Sto scrivendo poche righe per un progetto a livello locale, e quello che ne viene fuori mi sembra una bella sintesi. In una società in cui il binomio “immagini e bambini” è ormai sempre più (orribilmente, ma è davvero questo che volevamo?) associato alla paura, e raccontare cose belle e cariche di speranza che succedono con le facce dei protagonisti non si fa più perché sarebbe “pericoloso”, credo che dovremmo prendere atto che un certo approccio ossessivamente protezionistico e difensivo nei confronti delle giovani generazioni e delle tecnologie della comunicazione probabilmente andrebbe rivisto, nella direzione di una educazione all’uso attivo e responsabile dei mezzi da parte dei bambini e ragazzi stessi (e anche di noi adulti, che mentre ci perdiamo in discussioni approssimative sull’intelligenza artificiale, in maggioranza non sappiamo nemmeno tagliare una fotografia, e avendo in mano ognuno di noi gli strumenti di comunicazione più potenti e diffusi della storia, non riusciamo a comunicare l’uno con l’altro e sempre più litighiamo e ci stiamo rassegnando all’inevitabilità di nuove guerre!)
La (controversa) relazione con le immagini
Recita dunque il testo del progetto: «Oggi, con gli strumenti per produrre e diffondere gli audiovisivi nelle mani di tutti (videocamere, macchine fotografiche, telefonini, software di montaggio, rete), anche i bambini possono raccontare il mondo in cui vivono. Basta seguire poche semplici regole, e poi bisogna prestare attenzione a quello che si realizza e si comunica.
Tutti oggi produciamo immagini, tantissime, che possono essere diffuse all’infinito. Importante è avere il controllo su queste immagini.
Guardarle, selezionarle, scartare quelle brutte e inopportune e condividere solo quelle che meritano e ci piacciono, per la loro qualità, per il messaggio che trasmettono. Non riempiamo i nostri dispositivi, la rete e gli spazi cloud di spazzatura!
Un gruppo di bambini e ragazzi durante “*************”, nel territorio di ************, sceglie soggetti da documentare con fotografie e video: natura, animali (anche quelli più piccoli, insetti e ragni, con inquadrature macro), luoghi umani interessanti. Poi, sulla base del materiale raccolto, decidono insieme come presentarlo e, eventualmente con l’aiuto di qualcuno più esperto, lo montano sotto forma di audiovisivo, mostra, libro, prodotto multimediale, in modo da poter rivedere tutto ordinato, proporlo ai coetanei, alla cittadinanza, al mondo intero».
Pensieri di seconda mano
In questi giorni, a proposito della sempre più bassa percentuale di cittadini che nelle elezioni esercitano il proprio diritto di voto, ho letto sui social network interventi che, riferendosi a un recente film impegnato che a tutti sarebbe piaciuto, chiedevano: ma allora, che cosa avete capito? Resto francamente basito: davvero la misura delle nostre idee sulla realtà sono i film, le serie TV, le trasmissioni televisive, i video su Tik Tok e YouTube, gli articoli che ricevono like e commenti, i libri che forse nemmeno leggiamo, ma su cui discutiamo e litighiamo… Cioè, invece di guardare la realtà intorno a noi, succede che sistematicamente basiamo le nostre opinioni, i pensieri, le azioni, la vita interpersonale e sociale, la pace e la guerra sulle narrazioni di qualcun altro!
Bambini, i veri osservatori
Questa è una cosa che mi piace dei bambini. Se qualcuno dà loro l’occasione di osservare e raccontare, usando in modo attivi i mezzi potentissimi di cui oggi tutti disponiamo, subito loro lo fanno, con entusiasmo, e i messaggi che ne derivano sono immediatamente vivi, veri, efficaci, interessanti. Altro che le narrazioni di narrazioni di narrazioni, attorno a cui i loro genitori e nonni sembrano aver generalmente perduto il senso delle cose, e spesso anche di se stessi!
Osservazioni, proposte, idee sul diffondere e mettere in rete attività di bambini che possono aiutare a riconciliarci con il mondo reale in cui viviamo e con quello che siamo?