelle del prossimo 10 marzo, candidato ufficiale dell’Italia al miglior film internazionale 2024. Dovrà vedersela con Perfect Days di Wim Wenders, lo spagnolo La Società della Neve di J.A. Bayona, il tedesco The Teachers’ Lounge di İlker Çatak e il britannico The Zone of Interest di Jonathan Glazer. Viaggio epocale, odissea generazionale iniziata per caso, per gioco quasi, come molti viaggi adolescenti, Io capitano è un romanzo di formazione post eurocentrico, uno scavallamento del nostro immaginario pietista sull’Africa, che parte dalla normalità quotidiana di due ragazzi senegalesi che si catapultano nell’inferno dei passeur, dei trafficanti, della Libia, con il sogno di arrivare in Europa e diventare rapper “che firmano autografi ai bianchi”.
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In viaggio nel cuore di tenebra del mondo
Al centro c’è l’amicizia, che a quell’età è, almeno per Seydou e Moussa, la forza più grande, l’unica che veramente conta. Sedicenni tenaci quanto avventati, i due amici mettono da parte i soldi per il viaggio che non si sarebbero aspettati, mentono ai genitori.
Non sono spinti dalla disperazione, ma da un’irragionevole, invincibile voglia di andare, scoprire, vivere, crescere. Sono spinti dalla loro età.
Si troveranno inghiottiti dal trauma di un viaggio demoniaco, tra confini inesistenti, violenza, saccheggi, morti persi nel deserto. Alla ricerca di un tesoro che chissà se c’è mai stato, i due amici devono crescere attraversando territori del Diavolo, in un viaggio che richiama il grande e oscuro romanzo di formazione di Joseph Conrad, ai confini tra Linea d’ombra e Cuore di Tenebra. Emozionante, infarcito di inserti fiabeschi e surreali ai quali Garrone ci ha già abituati (Il racconto dei racconti e Pinocchio), e di paesaggi abbaglianti (le scene nel deserto del Sahara) su cui gli esseri umani si muovono come sulla tela di un pittore, Io capitano è il grido di speranza di un Continente giovane che avanza con indosso magliette di squadre di calcio europee consumate, ma pronto a superare notti infernali, deserti disumani e un mare diventato cimitero per i capricci e le ripicche di un Continente, il Vecchio, spaventato e incapace di accogliere.
Io capitano, film necessario
Garrone torna a raccontare l’immigrazione con un’attenzione all’attualità che aveva già avuto a inizio carriera con Terra di mezzo (1996), utilizzando e incrociando i codici del film d’avventura e del road movie con il romanzo di formazione e la dolce surrealtà con cui Seydou (magistralmente interpretato da Seydou Sarr) cresce in fretta, perde la remissività e l’innocenza bambinesca delle prime scene del film. Forse non è perfettamente riuscito, risulta a tratti semplicistico, ma è un film necessario, ora come non mai, e riesce, come ha sottolineato l’Hollywood Reporter, a tenere in bilico la speranza, se mai ne fosse ancora rimasta, di cui abbiamo disperatamente bisogno.